Giovani, adulti, anziani: in ogni fase della vita ci si può trovare a credere che nulla di diverso, di radicalmente nuovo, possa ancora avvenire. In famiglia o al lavoro, nella comunità ecclesiale o in politica, il tempo sembra scorrere pigramente uguale, a volte dandoci la triste impressione che ci sfugga di mano, tutto consumando; altre volte, invece, ci garantisce una certa tranquillità, cullandoci placidamente in una rassicurante ripetizione. E se pure fossimo assaliti dalla noia o dall’angoscia, sembriamo certi che nel mondo in cui viviamo vi sia sempre un rimedio naturale (o artificiale) in grado di contenerle: «mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, (…) e non si accorsero di nulla» (Mt 24,38-39).
Ecco, di fronte a tale stato d’animo, il vangelo certo comprende – perché conosce l’essere umano – ma esclama chiaramente «no!». In ogni momento qualcosa – se non qualcuno – di nuovo, di radicalmente diverso, può avvenire, anzi av-viene, forse ora sta già avvenendo: con un’offerta sicuramente desiderabile (perché sempre di banchetti di nozze si tratta in questo regno dei cieli), ma purtroppo non da tutti accolta e goduta o desiderata con sufficiente intensità (aspetto che, in un certo senso, dovrebbe anche intimorire e far paura).
La questione, infatti, è talmente importante che ogni anno il cristiano la ricorda – innanzitutto a sé stesso – in quel periodo del tempo liturgico che va sotto il nome di Avvento. Anzi, la fede e la speranza in questo evento è così decisiva che nelle settimane antecedenti ad esso la liturgia cristiana si preoccupa di preparare chi la vive affinché non manchi l’appuntamento: «vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,13).
Non basta credere e sperare che in famiglia o al lavoro, nella Chiesa o in politica, il novum avvenga, ma è necessario desiderare fortemente di essere pronti quando sarà il momento di andargli incontro (Mt 25,6). Pronti a riconoscerlo, ma soprattutto a farsi riconoscere da esso, a prescindere dal grado di purezza (“verginità”) personale.
A ciò ho sempre collegato l’immagine delle lampade e dell’olio: senza un po’ di luce e di calore – di passione – è impossibile essere pronti nel senso richiesto dal vangelo (Mt 25,3-4.7-10). Mi piace pensare che lo sposo non faccia entrare alle nozze (e relativo banchetto) le cinque vergini definite stolte perché esse sono da questo punto di vista irriconoscibili (Mt 25,11-12). Forse, nonostante siano andate a comprare di notte l’olio necessario alle lampade (Mt 25,10), esse non hanno trovato nessun venditore o ne hanno comprato poco ed è nuovamente terminato o scoprono che i venditori hanno finito l’olio. In ogni caso, il buio della fredda notte le avvolge di nuovo e questa loro scarsa prudenza (simile a quella del servo evocato da Mt 24,45-51) ne determina il destino, ricadendo su di esse (Mt 23,36). D’altronde, di cosa può lamentarsi lo stolto se la casa che ha costruito sulla sabbia frana, mentre quella che il saggio ha costruito sulla roccia resiste (Mt 7,24-27)?
Ciò significa che per godere del regno dei cieli – qualunque cosa esso possa significare – ci viene richiesta solo questa piccola accortezza – peraltro molto simile alla cortesia di indossare l’abito nuziale offerto dallo sposo (Mt 22,11). Non quindi lo sforzo sovraumano di essere perfetti, di restare svegli tutta la notte. Addormentarsi è lecito (Mt 25,5): peccare humanum est. Anche Giacomo, Pietro e Giovanni si sono addormentati nell’orto degli ulivi (Mt 26,40.43). Anzi, sappiamo inoltre che ci sarà un aiuto in più: in qualche modo una voce misteriosa – il profeta di turno – ci sveglierà dal sonno in cui siamo cascati per l’attesa (Mt 25,5). Ma che non vi sia neanche un po’ di saggezza umana dobbiamo sapere che avrà un esito umanamente tragico: «venne il diluvio e inghiottì tutti», salvo chi «entrò nell’arca» (Mt 24,38-39), «uno sarà preso e l’altro lasciato… una sarà presa e l’altra lasciata» (Mt 24,40-41).
A chi fosse scandalizzato dall’apparente egoismo delle cinque vergini sagge (Mt 25,8-9) o dalla durezza del padrone (poco giustificabile dato il suo ritardo – Mt 25,12), viene in soccorso una legittima interpretazione psicologica del brano: come in ogni racconto parabolico o fiaba che si rispetti, i personaggi possono rappresentare due parti del nostro io che si fronteggiano – qui in modo speculare (saggia-stolta, previdente-imprevidente, desiderosa-svogliata, etc.). Oppure, con una lettura più complessa e raffinata (che potrà essere utilizzata anche nelle prossime due domeniche), la strana assenza della sposa nel brano potrebbe far pensare che esso, una volta intesa la sposa assente come la Chiesa, sia rivolto ad un uditorio pagano, caratterizzato da una mentalità violenta o da un do ut des che si rispecchiano nel linguaggio utilizzato dalla parabola con il fine di spingerci a desiderare altro.
