Di quanto e come una educazione possa rispettare o no la crescita di una coscienza che voglia con sincerità essere fedele a sé stessa.
"Lei scherza prof., ma io sto pregando davvero... lo faccio spesso. Non dico parole. Non dico le preghiere, quelle solite. Solo che sto qui, e ascolto dentro di me una strana sensazione, come se sentissi una presenza buona che mi tiene in piedi".
A me sembra davvero che l'urgenza di oggi sul piano di una nuova educazione alla fede sia quella di promuovere esperienze emotive in cui si possano aprire le domande che l'uomo da sempre si porta dentro, prima che tentare di dire qualcosa a chi ci ascolta.
Stiamo discutendo di come la sensibilità cattolica oggi in Italia si pone di fronte alle questioni morali. E forse anche più in la, di come ci sentiamo di fronte al tema del male e del peccato.
Possibile che la fede che proponiamo sia così poco "percepibile" e l'esperienza del sacro debba passare per forme di spiritualità al limite del "magico"?