La confidenza di una madre di fronte a una diagnosi sulla figlia che porta in grembo: «Io credo che siano loro che non capiscono...»
Siamo sicuri di avere ascoltato abbastanza la lezione che la morte ci consegna sul legame con la vita, con l'aldiquà? Siamo sicuri che la morte non vada pensata prima come evento naturale, per poi poterla illuminare con la fede?
Non riesco a togliermi dalla testa che oggi, per evangelizzare, vale di più la pazienza di aiutare a riaprire le domande, che la fretta di dare le risposte che pensiamo siano esatte.
Forse è il dolore che consuma i nostri piedi. Quello che ognuno di noi si porta dentro, suo o di chi l'ha incontrato, che lentamente è attraversato e consumato.
A me sembra davvero che l'urgenza di oggi sul piano di una nuova educazione alla fede sia quella di promuovere esperienze emotive in cui si possano aprire le domande che l'uomo da sempre si porta dentro, prima che tentare di dire qualcosa a chi ci ascolta.
Hanno bisogno di modelli adulti che al di là delle parole gli facciano vedere come si fa, per tentare di capire se possono credere in una vita diversa. Hanno bisogno di qualcuno che li aiuti a costruire le loro spalle, invece di piangere sulla loro condizione.
"Prof. ogni materia cerca di rispondere a delle domande. Se non ho capito male, la sua cerca di rispondere a quella domanda che nessuno dice e che tutti si fanno: cosa ci stiamo a fare qui? Lei ha un bel coraggio a parlarne chiaramente qui in classe, ma fuori da qui, mi scusi se lo dico, sarebbe preso per un pazzo".