Per fortuna, Dio non molla

Se Dio ci ama, perché esiste il male? Un coraggioso libro di Gilberto Borghi affronta il tema
26 Aprile 2024

Chi era bambino prima del Concilio, o negli anni successivi, quando ancora i suoi insegnamenti non si erano tradotti in prassi pastorale, ha imparato a memoria il Catechismo di San Pio X, basato sull’assunto che «Per vivere secondo Dio, dobbiamo credere le verità rivelate da Lui e osservare i suoi comandamenti, con l’aiuto della sua Grazia, che si ottiene mediante i sacramenti e l’orazione». Partendo da questo assunto, e tenendo conto che il peccato «è quello che si commette volontariamente da chi ha l’uso di ragione», per essere buoni cristiani bastava ricordare che «A tenerci lontani dal peccato giova particolarmente il pensiero che Dio è da per tutto e vede il segreto dei cuori e la considerazione dei Novissimi, ossia di quanto ci attende alla fine di questa vita e alla fine del mondo».

Era una visione in qualche modo semplice, lineare, in un certo senso anche rassicurante: se ti comporti bene e rispetti le regole, sarai salvo, altrimenti Dio ti castiga e ti manda all’inferno. Il problema del male era risolto in due righe della domanda 11. «Dio può fare anche il male?», la cui risposta era «Dio non può fare il male, perché non può volerlo, essendo bontà infinita; ma lo tollera per lasciar libere le creature, sapendo poi ricavare il bene anche dal male».

L’AMORE E IL MALE

Eppure proprio il problema del male è uno di quelli più “sensibili” oggi, uno di quelli che suscitano più dubbi e discussioni. Uno di quelli che i catechisti e gli educatori cercano in tutti modi di evitare, quando lavorano con i bambini e i giovani, perché è davvero difficile da affrontare. Ma come, fondiamo la catechesi sul fatto che Dio è Amore, e poi, dietro l’angolo, c’è l’esistenza del male che ci smentisce? E se Dio ci ama, come può mandarci all’inferno? E perché permette il dolore, soprattutto il dolore innocente?

“Il male negli occhi dell’amore” è l’ultimo libro di Gilberto Borghi, da poco pubblicato dalle Edizioni Messaggero di Padova. Un libro che punta dritto dritto ad affrontare queste domande, proponendo, come recita il sottotitolo, “cinquanta risposte sul peccato e dintorni” che riguardano quindi il peccato, il male, la redenzione, il perdono, il giudizio.

Vuole essere una proposta alla cultura in cui viviamo, che non permette più di cogliere «il senso positivo di alcuni concetti che abbiamo sempre usato, e che continuiamo ad usare, parlando del peccato». Partendo dalle conversazione che intavola in classe con i suoi studenti, Borghi (che è docente all’ISSR di Forlì, ma insegna anche religione cattolica nei licei statali), vola alto, cercando le risposte nel Nuovo Testamento, ma anche in quel polveroso Catechismo della Chiesa Cattolica la cui esistenza è dai più ormai dimenticata e che invece a volte riserva piacevoli sorprese.

Perché quella teologia dell’amore che va costruendo nel libro è certamente innovativa, ma si radica comunque nella più alta tradizione. L’operazione che fa è quella che è stata fatta per il Padre Nostro, quando alla vecchia versione che diceva «non indurci in tentazione» è stata sostituita quella che chiede di «non abbandonarci nella tentazione». Cambiano due parole, ma cambia tutto.

NON È LA SOFFERENZA CHE CI SALVA

Dio non ci mette alla prova, ma rispetta le nostre scelte e, poiché ci ama, ci salva: «Non è la sofferenza che ci salva dal peccato, ma l’amore». È soltanto dentro la relazione con Dio che c’è la salvezza, ed è soltanto dentro la relazione con Dio che c’è il peccato, perché «Se non c’è relazione con Dio, non si può parlare di peccati, ma al massimo di colpe». E infatti, che altri è il peccato, se non «la scelta di non rispondere all’amore che Dio ha per noi»?.

Leggendo bene la storia di Adamo e Eva, ci si accorge che l’uomo pecca «non perché vuole essere come Dio, ma perché vuole questo cercando di prendere Dio, di averlo, di afferrarlo, senza tenere conto della natura di questa relazione». Per questo «Il peccato si genera dentro la dinamica dell’amore e resta dentro l’amore, come movimento di amore “impazzito” che vuole raggiungere la pienezza dell’essere solo con le proprie forze, senza credere e sperare che Dio stesso voglia regalare tale pienezza all’uomo».

E il male? Non è opera di Dio, ma neanche del demonio: è conseguenza del peccato dell’uomo. Il demonio c’è, esiste, non è solo un simbolo. E avendo come obietto quello di diventare come Dio, cerca alleati: quando ci fagocita nella sua sfera di influenza spande su di noi il male, «moltiplicando l’effetto maligno del nostro peccato».

