I preti generosi ci sono (ma li stanno quasi ‘ammazzando’)

In un mondo cambiato, con numeri diversi, al prete si richiede sempre di più, come se non ci fosse il coraggio di guardare alla realtà (e all’umanità) del sacerdote.
13 Ottobre 2023

È un genere letterario diffuso, e spesso anche motivato, quello della lamentela dei fedeli nei confronti del prete; così come, quasi altrettanto diffuso, è quello della lamentela dei preti nei confronti dei laici.
Ma con onestà dobbiamo riconoscere che, se non mancano sacerdoti ‘problematici’ (psicologicamente, umanamente, affettivamente, spiritualmente, etc) — fino ai casi più gravi dove si sfocia nell’ambito penale –, nemmeno mancano sacerdoti che, dentro i loro umani limiti e secondo le proprie sensibilità, si spendono generosamente per le comunità in cui vivono e operano. Ci sono sacerdoti umani, convinti, equilibrati, non raramente anche un po’ disorientati, come tutti, di fronte alle profonde trasformazioni che accadono e che investono la società e la Chiesa, e quindi il ruolo che essi rivestono. Sacerdoti magari formati secondo canoni e immaginari oggi non più spendibili, che però hanno la forza di rileggersi e così provano con fatica a interpretare i tempi e, di conseguenza, interpretare il loro ministero qui e ora, come servizio al Vangelo e ai fratelli e alle sorelle che incontrano.
Ciascuno di noi conosce, ammettiamolo, sia sacerdoti ‘problematici’ (che forse non ci hanno risparmiato fatiche e pure ferite), sia sacerdoti evangelicamente ispirati; e mentre biasimiamo i primi, non dovremmo dimenticare la gratitudine per gli altri, evitando, tuttavia, di cadere negli idealismi e nelle incensazioni, che disincarnano l’umanità del prete, svuotandola e schiacciandola in schemi astratti.

L’impressione è, però, che i sacerdoti generosi siano sempre più gravati di pesi, attese, compiti, incarichi. In una Chiesa che, a livello gerarchico-locale, troppo spesso si fa vincere da timori e scarsa profezia, e che quindi si impaluda nell’immobilismo (in attesa di cosa?), al sacerdote è richiesto, mediamente, tutto quello che si chiedeva trent’anni fa, quando i numeri e le risorse (e l’umanità) erano differenti. In un mondo e in un vissuto mutati, la struttura della parrocchia e i compiti che al responsabile della stessa vengono demandati sono rimasti identici, a volte irrealisticamente identici, con l’aggravio della moltiplicazione dei compiti stessi. Mentre la parrocchia rimane ferma nel suo clericocentrismo teorico di fondo — al di là di pochi mutamenti non sostanziali — e mentre il numero dei preti cala drasticamente, ciò che è richiesto al sacerdote, dall’alto e dal basso, è di fatto uguale a decenni fa. E la gerarchia, salvo rare eccezioni e qualche timido e recente passo, all’atto pratico chiede al prete sempre più, oltre quello che ragionevolmente si potrebbe pensare. Amministrare una comunità composta da numerose parrocchie, aumentandole via via, senza modificare questioni giuridico-amministrative diventa un atto disumano. Fare leva solo sull’obbedienza, la responsabilità, la generosità di coloro che già si spendono non è una strada percorribile a lungo: è disumanizzante, è antievangelica. Pensare al sacerdote come a un ‘samurai’ che deve lavorare, soffrire in silenzio, consumarsi, e alla fine sorridere e cantare le lodi al Signore significa ignorare la dimensione umana della persona e, pertanto, vuol dire fare del male alla persona. Chi custodisce l’umanità, l’equilibrio, la vita del prete?

Ancora si incontra il prete ‘non problematico’ (cioè equilibrato nella gestione di se stesso, alieno dalle dipendenze, misurato nell’amministrazione del denaro, disponibile nelle relazioni, desideroso di rapporti paritari, nutrito dalla preghiera), ma lo si incontra sempre più oberato: a una comunità si sommano due e tre e quattro; a un incarico se ne sommano altri, che per ‘obbedienza’ si accettano, cercando un modo per sopravvivere senza cadere in sovraccarico di stress, ansie, fino al burnout o altre problematiche di salute. Ma tutto ciò conduce, pure, a dover trascurare ciò che è lo specifico del ministero e che dovrebbe essere il cuore della vita sacerdotale.
Nelle stanze dei bottoni, dove (quasi) tutto si sa e (quasi) tutto si conosce, perché non si riesce a pensare a un vestito nuovo, invece che mettere toppe sempre più sfilacciate a un vestito vecchio?
Vedere nel prete che già si spende con energia e convinzione un asino da caricare sempre più di soma conduce a far stramazzare l’asino a terra. È quello che si vuole? La risposta dovrebbe essere ovvia. Ma, leggendo un po’ le dinamiche ecclesiali, qualche dubbio rimane.

