Lei mi sta davanti, lo sguardo pieno di dolore, ma fermo.
– Ho deciso di tenerla
Non ho parole da dirle, una cosa così non si può dire che con la carne. Allora l’abbraccio. Ha deciso di tenerla, dopo giorni di tormento, e di domande, e di lacrime, condivise con il suo sposo, con i genitori, con gli amici.
Adesso lo condivide anche con me, che credevo di conoscerla appena.
Anna aspetta il suo secondo figlio, una bambina, ed è malata. Una malformazione genetica, Trisomia 18 mi dice, molto rara e che lascia poche speranze di sopravvivenza.
La notizia è caduta come un fulmine sulla loro piccola famiglia, insieme alla necessità di decidere se affrontare i lunghi mesi di attesa e il parto, nella prospettiva di un percorso comunque doloroso, o interrompere la gravidanza, come molti le suggeriscono ripetendo i soliti argomenti: – Ma perché dovresti soffrire ancora, per così tanto tempo? E se la porti a termine, poi anche il parto? Per che cosa poi? Non avrà un futuro, e se lo avesse non sarà un futuro normale! Non è solo per il tuo bene, è anche per il suo, è una questione di buon senso…
Sospira:
– Sai, credo che sia stato proprio l’appello al buon senso che mi ha dato più fastidio. Si può decidere una cosa così in base al buon senso? E allora io e Franco siamo gente senza senso perché la vogliamo tenere? No, io credo che siano loro che non capiscono, con tutta la loro logica.
Un attimo di silenzio, poi continua:
– Se adesso decido che lei non la voglio, perché non è perfetta, come potrò andare a raccontare a suo fratello, quando sarà più grande, che noi l’abbiamo accolto come un dono, che sapevamo che l’avremmo amato per se stesso, comunque egli fosse, e che lo ameremo sempre comunque egli sia?