Il male negli occhi dell'amoreLiberarci dal male è possibile: c’è la redenzione davanti a noi. La redenzione però però va liberata di quelle connotazioni di espiazione e di sofferenza che si porta dietro: è l’azione con cui Dio «ci libera dalla condizione del peccato e ci apre di nuovo la possibilità di tornare ad amarlo». È un gesto unilaterale con cui Dio ristabilisce una nuova alleanza con l’uomo, con tutti gli uomini, non solo quelli “buoni”. «In nessuno dei quattro testi eucaristici, i vangeli sinottici e Paolo», fa notare Borghi, «compare né la parola “sacrificio”, né la parola “espiazione”, né la parola “riscatto”. Compare invece “nuova alleanza”».

Allora l’uomo può prendere parte all’opera di redenzione, lasciandosi pervadere dall’amore di Dio, quel Dio che anche nel peccato non ci abbandona, ma «continua a ripresentarsi davanti allo sguardo dell’uomo anche quando l’uomo non lo vorrebbe vedere».

DIO NON MOLLA

Credere nel Dio che è Amore dovrebbe aiutarci a vivere la nostra vita di uomini e donne, di uomini e donne di fede, di uomini e donne che coltivano dubbi. Nel libro “Il male negli occhi dell’amore” , Borghi riporta la testimonianza di una sua giovane studentessa, che descrive il rapporto con Dio come un fidanzamento. Paragone che può sembrare un po’ troppo rose e fiori e invece non lo è affatto, perché lei lo descrive come una storia che dura tutta la vita, dove Dio è sempre presente e non molla mai, e noi invece siamo instabili, incerti, ogni tanto andiamo in crisi, ci arrabbiamo con lui, vorremmo lasciarlo, o forse no… «E quando finalmente sarò davanti a lui», conclude la ragazza, «è come se lui mi domandasse dolcemente: allora Laura, che facciamo di questa storia? Buttiamo via tutto? Roviniamo tutto? O accetti per sempre questo amore immenso che sento per te?».

E forse questa domanda la fa a ciascuno di noi, anche prima dell’incontro finale, ogni giorno.

9 risposte a “Per fortuna, Dio non molla”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma per discutere di “amore” perché è difficile essere capaci di amore condiviso, di quello insegnato da Cristo, occorre provare sentimenti verso Qualcuno che ci ispiri fiducia. Così è cominciata l’esistenza di Maria di Nazareth, cresciuta nella Fede di quel Dio che a un suo popolo ha impartito Leggi di salvezza, che lo hanno salvato quando servo e reso libero. Maria Madre del Figlio suo il Risorto, ci e da Lui stata da Lui data come nostra Madre. La sappiamo essere sempre presente nel mondo, messaggera di Pace, preoccupata di darci aiuto in tante circostanze, Sempre in missione su questa Terra quando bisognosi di travagliati dai mali è ancora oggi ci affliggono, la invochiamo come Regina della Pace.. Credere anche in questa materna intercessione da speranza cielo e terra sembrano uniti da un ponte che porta a salvezza

  2. pietro buttiglione ha detto:

    @ Paola scrive:
    ” Il peccato non è contro Dio, ma contro la propria natura.”
    siccome il mantra che ho finora condiviso e’ :
    Il peccato è sempre CONTRO Dio… sobbalzo e cerco di ricucire..
    1) Senza Dio avrebbe qualche senso il mio peccato?
    2) SE, come pure scrivi, tra me e Lui vive la Relazione…
    3) per la proprietà transitiva il peccato fa male a me IN QUANTO mi guasta la Relazione, mi allontana da Lui..

    @ Gil sul Giudizio di Dio.
    Tu sai benissimo la storia, x me orrenda!, del . di morte….
    Raccolgo e chiudo: il Giudizio è FINALE nel senso che riguarda TUTTA la mia Vita.
    Se aggiungi che lo Spirito è slegato dall’hic et nunc (s,t) io traduco così:
    A Dio non interessa pesare TUTTE le mia azioni col bilancino ma solo se quello che mi chiamo Piero è accettabile/amabile da Lui,
    come Paola scrive..

    • Paola Meneghello ha detto:

      Pietro, certo, peccato come lontananza da Lui, ma che vuol dire anche da se stessi se si considera Dio oltre, ma non altro da sé.
      Se il mondo fosse il Pensiero di Dio, sarebbe, e noi saremmo, null’altro che emanazione di quel Pensiero, una cosa sola con Esso, non altro da Lui.
      Siamo stati abituati a vedere in Dio il Signore padrone dell’universo, bastante a se stesso, e alle creature l’unica strada dell’obbedienza ad un volere a cui adeguarsi per paura del giudizio/castigo.
      Non è questo il Padre, il Seme divino nel creato a cui dare frutto..
      Non si tratta di voler fare Dio, ma di sentire di fare parte di Dio a tal punto che il Suo volere e il Suo disegno coincidano con il nostro.
      Certo, c’è questa finitezza che ci fa vedere tutto dal punto di vista limitato del nostro io e del suo bene. È l’ego-ismo che non ci fa uscire dal parti-colare..
      La preghiera allora come richiesta di maggiore Luce, ma non per sé, ma affinché la Vita dia frutto attraverso di noi..

