Predisporsi ad altro…

Nella prima, fondamentale scena del vangelo più antico tutto sembra dire che il Messia atteso sarà sempre “altro” da ciò che attendiamo e speriamo.
10 Dicembre 2023

L’«inizio» (Mc 1,1), in greco l’archè. Un termine filosoficamente pregno di significato. Metafisico. Ma di una metafisica concreta, capace di interrogare in profondità la vita reale, di sorprendere con la sua inattualità ogni nostra presunta attualità: come è cominciato tutto questo? Chi lo ha cominciato? Russi o ucraini? Russia o Nato? Israeliani o palestinesi? Come e con chi potremo ricominciare, nella pace? Come era il nostro amore all’inizio? Potrà esso riiniziare da capo? Chi c’era all’inizio: il caos o l’amore? L’uovo o la chioccia?

La questione è talmente importante che anche il vangelo di Giovanni (1,1-2), come la Genesi (1,1), vuole sin da subito mettere in chiaro chi ci fosse «in principio», en archè. Dal suo punto di vista Marco (1,1), come nei migliori racconti o film horror, comincia creando un’atmosfera positiva: in principio c’è una «buona notizia», un eu-anghèlos che riguarda – e proviene da – Gesù, Messia/Cristo, Logos/Figlio di Dio. Ma per comprendere come mai questa lieta notizia sia una «consolazione» che opera «dolcemente» (Isaia 40,1.9.11) o una «pace» che dà «gioia» (Salmo 84,9.11), è necessario cogliere il fatto che non si parla subito di Lui, dell’Atteso.

Si parla di altri, di altro. Un altro (Giovanni) da cui si va di fretta, correndo, ma in una direzione contraria (uscendo dalla città e dalla regione santa) rispetto a quella che ci aspetteremmo, rispetto a quello che religiosamente si dovrebbe fare (Mc 1,5). E quando si parla di Colui che deve arrivare (Mc 1,7-8), veniamo informati che battezzerà in un altro modo (non con l’acqua, ma con lo Spirito Santo) e che ha una forza altra – soprattutto rispetto a quella dell’imperatore che, nel contesto romano del vangelo di Marco, è il soggetto e/o l’oggetto della buona notizia. La stessa strada grazie alla quale Lui arriverà sarà preparata da un altro (sempre Giovanni) che però, a gran voce, inviterà anche altri a preparala (Mc 1,2-3). Precisando che da raddrizzare non saranno i loro sentieri, ma i Suoi sentieri: apice dello straniamento!

Che fosse Lui quello storto, quello non lineare? O siamo noi tali e allora il vangelo ci invita ad aiutarLo ad aiutarci nel Suo modo, che sarebbe diritto e lineare se non fossimo noi i contorti? In ogni caso, verrebbe confermata la cifra in cui sembriamo immersi e a causa della quale abbiamo bisogno di una nuova immersione (bàptisma) per riemergere nuovi, rinnovati (Mc 1,4): attendiamo sempre altro da ciò che arriverà, arriverà sempre altro da ciò che attendiamo. Senza dimenticare che questo Altro veniente arriva sempre sotto forma di messaggio (Mc 1,2), il cui Senso o Spirito, dunque, è sempre altro, sempre da interpretare.

Ma allora, proprio perché consapevoli di essere sempre impreparati, è importante prepararsi, pur non trattandosi anche qui di auto-preparazione, ma paradossalmente di essere preparati da altri ad altro. Innanzitutto, uscendo dalle tradizioni cui si è abituati – come il popolo che accorre dalla città santa, come Giovanni che non segue né il destino sacerdotale della famiglia cui appartiene, né quello degli esseni cui sembra essersi legato per un certo tempo (Mc 1,4-5). Facendo, quindi, un po’ di deserto intorno a sé – come dopo la fine (di una visione) del mondo o di una storia d’amore importante. Un po’ di silenzio, di vuoto, di mancanza, rispetto alle cose possedute, alle identità religiose certe, ad ogni tipo di vestito e di cibo, a ciò che di consueto ci protegge e ci nutre (Mc 1,6). Come se in questo rito giovanneo un’identità forte, per attualizzare in modo sensato quanto proclamato dalla prima lettura (Is 40,1-5.9-11), si auto-imponesse un esodo da ciò che, sotto la maschera della religione ufficiale, fosse diventato un Io Egiziano o Babilonese. Ovviamente, la richiesta è testimoniata da un uomo della Tradizione che vuole recuperare l’Identità e la Tradizione più profonda. Ma egli è certamente anche un uomo che chiede di spostare il proprio baricentro, di dislocarsi in altro, di essere disponibili ad altro, pronti a ritornare (con-vertirsi) nell’acqua primordiale, ad immergersi nelle acque uterine per rinascere di nuovo, per essere riamati e stare in pace come all’inizio (Mc 1,4).