Ripetiamolo per l’ennesima volta: non è rimandabile al decennio prossimo un ripensamento sostanziale di ciò che il prete fa e dovrebbe fare nella vita quotidiana di una parrocchia media. E questo vorrebbe dire anche dare ascolto alle voci, di sacerdoti e laici, che sul campo hanno intuizioni buone su come si potrebbe fare diversamente.

33 risposte a “I preti generosi ci sono (ma li stanno quasi ‘ammazzando’)”

  1. Alessandro Siro Campi ha detto:

    Succede anche che un sacerdote consapevole di non essere superman ti chiede di aiutarlo in qualcosa, tu ti ci metti, costruisci con lui con anni di lavoro rapporti umani e pratiche che cominciano a funzionare, poi cambia il prete, quello nuovo ti dice “Grazie di tutto, ora faccio io”, poi non ha tempo, allora assume uno che prova a fare la stessa cosa, ma arriva da fuori (e copia sulla carta le iniziative, ma non avendole vissute ne esce un scimmiottamento), non conosce i vissuti, casca tutto e poi ci si interroga sul perché non c’è più nessuno.
    Comincio a pensare che il calo delle vocazioni sia l’unico modo che esiste per far capire ai preti che possono far qualcosa anche i laici, ma bisogna arrivare al deserto perché venga capito.

  2. Roberto Beretta ha detto:

    Invoco però il concorso di colpa. È verissimo che i preti sono pressati dall’alto e dal basso, e soprattutto quelli sinceri e generosi rischiano di scoppiare. Però l’origine del problema sta nell’eccesso di enfasi teologico-pastorale caricato sulle loro spalle. Una presunta “eccezionalità” che viene tuttora costantemente e strumentalmente usata per incentivare le vocazioni. Il film «Sacerdoce» appena uscito in Francia nella locandina definisce ancora i preti «uomini tra cielo e terra»…. Può andar bene per vendere i biglietti, ma poi chi paga il prezzo di queste esagerazioni?

  3. Don Lorenzo Mischiati ha detto:

    Articolo perfetto, tant’è vero che lo proporrò ai miei confratelli nella congrega…Il tempo dei sinodi? Mah! Hai proprio azzeccato Sergio carissimo…Il problema per un parroco è l’amministrazione e bisogna cambiare il sistema, mettere mano al diritto canonico per generare un processo di nuovo e vigoroso annuncio sacerdotale. Come fanno certi miei confratelli a gestire comunità molteplici? Bilanci moltiplicati, manutenzione ordinaria e straordinaria, responsabilità civile e penale su ogni attività estiva e non….e spesso sento il mantra: essere servi, servire a testa bassa, stare sul pezzo, e sensi di colpa perché non siamo a detta di qualcuno più generosi. E poi ti trovi alla notte sveglio e angosciato, preoccupato e solo. Ma cosa fare ancora? Eh, si, se si continuerà cosi, avremo ancora meno preti.

  4. Don MASSIMO DE PROPRIS ha detto:

    Caro Sergio,
    grazie per questo articolo che condivido parola per parola. L’immagine del Samurai che hai usato rende molto bene la realtà della vita presbiterale che molti di noi viviamo. Le incombenze si moltiplicano, le “riforme” stentano e nel generale immobilismo che la Chiesa (italiana) sembra vivere emerge un aspetto: la mancanza di progettualità. La condizione di noi preti è quella di trovarsi sovente nella condizione di Abramo (che parte senza sapere dove andare) e raramente nella condizione di Mosè (che ha una missione precisa). Questo a lungo andare rischia di generare frustrazione, stanchezza e mancanza di fiducia nei confronti dei Superiori. Se la precarietà e la a-progettualità diventano la “cifra” dell’esistenza presbiterale, è evidente che qualcosa (forse più di qualcosa) proprio non va. Si, è tempo di muoversi. Prima che sia troppo tardi.

