La preghiera di Clara

"Lei scherza prof., ma io sto pregando davvero... lo faccio spesso. Non dico parole. Non dico le preghiere, quelle solite. Solo che sto qui, e ascolto dentro di me una strana sensazione, come se sentissi una presenza buona che mi tiene in piedi".
21 Marzo 2011

Ha gli occhi chiari, verde mare. Lo sguardo dritto e sicuro, ma si sente che è una difesa. Minuta, ma forte, trasandata nel modo di vestire, come molti suoi compagni, ma con una strana sensualità non intenzionale. Clara ha 17 anni, ma fa la seconda. Vive in una casa di accoglienza per minori. A due anni la madre se ne è scappata di casa lasciandola con un padre ubriaco dalla mattina alla sera. Quando rientrava picchiava come un fabbro… A sette anni Clara è salita sullo scuolabus e al conducente ha detto: “Non vado a scuola stamattina, portami dai carabinieri. Io a casa non ci voglio più tornare!”

Ha conservato ancora oggi gli zoccoli che portava ai piedi quando i carabinieri, che conoscevano già bene la situazione, l’hanno accompagnata dall’assistente sociale. E mentre me lo dice abbassa lo sguardo e si emoziona.  Poi 4 lunghi anni in orfanotrofio, dove ha imparato l’arte di difendersi per sopravvivere. E a 11 anni una famiglia l’ha accolta in affido. Ma ha scoperto ben presto che il suo ruolo li era quello di dare senso ad una coppia in crisi. Così a 15  è scappata di nuovo, stavolta con le scarpe da ginnastica.

Quest’anno è arrivata da noi, dopo una bocciatura in un altra scuola superiore, dove il responsabile della comunità in cui ora vive, l’aveva quasi costretta a iscriversi. Non fa religione, ma da Natale in qua sempre più spesso me la trovo a ronzare attorno alla cattedra, a cercare il mio sguardo, a buttare lì “ganci” per essere afferrata in un dialogo che le faccia sentire che può aprirsi. Qualche giorno fa esco dalla saletta dei computer dei docenti e me la vedo lì in corridoio, appoggiata ad un banco, vicino alla porta dei bagni. Pensosa. Seria, ma non triste. “Che fai qui?” le dico con tranquillità. “Sto pregando prof…”

Sulle prime ho pensato ad una battuta e le ho detto: “Ah però! Ho un bel convento di suore che hanno un posto libero se vuoi…”. “Lei scherza prof., ma io sto pregando davvero… lo faccio spesso. Non dico parole. Non dico le preghiere, quelle solite. Solo che sto qui, e ascolto dentro di me una strana sensazione, come se sentissi una presenza buona che mi tiene in piedi”. Ho appoggiato la borsa e ci siamo sposati un metro, per metterci dentro un’aula vuota: “Sento che hai un’anima bella e ferita, – le ho detto – e lo vedo che per te non è facile lasciare che qualcuno la veda. E sono felice che tu possa sentire che ora lo puoi fare…”

“E’ da quando sono piccola che ogni tanto sento questa presenza dentro di me e mi creda, è stata la sensazione a cui mi sono aggrappata in tutti i miei casini… e nel mio dolore. Mia nonna mi raccontava di come lei pregava la madonna e che spesso le cose che chiedeva poi succedevano… E allora ci ho provato anche io… Ma non sempre le cose che chiedo poi si avverano.. Non so nemmeno se me la sto raccontando, ma sento che c’è… e che quando l’ascolto, dentro poi sto meglio…”. “E che nome gli hai dato tu?”. “Non lo so prof… adesso che ci penso non ha un nome per me…. forse Amore, ma non mi piace… Lei l’altra settimana ha raccontato in classe che credere in Dio è credere che l’amore esiste e che nulla e nessuno ce lo può rubare mai, perché il suo è un amore gratis. Mi piace questa idea, ma io non la sento molto. Mi ha fottuto così tante volte chi diceva di amarmi…. che la parola Amore per me è solo un suono. Questa invece è una roba mia, qui nessuno mi può fregare e per questo non lo racconto tanto in giro…. Ma forse a pensarci bene un nome ce l’ha… si chiama Terra…”

Li per lì non ho capito. E la campana della terza ora mi ha costretto a distrarmi… “Tu non sai che regalo mi fai raccontandomi queste cose… Ora devo andare purtroppo, ma se vuoi continuerò volentieri ad ascoltarti…”. “Ok prof. almeno lei non mi giudica subito e mi ascolta….” E mentre sono salito al piano di sopra ho pensato: Terra! C’è dentro il senso della solidità, dell’appoggio dei piedi, della sicurezza, della base da cui partire, del fondamento, della realtà reale senza “fingimenti”, senza costruzioni giustapposte… quindi anche della verità di sé stessi. Della storia e del cammino, dell’evoluzione, dello sviluppo di sé… Magari Clara non lo vede così, però a me questo nome strano dato a Dio mi piace…

E noi che di solito continuiamo ad associare Dio al cielo. Certo, lo so, forse Clara fa un po’ di corti circuiti tra psicologia e spiritualità e quello che sente finisce per tappare dei buchi. Ma chi sono io per decidere che lì dentro non ci sia anche un germe bello, da coltivare e far crescere, purificare e irrobustire? E se Dio mi stesse insegnando che Lui è molto più terreno di quanto noi di solito lo pensiamo? E se mi fosse fatto il regalo, incontrando Clara, di sentire che Dio è molto più sorprendente di tutte le nostre idee per raffigurarcelo? 

Credo che ascoltare dove oggi lo Spirito ci spinge sia anche questo e che una educazione alla fede per le persone di questo tempo si gioca davvero nella nostra capacità di lasciarci interrogare e stupire da chi incontriamo. Chi educa chi?

 

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