Mi è venuto a trovare Samuele, ha dato l’esame di maturità a Luglio. La nostalgia della scuola si fa sentire, incredibile ma vero, e siccome per ora non lavora, si annoia un po’. L’altra mattina l’ho trovato in corridoio. “Ma dai, ma sei ancora vivo?” gli ho detto ridendo, con una pacca sulla spalla. “Prof, ho una roba da raccontarle che non ci crederà…!”
Lo conosco da quando faceva la seconda. E’ arrivato in una classe nuova per lui. E il primo giorno che ci siamo visti è stata una sfida. All’appello l’ho chiamato è mi ha risposto con un grugnito, alzando di poco l’indice sinistro. Finito l’appello gli ho chiesto se voleva dirmi alcune cose di sé, e che mi avrebbe fatto piacere presentarci e conoscerci. “Io non esisto per lei”, mi ha farfugliato, senza guardarmi. “Bene, quando ne avrai voglia mi farà piacere sapere di te e dirti di me, se vorrai.” Forse l’istinto, forse la poca voglia di litigare di quella mattina, mi aveva fatto pensare che non avrei fatto bene a raccogliere a muso duro la sua sfida. Così ho lasciato che per buon parte dell’ora se ne stesse con la testa appoggiata sulle braccia, disteso sul banco, senza guardarmi. Ho fatto con la classe quello che si chiama “contratto formativo”, accordandoci sul cosa, sul come e sul dove andare con quella ora, per quell’anno. E per tre volte ho terminato le mie frasi dicendo “.. questo vale anche per chi non esiste.” Ad un certo punto, ho detto che, tra altri argomenti, avremmo lavorato anche sul tema del demonio e del mistero del male. Ho visto Samuele girarsi e guardarmi. Lo sguardo duro, gli occhi rabbiosi, ma anche tristi…
Alla fine dell’ora mi ha inseguito in corridoio e mi ha detto dritto e deciso: “Lei come fa a sapere che mi interesso del demonio, perché é ovvio che l’ha detto apposta per me!” Io sono caduto dalle nuvole. Tutto mi aspettavo tranne questo. Ma non potevo certo farmi sfuggire il suo “gancio”. “Ah si? Mi interessa molto questa cosa di te, non si può coltivare sta roba senza essere una persona che si fa domande e vuole capire questo mistero”. Mi è sembrato interdetto e stupito. Ne abbiamo parlato un po’, ma ho capito che la sua diffidenza era ancora alta. Così fino a Natale siamo andati avanti con lui che seguiva in silenzio le lezioni appoggiato al muro, ma guardandomi, e poi dopo la lezione, regolarmente, mi veniva a verificare a quattr’occhi sulle cose che avevamo detto in classe. Poi lentamente la sua fiducia si è aperta. Ha iniziato a portare in classe le sue parole e i suoi interessi. E quando abbiamo parlato del demonio è stata la sua ora. Ne sapeva quasi più di me sui testi biblici dedicati al maligno! “Satana è meglio di Dio, perché lui si fa sentire e vedere, Dio no!”. Più o meno questo poteva essere il suo slogan. Ma non essendo un leader nella classe la sua posizione non ha trovato seguito.
Poi superata la rabbia e l’odio che aveva dentro, anche per merito del gruppo in cui “girava” e di una storia d’amore, negli anni successivi aveva intrapreso un lento avvicinamento alla possibilità di coltivare un rapporto con Dio, tanto da riprendere a leggere la Bibbia in un prospettiva più cristiana. Ma dai suoi interventi e dalle chiacchierate con lui era evidente che gli restava sempre questo tono di fondo, in cui Dio non si faceva sentire abbastanza, in cui la fede che gli veniva proposta non gli “suonava” abbastanza.
“Lo sa prof. sono stato da quell’eremita di cui le avevo parlato quest’inverno”, ha esordito l’altra mattina. “Ah certo! Mi ricordo. E come è andata?” faccio io. “E’ incredibile, prof! Questo parla con gli angeli, ha comunicazioni dirette coi santi. Dopo aver fatto il designer di moda per 20 anni ha visto il demonio e la paura lo ha talmente segnato che ha deciso di consacrare tutta la sua vita a Dio. Mi piace un casino. Lui si che ti fa sentire Dio. Per lui la Bibbia è chiarissima, non va interpretata, va vissuta e basta. Ha detto che i cristiani oggi obbediscono poco e pretendono che Dio faccia quello che loro vogliono. Pensano di conoscere Dio usando la testa, ma questo è frutto del demonio. Dio lo si ama, il resto non conta. Prof. , cavolo ci voglio ritornare!”. Ma i suoi occhi restano duri e tristi… e la sua voce è più da invasato che da salvato…
Mi sono venute in mente alcune frasi evangeliche. “Non spezzate la canna incrinata, chi non è contro di noi è per noi…” Ma mi sono fatto anche alcune domande. E’ questo tipo di fede a cui lo Spirito oggi ci chiama, dove la radicalità evangelica chiede di abolire l’autonomia mentale? Dove il rapporto con Dio si riempie di rivelazioni individuali e di mediatori ultraterreni? Ma ancora di più mi chiedo: possibile che la fede che proponiamo sia così poco “percepibile” e l’esperienza del sacro debba passare per forme di spiritualità al limite del “magico”? Non sarà che queste cose oggi “parlano” e “arrivano” anche per un deficit di incarnazione del nostro modo di presentare la fede?
“Mi farà piacere sapere come va, se ci ritorni…”. “Certo prof. mi rifarò vivo…”