In ogni caso, una volta tradotto, il messaggio è analogo e sembra chiaro: gli effetti della stoltezza ricadono tragicamente su chi ne è segnato e lo stolto, ancor più tragicamente, è tale perché li proietta continuamente sugli altri – e sull’Altro – tanto più perfetto («vergine») egli si presenta. La tragedia (ogni volta) vissuta dovrebbe invece insegnare – a loro e a noi – l’importanza di assumersi la propria parte di responsabilità in questi effetti rovinosi: perché non sono riuscito a prevedere ciò che è alla fine avvenuto? Perché non ho degnato di uno sguardo chi si è rivelato capace di prevedere ciò che alla fine è avvenuto? Ma soprattutto – che è ai miei occhi il non detto della parabola da far emergere – c’è una persona che nonostante ogni mia stupida imprevidenza mi ama così tanto da offrirmi ciò che nessun altro essere umano potrebbe umanamente offrimi? E se non c’è, posso sperare che un giorno, pur in ritardo, questa persona arriverà?
Mangiavano e bevevano e non si accorsero di nulla. Sembra strano visto gli addobbi, le luci sfavillanti, l’euforia per acquistare doni, cotillon, la donna in attesa presentare senza velo il corpo in attesa in copertina di riviste, onore alla maternità. Ma si arriva a non ricordano più che il 25 dicembre un re è nato povero, come tutte quelle povertà dai tanti volti teletrasm. per chiedere sovvenzioni in denaro . Incuranti che di tante povertà e’ colpevole l’uomo stesso, il quale attiva guerre, insegue sogni di ricchezza illimitata, incoraggiato per questo a sfruttare al massimo i propri e altrui territori in perenne competizione gli uni gli altri circa il potere. Un re è nato per noi, Figlio dell’Altissimo, Padre Creatore dell’universo mondo, perché ne avessimo coscienza che il suo regno supera quello costruito, è un regno che si apre a tutti coloro che amano secondo la sua giustizia, è un regno di Pace e gioia promessa a tutti e vita per sempre.
E dopo quanto accaduto in Israele, come dardo sembra aver mirato al cuore del Paese che più si distingue da ogni altro perché da scelta divina, Terrasanta/ ma contesa la sua interezza tra due popoli. E’ come averci fatto vedere da più vicino, come anche tra gli uomini di oggi, malgrado storia già vissuta e da mai più debba accadere, oggi abbiamo assistito al ripetersi e manifestarsi della medesima capacità nell’uomo di oggi di violenza, crudelta, impossibile da immaginare. Altro fatto somigliante, ma compiuto da un cittadino qualunque, stessa crudeltà di inferire su un’altra persona, indifesa, inconsapevole di essere oggetto di tanto livore. Questi fatti accaduti sono come un brusco risveglio che ci fa aprire gli occhi e muovere mente e coscienza, ad accorgerci se siamo anche noi rimasti senza olio per quella luce necessaria a illuminare una venuta che è certa, accedere a una festa di cui far parte ma che vuole l’abito adatto!.
Quante Sono le lampade spente! La tragicità di avvenimenti infausti li stiamo vivendo, vediamo accadere cataclismi nella natura: vulcani in fase di eruzione da far fuggire, montagne che appaiono fragili perché franano, alluvioni disastrose di così non vi è ricordo, ma centrale e ciò che avviene tra popoli e nazioni, una tendenza a autodistruggersi! Insensibilità verso le migliaia di caduti incensando quella supposta buona causa che la cecità dei semplici non vede essere altro, per cui tanto denaro viene speso dove tanti periscono e manca invece dove si muore di fame e di stenti! Si accendono lumi , fiori e si alzano grida a pretendere cambiamenti, intraprendere altre vie non vi è segno, che a prevalere sembra sia una forza distruttiva. Dio Buono e però anche il Giusto, Colui che premia ma anche pronuncia il castigo per coloro che non hanno dato ascolto alla sua Legge che mira a Verità esalta l’amore fraterno e la vita del creato
Forse si dovrebbe prendere in considerazione ciò che Gesù stesso ha rilevato nei suoi discepoli e cioè che sapevano leggere i tempi nella natura” quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: arriva la pioggia, sapete valutare l’aspettò della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete valutarlo?E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?Questo potrebbe dirlo a noi oggi, non vogliamo vedere le stagioni diventate stravaganti a mezzogiorno e estate, via il sole freddo inverno nello stesso giorno! Le guerre, ipocritamente dichiarate infinite, interessi altri si frappongono alla Pace pietre di inciampo le povertà che vanno a colpire tanto popolo cui dimostrare il vero coraggio di deporre le armi per parlare di giustizia. Si incita a Vittoria un idolo che vuole il costo di vite umane Le Parabole sono luce, che parlano alla intelligenza del cuore, e discernimento dell’intelletto a ricercare la Verità’., e porla in luce.
La Parabola non lascia spazio a incertezza; non si sa quando lo sposo arriva, per questo essere previdenti, avere abbastanza olio per tenere le lampade accese. Tutti i credenti sanno che il Signore verrà ma partecipa alla festa chi ha la lampada accesa (la Fede?), e questa abbisogna di
olio( le opere buone) la stoltezza e non averci pensato che abitare il cielo significa meritarlo. Infatti alla Par. segue l’altra che lo specifica:” davanti a Lui verranno radunati tutti i popoli, e separerà gli uni dagli altri, a quelli della sua destra dirà “venite Benedetti dal Padre mio ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ero straniero e…… “”. Sicuramente Cristo verrà, ma troverà la Fede? Sicuramente da chi vive come Egli ha insegnato, carità gli uni gli altri. Essere previdenti e a noi oggi non resta che questa Verità di salvezza, quanti lo sanno?e sono svegli con lampada accesa?