  5. Vera Matarese ha detto:

    Il ripensamento va fatto, ma non solo sulla missione del ‘prete’: va fatto anche sulla missione delle ‘suore’, dei ‘fratelli’, e, soprattutto, dei LAICI (uomini e donne). Finché i laici saranno solo delle marionette, senza alcuna responsabilità SOSTANZIALE e senza NESSUNA VOCE in capitolo sulla FEDE, non potremo ripensare al ruolo del ‘PRETE’ in modo onesto e nuovo. La Chiesa ha bisogno di UOMINI e di DONNE DI FEDE, prima di tutto. Solo una volta che avremo una chiesa ricca di uomini e donne di fede, potremo ripensare onestamente al ruolo dei preti. Abbiamo bisogno di FORMAZIONE VERA E RICCA per tutti, NON SOLO PER I PRETI, abbiamo bisogno di un COINVOLGIMENTO PIENO E DEMOCRATICO NELLA CHIESA per tutti, NON SOLO PER I PRETI. Solo cosi, potremo non avere preti soli e oberati.

  6. Marco Bigarelli ha detto:

    Bisogna che ci mettiamo in testa noi laici e voi cari sacerdoti che stiamo “lavorando” per la stessa “azienda, “ditta” ,”vigna” …ognuno al suo posto, ognuno con la sua mansione…… tutte dignitose…dal pulire il cortile, mettere i fiori, al predicare bene la Parola, alla formazione, al saper accogliere nuove persone ecc.

  7. Rita Bartesaghi ha detto:

    Indubbiamente la pretesa che un prete possa essere “uno,nessuno,centomila” è assurdo.
    In parrocchia ha io vedo giusto comportarsi come in casa,ognuno ha un compito e ci si riunisce a tavola,ci si correggono reciprocamente gli errori,si condividono i dubbi e…ci si sostiene a vicenda
    Oggi,ancora troppo tre o quattro donne tre della parrocchia,allontanano tutti quasi fossero loro a “possedere il prete” Attenzione,molte persone sensibili od insicure che gioverebbe,si allontanano
    E dal fuori,chi stenta a credere,fa molto rumore

  8. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Effettivamente con un carico che sembra gravare oltremisura oggi su una persona che è uomo come tutti ma generosamente si offre come ministro per Dio, al servizio dei fratelli, è comprensibile il lamento. Perché p.es. tante messe giornaliere quando i fedeli sono rari? Perché, come è accaduto al tempo di Gesù che gli apostoli erano pochissimi e hanno pensato a essere messaggeri della Parola, anzitutto, e lasciare a dei credenti laici ogni altra mansione!? Non è questo che il Sinodo sta elaborando? Perché ciò che non sembra essere sufficiente è proprio di uomini che aiutano lo spirito di altri a vivere la vita con fiducia che non si è soli, inutile il vivere, ma che esiste una vita oggi è per sempre, importante per quel Qualcuno che esiste in quanto l’ha creata, cosa bella da realizzare come ognuno vuole disponendo di doni dall’alto sempre creativi. Per questo il servizio dell’Uomo di Dio e prezioso per l’umanita

  9. Angelo Bi ha detto:

    (3a parte)
    Credo che tanto il Sacerdote debba darsi per il Popolo che gli è affidato quando questi debba pregare per il ministro che gli è donato. Solo così pecore e pastore possono camminare come un unico gregge/popolo verso il Regno.
    Ecco allora dove l’equilibrio nasce e si recupera: in una vita di preghiera; respiro di ascolto e di risposta a Colui del quale pian piano riconosciamo l’Amore, anche grazie ai Sacerdoti che ci dona.

  10. Angelo Bi ha detto:

    (2a parte)
    È ovvio, la Parola per essere annunciata ha bisogno di Sacerdoti che la incarnino vivendola sino nella sua radicalità estrema. Ma la radicalità Evangelica impone equilibrio, tempi e modi nell’esercizio della Carità e nelle diverse forme del donarsi, che la Chiesa da buona madre e maestra ci insegna, seguendo ciò che la Tradizione ci consegna sempre di nuovo.
    Anche nei Sacramenti il Sacerdote deve essere un fruitore-amministratore di una Grazia che sempre lo supera e sempre lo accompagna. Del resto è la Grazia che opera, anche nella misera misura dell’operatore che sa bene di essere solo un umile lavoratore in un ambito che non gli appartiene mai se non per il servizio da rendere.