  3. vincenzo costantini ha detto:

    Non è vero che il termine “sacrificio” non c’è nella liturgia, anzi; nel Canone romano prima si diceva semplicemente: Questo è il mio corpo; con la riforma del messale è stato aggiunto: “offerto in sacrificio per voi”.

  4. Paola Meneghello ha detto:

    Credo che l’origine del male, risieda nell’idea di separazione.
    L’io che riconduce tutto a se stesso e al proprio bene, è un po’ come un raggio che crede di poter fare a meno del Sole.
    Ma il raggio non scalda per obbedire al Sole, ma perché non può farne a meno essendo quella la sua funzione, o meglio, la sua natura.
    Il peccato non è contro Dio, ma contro la propria natura.
    Continuare ad uccidere, ad esempio, degrada la nostra umanità, è il tempo in cui il comandamento sia interiore , perché non ci si innamora a comando..
    L’Amore è sempre una relazione, Dio non può amare a senso unico, se il mondo non collabora.
    E la paura del castigo non basta più, perché non ci si innamora a comando, ma quando ci si riconosce nell’altro..
    Finché il raggio non riconoscerà in Sè il Sole, sarà il tempo del peccato, come ignoranza di sé e di non pienezza/identificazione con la Fonte.

  5. Pie5ro Buttiglione ha detto:

    E bravo Gil, che hai voluto misurarti con il probl arduo ma dirimente del male!!
    Certo che nn me ne vorrai.. due note a margine.
    1) Opinione mia personale: il Divisore Esiste, eccome!
    Lo riconosco da 2 suoi ‘Pattern’
    * Gli ostacoli che incontro aumentano notevolmente quanto piû vado verso Dio, lo esalto.
    * In particolare mi deriva verso strade che deprimono il mio io ( con scatti di ira o altro comportamento commendevole)
    2) non parli del Giudizio…forse il prossimo libro?👍💝
    Io credo che se la ns Chiesa riservasse totalmente a Lui il Giudizio e conseguentemente facesse pulizia interna a fondo tante menti e cuori si aprirebbero

    • gilberto borghi ha detto:

      L’ultimo capitolo è interamente dedicato al giudizio…
      Il divisore esiste, pure il lo dico
      Il giudizio totalmente ascritto a Dio: di fatto la parte attiva di Dio nel giudizio è già stata emessa. Lui non vuole che alcuno si perda. Ora tocca a noi accettare o rifiutare questo giudizio

      • Maria Crasso ha detto:

        Certo che non vuole, le creature sono sua proprietà. E poi l’Amore infinito si dispiace sapendo che all’inferno si soffre.
        Ciò nonostante ci lascia liberi di scegliere fino alla fine. Pensi ad esempio a chi (spero pochi) fa lucidamente i patti col diavolo vendendo l’anima.
        “Io non voglio la morte del peccatore ma che si converta e viva”
        La conversione, anche solo come scelta, desiderio, credo sia importante. Quando sento dire, anche da autorevoli personaggi, che tutti devono andare in paradiso, buoni e cattivi, resto confusa. E che paradiso sarebbe? L’eterna felicità sta anche nella compagnia dei buoni non dei cattivi.
        Portano l’esempio del buon ladrone, salvato in extremis, dimenticando che non andò tanto gratis in paradiso ma dopo avere attraversato la croce. E disse anche che se la meritava diversamente da Gesù che era innocente. Era già santo…

  6. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Bella l’idea della studentessa, mi suggerisce una altra, il giardiniere che irrora le sue piante, un germoglio in crescita e soggetto a vento e pioggia, a tante forze che non facilitano il suo crescere, che bello però quando il fiore o frutto diventano bellezza, bontà del creato grazie appunto all’amore o le cura ricevuta. Dio può anche essere olio che rimargina ferite profonde, parola che diventa speranza, aiuto che favorisce e porta a salvezza. Il male superato dalla forza del Bene, ma richiede la determinazione e la perseveranza della Fede in quel credere nel Dio Amore, nell’incontrario incarnato nei nostri simili, nell’ambito in cui si vive, come il neonato trova e si aggrappa e cerca il calore dell’affetto nelle braccia accoglienti materne, dove avviene il primo contatto con la divinità che questo ha posto nel cuore dell’uomo. E’ l’amore a contrastare il male che anche esiste, a illuminare l’intelligenza a una esigenza di più ampia vera libertà.

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