Il tarlo del desiderio

Nel bel mezzo del cammino di Avvento, festeggiamo la domenica del "gaudete". Ma qual è il motivo di tale festeggiare?
17 Dicembre 2023

C’è un tarlo in questo tempo di Avvento che sento “rodere dentro” sempre di più. Vegliare – o svegliarsi – con il rischio di non riconoscere Chi deve arrivare o di non essere da Lui riconosciuti; prepararsi ad essere impreparati, ma nel frattempo investire tutte le proprie energie in un’attesa che è sempre rinviata di altro in altro.

Così, mettendo insieme i pezzi di questo puzzle, mi sembra si stia configurando un’immagine che farebbe impazzire i miei studenti, ma forse anche non pochi tra noi adulti: si presume finalmente di “avere” ciò che deve avvenire ed invece l’“essere” di questo avvenire slitta di continuo, è sfuggente.

Forse, imparando proprio dalle reazioni dei miei alunni, tutto ciò è finalizzato a far ardere sempre di più in noi il desiderio che qualcosa o Qualcuno, finalmente, avvenga. Forse, c’è anche qualcosa di altro, legato al Potere, alla Legge – che dovrebbe proteggere e alimentare il Desiderio, ma a volte (spesso?) lo spegne, lo uccide. Non cerchiamo allora – né aspettiamoci – alcuna consolazione in tal senso durante questa terza domenica di avvento. Il motivo del gaudete è in altro.

Certo, il brano del vangelo di Giovanni ha un andamento ben ritmato. Triadico. Ed in effetti, tre finalità caratterizzano l’identità unitaria del Battista: testimoniare (la luce), far credere (tutti), confessare o meglio professare… Ma subito, il quid di tale identità si presenta come “negazione”. Per tre volte il Battista, con grande libertà interiore (rispetto ad ogni suo successo e interesse religioso), non nega, o meglio afferma negando.

Egli non è il Cristo, non è Elia, non è un profeta. Con le parole di Ulisse, egli è «nessuno», egli non è se non «voce di uno». Sembra quasi che l’opera fondamentale, anzi mi verrebbe da dire “s-fondamentale”, sia quella di uno scultore (o regista) che toglie, leva, alleggerisce, per precisare e ribadire (Fil 2,6-8) ciò che il poeta Montale cantò nei suoi versi immortali: «codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo».

Di fronte, ci sono loro: la Legge, il Potere costituito. Triadico anch’esso: sacerdoti, leviti e farisei. E anch’esso capace di invio – come Dio. Ma mentre l’invio di Dio opera per negazione, l’invio di Mammona opera per affermazione. Mentre l’inviato del primo diminuisce, evoca altra luminosità, dà voce ad altro; gli inviati del secondo procedono nell’ombra con un interrogatorio quasi poliziesco: per tre volte rimbomba tristemente il loro «Chi sei?». Sembrano preda di una vera e propria ossessione identitaria e legalistica, dipendente dalla necessità di «dare una risposta», di rilasciare (o meno) permessi di liceità per questo o quel sacramento e sacramentale.

Troppo attuale questo scontro, nella Chiesa e nella società, per non elaborare che un lungo elenco di esempi nei quali i soggetti coinvolti dovrebbero seriamente lavorare per aprirsi all’altro. Infatti, ciò che è drammatico nel racconto evangelico, è che in questo scontro mortale tra identità e alterità, tra Legge e Desiderio, non si riconosca chi vuole essere riconosciuto, non ci si accorga che in mezzo a noi c’è sempre uno che non (ri)conosciamo.

Ecco chi è il Messia. Uno che, ci ammonisce Giovanni, sta «in mezzo a voi e non lo conoscete»; una Luce che viene prima e dopo ogni nostro sole, ogni neon abbagliante che possiamo generare e idolatrare. Per questo, ancora una volta, credo sia importante seguire l’imperativo categorico del rapper Tarek Iurcich (in arte Rancore): «tu non devi venerare il sole, ma la luce che vedi». A partire da quella che fu vista duemila anni fa, ma presso Betània, sulle rive del Giordano, nel deserto. Al di là di ogni identitarismo, al di là di ogni legalismo, al di là di tutto. Per questo possiamo gaudere. Per questo gaudemus.

 

2 risposte a “Il tarlo del desiderio”

  1. FrancescaVittoria vicentini ha detto:

    Desideriamo fortemente che in questo Natale Cristo sia già nel Risorto presente, per un qualche segno Egli ritenga efficace a sconfiggere l’incredulita’ che alberga nella mente di molti, circa la Sua divinità , perché non è giusto che tanti condottieri e uomini di potere trascinino folle e genti a seguirli per vie dove non c’è speranza di futuro. “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore e lontano da me. Invano mi rendono culto insegnando dottrine che sono precetti di uomini”., ed e ciò che avviene ai ns.giorni. La Chiesa come Giovanni si sforza a radunare il gregge ma più forte rombano tamburi di guerra che sovrastano la sua voce. Come quel Suo popolo di allora anche quello di oggi attende il Messia Risorto, Re di Pace

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    In questo Avvento di Natale, effettivamente sembra farsi più sentita la sensazione di “attesa”: noia di teletrasmissionitutte gonfie di concitate news, sempre riferite a morti, guerre, ingiustizie, grida, disastri in mare, di un vivere sregolato, una libertà quasi inutile visto che non porta a quella serenità, gioia vero dono attesodal Natale. Un ritornare a una più presenza attorno ai campanili, servirebbe a placare gli animi angustiati e scontenti di un vivere senza uno scopo, vuoto di speranza nel futuro. Ecco che anche per coloro che sono afflitti da solitudine laPresenza di un Dio, che è Amore donato, del Figlio ns.Fratello che ha spalancato per tutti le porte a un futuro come il suo, cioè eterno e ricco di gioia, questa “certezza” può’ incoraggiare a una esistenza più fiduciosa, a una serenità perche è Dio il nostro dono , luce nel cuore e nella mente, speranza di novità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)