Quaresima con Caparezza: al di là della morte?

Di fronte alle malattie e al male presenti nella Natura, cosa significa essere "contronatura"?
25 Marzo 2023

Una delle caratteristiche del percorso quaresimale è quella di ricordarci, o meglio di non nasconderci, i limiti della natura umana e, insieme, della Natura tutta. Dalle carenze di beni primari che affamano e assetano (persino Gesù), passando per le nostre vulnerabili fragilità psico-fisiche (spesso vittime delle tentazioni), sino alle imperfezioni originarie e alle malattie sopravvenute (come quelle del cieco di Gerico e di Lazzaro). Su tutto – e tutto ricomprendente – svetta lei, per alcuni la terribile dama in nero provvista di falce, per altri, come Francesco d’Assisi, addirittura una sorella: la morte.

Già Paolo di Tarso si era dovuto fermare sulla soglia del mistero di ciò che nel mondo sembra contraddire la convinzione che in Natura vi sia un principio buono, se non un Dio (di) Amore: «sappiamo infatti che fino ad ora tutta la creazione geme soffrendo i dolori del parto» (Rm 8,22). Gesù stesso, di fronte alla notizia della malattia che aveva colpito l’amico Lazzaro e, quindi, all’eventualità della sua morte, misteriosamente non era voluto partire (Gv 11,1-6.14-15), così da apparire inerme o rassegnato agli occhi di coloro che gli avrebbero poi “rimproverato” di non aver evitato la morte dell’amico (Gv 11,21.32.37).

Non poteva allora essere da meno il nostro compagno sinodale e quaresimale Michele Salvemini, in arte Caparezza, con la sua canzone Contronatura e lo skit che la introduce, significativamente intitolato La matrigna.

 

 

Il rapper pugliese si paragona all’«islandese» del corrispondente dialogo leopardiano e, in merito alla visione della Natura, professa il suo «credo ai leopardi di Recanati»: non c’è alcuna madre Natura, ma solo una «Matrigna» di fronte alla quale si è semplicemente disarmati, senza difese.

Come infatti resisterle se ha «l’occhio di Katrina/ la lingua è Krakatoa»? Se “grazie” ad essa «mi abbracci, anaconda / mi baci, barracuda»? Se «la furia delle onde sta annientando tutto / laggiù c’è il Re Leone, sta sbranando Dumbo»? Se «paura, sfregi e morte: le inventi tutte» e «mi divori dall’interno come i parassiti», mentre «questi bruchi fanno i buchi come gli assassini»?

Lo stesso Darwin, scriveva anni or sono Fiorenzo Facchini, «era disorientato», perché «non riusciva a rendersi conto di come vi fosse tanta sofferenza in un mondo voluto da Dio». Soprattutto quando, con le parole di Caparezza rivolte alla Natura, «so che vivi nell’incuria, non ragioni, non decidi», ossia quando sembra che questo «dark side» della Natura sia assolutamente involontario.

È anche vero che, come Paolo di Tarso non aveva nascosto la convinzione secondo cui «dalla creazione del mondo in poi, le Sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da Lui compiute» (Rm 1,20), così Caparezza riconosce che la Natura è anche «bella» o «innocua» e per questo da rispettare («adesso che sei famosa /ti incensano come una star»); ma ciò non gli impedisce di affermare con velata ironia che siamo di fronte ad una «bellezza letale», che anche la Natura può e deve essere contestata ogni qualvolta sembri affermare «sono sempre nel giusto / non posso farti del male», pretendendo da noi che le si «perdoni tutto».

D’altra parte, come Paolo di Tarso – in modo potentemente evocativo – ricordava che «la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio (…) nella speranza che la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione» (Rm 8,19.21), così Caparezza canta – in modo inatteso e sorprendente – «io voglio di più / più del portare avanti la mia specie / questo obiettivo, guarda, mi fa specie»: «mi salverò dall’onda / se andrò contronatura», «chi di te si prende cura lo fa contro i tuoi principi / ma va bene così», «sarò la tua creatura / ma contronatura». Non dimentichiamo, poi, che in un altro brano dell’album (Fugadà) l’artista pugliese si rivolge a sé stesso affermando: «Miki sei Lazzaro, dai alzati e cammina».

Siamo nel mondo, ma non siamo del mondo – soprattutto se ciò significa restare bloccati ed imprigionati nelle sue logiche “confortanti” ma mortifere (Gv 11,19.30-31.39). Allora, mentre ci avviciniamo al compimento della Pasqua, possiamo riconoscere con Caparezza che il segno della resurrezione di Lazzaro annunciato (Gv 11,11-13.23.25-26) e compiuto da Gesù (Gv 11,39-44), prima ancora di rivelare l’accesso alla parte più profonda della (nostra) Natura, evochi il desiderio – di più, la possibilità – di andare contro un certo tipo di Natura, di voler almeno «tentare di essere migliori della natura». Come disse il fondatore dello scoutismo, Baden-Powell, nel suo ultimo messaggio agli esploratori: «lo studio della natura vi mostrerà di quante cose belle e meravigliose Dio ha riempito il mondo», ma «cercate di lasciare questo mondo un po’ migliore di quanto non lo avete trovato».

 

Una risposta a “Quaresima con Caparezza: al di là della morte?”

  1. Paola Meneghello ha detto:

    Il voler essere migliori, l’andare oltre, indica però un superamento, Caparezza sbaglia se pensa ad un andare “contro”, secondo me.
    Il seme, come il corpo materiale, muore, ma non muore ciò che l’ha fatto fiorire e trasmutato, quella Linfa, quel Soffio eterno che anima tutte le cose..
    Se il corpo di Lazzaro risorge, prima o poi in ogni caso muore. In fondo, la Verità sottesa è che Cristo dona lo Spirito eterno alla creazione, che la spinge a fiorire, al di là della corruttibilità di un corpo.
    Certo il dolore scandalizza, ma se tutto scorre liscio come l’olio, il rischio è di fermarsi.
    Forse dobbiamo capire che ogni problema ha una sua comprensione e ci apre a conoscenze maggiori, e non è certo l’averlo evitato che ci rende felice, ma aver appreso la sua lezione!

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