  11. Angelo Bi ha detto:

    Ringrazio Sergio Di Benedetto per questo bell’articolo.
    È profondamente vero, di Sacerdoti generosi ce ne sono, e soprattutto nella misura in cui corrispondono al dono del loro Sacerdozio.
    Così come di laici generosi molte parrocchie possono godere del loro servizio.
    Io credo che al Sacerdote sia giusto chiedere sempre di più, ma sempre di più nella qualità della sua dedizione.
    La dedizione di un Sacerdote del resto sappiamo bene qual’è: quella di essere sempre più trasparenza del volto di Cristo. La priorità contenuta nel Vangelo è quelle dell’annuncio della Parola e dell’amministrazione dei Sacramenti.
    (1a parte)

  12. Roberto Buccarella ha detto:

    E’ necessario avere il coraggio di rivedere il diritto canonico.
    Nelle parrocchie il parroco, i sacerdoti si avvicendano per 9, 10 anni, poi vanno via e vengono altri, Chi rimane è la comunità. Rivedere il diritto canonico e responsabilizzare tutti i battezzati.
    I preti non sono dei superman. Per fortuna sono delle persone, che amano Gesù in modo particolare. Viva i preti, ma coinvolgiamo attivamente i laici, il 99% del Popolo di Dio cioè la Chiesa.

    • Stefano Nava ha detto:

      Certo é ormai obbligatorio coinvolgere i laici.
      Gli stessi laici hanno famiglia/lavoro/hobbies eppure, se vogliono, si ritagliano tempo per la comunità…

      Ma spesso anche gli stessi laici soffrono del medesimo problema dei sacerdoti… : se trovi il ‘pollo’ lo spenni fino all’osso… e via con le numerose attività che fanno capo sempre a quel o a quei ‘pochi’ laici che si dedicano alla comunità…
      … e il gatto si morde la coda… proprio perchè è veramente difficile trovare ‘gente’ che si dedica con passione agli altri…

      Se fossimo in tanti ci si potrebbe aiutare o interscambiare… ma purtroppo non è così… anche nelle migliori parrocchie…

  13. Giovanni Kirschner ha detto:

    Credo che il nodo cruciale stia diventando non tanto il sovraccarico di impegni, ma il non senso di tanti impegni che ricadono su noi preti. Non intendo solo quelli amministrativi, ma anche per esempio l’iniziazione cristiana dei bambini, sempre più svuotata di significato, o la ripetizione di testi liturgici scritti in un linguaggio che ai più risulta incomprensibile.

  14. Dino Gianola ha detto:

    Secondo me i sacerdoti dovrebbero amministrare i sacramenti, celebrare le Messe e dare ai laici compiti sia economici che amministrativi delle parrocchie, ovviamente sovrintendendo a tutti ma solo per controllo. E basta con troppi compiti extraparrocchiali come gli uffici di curia e altre mansioni che allontanano i sacerdoti dalle loro comunità. Bisogna curare maggiormente la formazione di laici preparati per i tanti compiti parrocchiali e curiali che non necessitano della presenza dei sacerdoti e dei parroci.

  15. MAURO SALVOLDI ha detto:

    Ciao, nella mia vita di 66enn, felicemente sposato da 42. Con 4 figlie, 6 nipoti e una comunità parrocchiale piena di limiti ma vivace, ho incontrato e vissuto con molti preti. Tutti, in modi anche molto diversi (e quanto è difficile cambiare parroco), hanno dedicato la loro fede e la loro vita a servizio della parrocchia. Il clericalismo sia istituzionale sia da parte dei parrocchiani che tutto si aspettano dal prete è un problema aperto. La corresponsabilità tra preti e con i laici è una prospettiva da coltivare. Difficile trovare i modi ma da perseguire sempre meglio. Il battesimo ci metterebbe sullo stesso piano , ma la concretezza organizzativa è di scelte sovraccaricare il prete e detesponsabilizza i laici. Passi se ne stanno facendo, con l’aiuto dello Spirito da continuare fiduciosi… buon cammino…

  16. Anna Rita Tracanna ha detto:

    Avrei una domanda da porre. Cosa si sta facendo per riempire di nuovo i Seminari? Quale pastorale per affascinare ed attirare i giovani al sacerdozio? Non mi è giunta notizia.