Senza la comprensione di questa paradossale preparazione potrebbe restare invisibile il corretto rapporto tra perdono e conversione instaurato dalla pagina evangelica: non si tratta di cambiare vita per essere perdonati, come molti commentatori sostengono utilizzando in modo inappropriato la seconda lettura (2Pt 3,8-14). In realtà, si tratta di essere disponibili, pronti a riconoscere e ad accogliere la proposta altra che verrà fatta: essere perdonati gratuitamente. D’altronde, il Salmista non riconosce a Dio d’aver «perdonato» e usato «misericordia» verso il Suo popolo (Sal 84,3.8.11)? E la seconda lettera di Pietro non parla di un Dio «magnanimo» (2Pt 3,9)? La stessa parabola del padre prodigo e dei due figli non è costruita su un ritorno del figlio più piccolo (il cui pentimento è molto dubbio) per ricevere, sulla soglia di casa, un perdono (probabilmente) da sempre pronto per essere donato? Un perdono che sorprenderà anche il Battista, il quale si considera indegno di sciogliere i legacci delle scarpe del Messia (Mc 1,7), ma non farà a tempo a vedere il Messia sciogliere i legacci delle scarpe altrui per lavarne i piedi denudati. Lo stesso manifestarsi della Gloria di Dio (Is 40,5) – come abbiamo visto (qui) – sorprenderà Mosè ed Elia che pur avevano espresso il desiderio di vederla.

Solo allora il gridare potrà risultare non equivoco. Esprime bene Papa Francesco la sua preoccupazione verso una modalità violenta del nostro testimoniare, quando afferma che «la verità non ha bisogno di grida violente»  o che «non diventa più credibile perché si alza la voce nel dirla», ma con la Parola di oggi possiamo anche precisare che il grido è permesso, anzi è auspicato, quando si tratta di consolare, di dare liete notizie, di affermare verità dolci e amorevoli, pacifiche e pacificanti (Is 40,9; Sal 84,11). Sembra, infatti, che solo all’interno di questo grembo misericordioso l’essere umano riesca ad acconsentire e a dare senso al proprio pentirsi e convertirsi etico (Sal 84,13; Evangelii gaudium, §§ 36-37; 39). Dio-Abba viene comunque con la sua misericordia, con la grazia del suo perdono. Ed esse purificheranno, come fa il fuoco, le nostre durezze, le nostre resistenze (2Pt 3,10.12). Facciamo sì, allora, che l’essenziale di noi che rimarrà sia bello e buono (2 Pt 3,11.14). Ricordando, come avvertiva già la parabola del Cristo Re, che questa kalokagathìa cristiana sarà sempre sorprendentemente altro.

 

Una risposta a “Predisporsi ad altro…”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Penso che siamo altro quando nel nostro vivere quotidiano facciamo scelte ponderate cioè a parte il seguire ciò che la le istintiva sensibilità propone, chiediamo alla ragione di sintonizzarsi con l’ interpellare quella del cuore la quale conserva anche La Sapienza divina. La decisione, da libera scelta dimostrerà se sarà altro da quello del Maestro. Non è semplice, non è facile, ci sono sogni che la libertà rende bello entusiasmante attuare, una sicumera che esclude il pensare a errore, tutto appare chiaro, senza ombre. Quando invece tutto prende corso, appaiono risvolti mai pensati, non immaginati, anche un vedere la realtà in una verità che ci fa ricredere . Ecco dunque buona cosa se esiste una Fede in un Dio che è sempre disposto a venire in soccorso quando è difficile ritrovare fiducia, coraggio a intraprendere vie nuove. E’ fare esperienza del tempo messianico, la Verità di Cristo si fa conoscerenel proprio tempo è stato, come nuovo Natale

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