Daniela,Dio e il gelato

La scuola va in ferie, la vita no. E nemmeno Dio.
11 Giugno 2015

Arriva in classe nera. Scaraventa lo zaino in terra, afferra la sedia e viene alla cattedra. Sa che deve essere interrogata. Io non ho ancora detto nulla, ma lei è già li pronta davanti a me. Ma dentro le scoppia il mondo.

“Che succede, Daniela?” “No, niente prof. Roba mia!” “Daniela, si vede che stai male, se vuoi ne parliamo. Non credo tu sia così lucida da essere interrogata”. “No, prof. mi interroghi, lasciamo stare!” “Come vuoi – le dico – Allora parlami della differenza tra Cattolici e Protestanti”. Ci prova. All’inizio anche bene. Poi si inceppa. Provo a sostenerla. Riparte e poi si blocca di nuovo. Gli occhi, persi sul pavimento, d’improvviso traboccano. I singhiozzi riempiono l’aria. La classe si blocca. Arrivano le due amiche del cuore, ma lei non se ne accorge nemmeno. Alza il viso sporcato dal trucco e mi dice: “No prof. non ce la faccio. Mi dia quattro”. “No, Daniela, il voto qui non c’entra. Lo vedo. Stamattina riusciresti a parlare solo del tuo problema, vero?” Annuisce. 

E come un fiume che travolge gli argini, le parole prendono il sopravvento: “Non ci sto più dentro prof. Quel deficiente di mio padre. Ha licenziato mio fratello! E’ una merda!!” “Scusa Daniela, non capisco!” “Sì, prof. hanno litigato di brutto. C’erano i carabinieri. E lui l’ha licenziato, così noi adesso come facciamo?” I suoi sono separati da tempo. Lei vive con mamma e fratello. La mamma licenziata già 5 mesi fa, da una grossa azienda in crisi. La separazione è stata burrascosa e l’unico ponte tra il padre e loro era il fratello che lavorava con lui. E ora anche questo ponte si è rotto. “Adesso è un casino. Senza soldi… Lui non ci ha mai dato quello che doveva pagare. E’ sempre stato uno stronzo!” E il pianto dilaga. 

Come un lampo, senza che nessuno bussi, la porta si apre ed entra la bidella. “Professore deve assolutamente leggere questa circolare, subito!” Manco si rende conto di quello che sta succedendo. Guarda Daniela. E con una smorfia di insofferenza al cielo dice: “Ma ancora!?”. Resto di sasso. E le dico: “Questi commenti se li tenga per lei. Adesso non posso leggere la circolare, se me la lascia dopo vediamo”. Tutta risentita risponde: “Faccia presto però, che devo finire il giro delle classi”. Mi lascia la circolare, gira i tacchi e sbatte la porta scomparendo con la sua rabbia.

Daniela non si è accorta di nulla. Ha solo cercato di sopravvivere all’angoscia. Sospira, smette di singhiozzare e mi dice: “Come devo fare prof? Ieri mia madre ha pianto tutto il pomeriggio. Io sto male in questo casino”. ” Daniela, mi dispiace un mondo vederti così, perché tu sei sempre stata una ragazza solare e viva. E queste cose dentro di te non sono scomparse. Tu sei sempre tu. Ma sento che stamattina ti sembra di non riuscire a uscirci. Di sicuro tuo fratello e tua madre non staranno con le mani in mano, e una soluzione arriverà”. “Si è vero, lo so. Ma perché a nessuno gli frega di noi. Nessuno che gli importi davvero se stiamo male”. Si ferma, tira su col naso, respira e continua: “La vita fa davvero schifo. Molto meglio fregarsene. E lei che continua a parlare di Dio …”.

“Daniela, non credo che la vita faccia schifo, se no nemmeno ti faresti il problema e te ne fregheresti anche dei tuoi. E forse ci staresti meno male. Se ci stai male è perché senti che la vita ha da darti molto di più di quello che finora hai visto. Ma lo capisco: in certi momenti non si vede luce. Io continuo a parlare di Dio perché la mia vita mi porta lì. A 28 anni ho scoperto con dolore che non avevo capito nulla di me e della mia vita. E ci ho messo due anni a risistemarmi un po’. Ma adesso vedo che quella svolta è stata un grande regalo di Dio per me. Non avrei mai cominciato a guardarmi dentro un po’ meglio, e non sarei arrivato a perdonare chi mi ha fatto del male, come d’altra parte anche io ne ho fatto e ne faccio ancora agli altri. Se non ci fosse un senso intero, e non ci fossi stato male, non avrei potuto ricucire un filo nella mia storia. Mi farebbe davvero piacere se immaginassi che questo dolore di oggi può spingerti a non mollare, a dire che un filo, un senso comunque resta. Quello che ci fa male non sono le cose che capitano, ma il nostro modo di affrontarle. E, se ci fa stare male, non è obbligatorio mantenerlo”.

Le lacrime si fermano, gli occhi lucidi tornano a guardare la realtà con meno angoscia. Resta il problema sì, ma con meno paura di morirci sotto. Che è già qualcosa. Respira. E mi dice: “Magari prof. Anche io lo spero. Sono anni che mio fratello e mia madre pensano di aprire una gelateria. Sono bravi, hanno fatto dei corsi. Chissà forse è la volta che ci provano davvero. A me piacerebbe”. 

La scuola va in ferie, la vita no. E nemmeno Dio.

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