  17. Angelo Fasano ha detto:

    La realtà dei preti è che purtroppo ci sono Sacerdoti che non hanno formazione e carisma per svolgere il proprio Ministero nella Comunità parrocchiale. a lui affidato. Ragion per cui nascono nella comunità divisioni, scontri, ecc..Il Sacerdote deve assolutamente formarsi a tutte le attività Pastorali che la Parrocchia deve vivere ogni giorno , ogni momento. La mia non è uno sfogo contro sacerdoti , ma frutto di esperienze vissute nell’ ambito Parrocchiale ove ho constatato personalmente tutto quello anzidetto. Mi auguro che è giunta l’ ora di cominciare a pensare ad un accorpamento di parrocchie proprio x vivere meglio il senso di Fede di Comunione tra tutti i Cristiani. !!!

  18. Monica Brambilla ha detto:

    Dobbiamo ringraziare e pregare x i preti.Senza di loro il mondo sarebbe davvero in pericolo.Purtroppo la pandemia non ha aiutato……

  19. Dino Forte ha detto:

    Si i sacerdoti sono persone sole lo sappiamo. Hanno più comunità da gestire con il prezioso aiuto dei laici. Ma la cosa che vorrei aggiungere è che manca il contatto parroco famiglie! È importante la visita nelle famiglie della comunità per conoscere difficoltà, condividere situazioni ed incoraggiare!

  20. Angioletta Bianchi Cervini ha detto:

    Senz’altro si deve ripensare alla figura del prete, senz’altro il prete non può fare tutto, senz’altro ci sono preti carichi di lavoro e richieste, senz’altro il pericolo di burnout é reale.
    Ma quante altre persone hanno un lavoro così? Quanti altri lavoratori devono dedicarsi anima e corpo alla propria professione, finendo con problemi d’ansia, depressione, salute, pur di potere stare a galla?
    Il problema é questo: il prete è SOLO. Noi abbiamo un coniuge, o dei figli a cui sicuramente dobbiamo pensare (quindi non ci possiamo permettere di perdere il lavoro) ma che, bene o male, ci aiutano a sopravvivere emotivamente. Perché mai vige ancora questa assurda regola del celibato sacerdotale?

    • Antonio Zanolari ha detto:

      Il sacerdote non fa un un lavoro “terreno” come gli altri. È una figura voluta da Gesù per collegare la terra al paradiso, l’uomo a Dio. Non a caso ha chiesto agli apostoli di lasciare tutto per seguire lui. Come potrebbe vivere in unione con Dio e dedicarsi alla salvezza delle anime (che dovrebbe essere la priorità) un prete sposato? Persone che fanno del bene ce ne sono tante anche senza essere sacerdoti, tuttavia, secondo me, un vero sacerdote lascia tutto. La preghiera e Dio lo fanno andare avanti.

    • Aniello Natale ha detto:

      Non è questione di alla protestante o alla Evangelica. Ma al di la che ci sono sempre meno preti e meno vocazioni al ministero sacerdotale… Comunque effettivamente il diacono non è stato incentivo e dato piu spazio in tante attività spirituali nella chiesa… oltre a prepararli meglio. Ma il celibato deve essere una scelta volontaria ….nel Vangelo e nelle scritture non è previsto l’obbligo. Ma per tanti secoli i ministri di culto erano sposati. gli apostoli e scritto che avevo moglie è figli . Era solo un consiglio. Non ha senso piu oggi che un ministro di culto non abbia una propia famiglia.

  21. Guido Silurati ha detto:

    giusta disamina ma come sempre complicata e non sintetica, ma va’ bene li stesso dai. Ma, penso io, non sarebbe meglio tornare indietro (voce del metodo indietrista, sic … chi vuol capire intende)
    e fare in modo che il parroco sia messo in grado di seguire unicamente il suo originario mandato (Liturgia, dottrina, Sacramenti) ELIMINANDO i patronati, le sagre, gli aperitivi, i concerti
    e le proiezioni dentro la Chiesa, le caritas,
    l’accoglienza degli sbarcanti, la politica paesana di sagrestia dei consigli pastorali, il bilancio amministrativo, i pasti on chiesa ecc. ecc. ecc. ??? Non mi si dica che servono donne Prete perché : non vorrei mai che per il redattore fosse una scusante per introdurle alla protestante !

  22. Felice Di Iorio ha detto:

    Il Concilio Vaticano II non ha riesumato il diaconato, ha riconosciuta la sua essenza, il servizio, questo potrebbe rendere la Chiesa davvero sinodale, ma è osteggiato. È necessaria una Chiesa che viva il servizio, perché solo in quel caso c’è posto per tutti e si portano insieme i pesi. Oggi nella chiesa c’è clericalismo quindi l’articolo ha ragione. Speriamo nello Spirito Santo gli uomini sono deludenti

  23. Marco Zappa ha detto:

    Una nuova analisi, l’ennesima. L’autore non potrebbe indicare delle vie pratiche?

    • Sergio Di Benedetto ha detto:

      Gentile Marco, se seguisse il tag “parrocchia” su Vino nuovo potrà trovare molti articoli, anche con proposte concrete di ripensamento.

  24. Daniela Rossi ha detto:

    Penso che i preti dovrebbero fare SOLO i preti !
    Essere testimoni della scelta fatta per poter salvare più anime possibile.
    Il resto non devono farlo !
    Daniela

  25. Pier Aldo Colli ha detto:

    Tante buone e condivisibili osservazioni. Ma le ultime righe di Colli voglio sottolineare. Parrocchie centri sportivi e agenzie di viaggio. Poca parola di Dio annunziata conosciuta e fondamento del credere. Tutto il resto lo di può superare tralasciare o delegare , ma pregare, meditare e vivere la Parola diventa vita personale del prete e della comunità cristiana.

  26. Elena Cappelloni ha detto:

    Tutto vero. Ringraziando i sacerdoti che spendono la loro vita per la comunità (ma ci sono anche i laici che lo fanno), purtroppo esistono anche quelli che non si occupano né delle questioni pratiche (di cui potrebbero comunque occuparsi i laici) né, e questo è ciò che fa male, delle questioni spirituali. Celebrare una messa al giorno ma non accogliere con mille scuse e giustificazioni chi avrebbe bisogno di essere ascoltato o di ascoltare una parola di conforto, ecco, questo succede e fa proprio tanto male. La mia parrocchia, in questo senso, è diventata una casa privata dove ormai nemmeno si risponde più al telefono (se non è aperta la segreteria) o al campanello, perché si è disturbati. E i laici sono, per lo stesso motivo (il disturbo), boicottati nelle loro iniziative. Cosa dovremmo fare?

  27. GABRIELE COLLI LANZI ha detto:

    Osservazione interessante e condivisibile.
    Aggiungerei, senza volersi spostarsi dal tema dell’articolo, che forse lo stesso lo si può affermare anche per i laici impegnati nelle comunità parrocchiali e che magari lo sono anche in decanato, in un movimento o associazione e che moltiplicano gli incarichi.
    Fino ad essere “sempre meno che fanno sempre tutto”: come se le i fedeli impegnati fossero in numero come quelli di trent’anni fa. Vale per i Sacerdoti ma anche per i laici.
    E’ auspicabile una nuova “focalizzazione” delle nostre comunità sull’essenziale della vita di fede, “tagliando” tutto ciò che distrare forze e quindi oggi non è più sostenibile.
    Alcune parrocchie si stanno riducendo a Centri sportivi (per i ragazzi/e) e Agenzie Viaggi (per adulti/anziani).
    Poca Parola di Dio annunciata.

  28. Andrea Sperelli ha detto:

    Condivido completamente tutto.

    Ma sanno tutti che l’unica strada percorribile è quella di delegare responsabilità ai laici, ma cedere responsabilità significa anche cedere potere ed è questo lo scoglio.
    Anche se sarà inevitabile, non fosse altro che per i numeri delle nuove ordinazioni.

  29. Pietro Buttiglione ha detto:

    Nella mia Diocesi Don Luca Caprini tiene un corso per ‘catechisti (=ste) dal titolo
    Da io a noi.
    Persona che ha studiato sia la comunicazione che le dinamiche di gruppo. Ma la mia impressione é di una persona di fronte ad un ∆\vallo\fosso : lui sa che le parole tipo Grazia/Sacrificio/salvezza non parlano a qs mondo, soprattutto ai giovani.. ma non si spinge oltre.. ci sono i Teologi x questo!
    Sa che oramai il ∆ x la comunicazione tra generazioni é di 10 anni, ma come liberarsi del fardello ricevuto? Sa che la CC per definizione é da 2000 anni renitente a cambiare.. ma la giustifica ( potrebbe diversa-mente?).
    QUINDI: oberati?? forse. Ma anche DILANIATI nel vedere/capire che così non funge + e non avere il coraggio di saltare il fosso.
    PS cmq imo col ‘gruppo’ si puó allungare di poco il post-cresima. Ma il Vangelo é AD PERSONAM. Tutto da cambiare.

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