Non siamo la nostra malattia (né il male che facciamo)

Grazie (anche) a Gesù, la malattia non è più il frutto del peccato e il male non è più una prigione 'per sempre'
11 Febbraio 2024
  • Gesù guarisce il lebbroso, mosaico bizantino

Nella liturgia di oggi irrompe il tema del male e del peccato, rappresentato dalla lebbra, terribile malattia che per secoli ha terrorizzato le comunità umane.

Nella prima lettura, tratta dal libro del Levitico, si danno durissime disposizioni in caso di contagio: il malato, alle prime avvisaglie del morbo, sarà allontanato dall’abitato e vivrà segregato. Questa norma, che a noi oggi sembra disumana, era in realtà l’unica possibile tutela per evitare che la malattia si diffondesse.

Gesù, invece, ha il potere straordinario di guarire i malati, anche i lebbrosi, e così fa nei confronti di un malato che lo supplicava. Ci aiuta nella riflessione su questo brano anche un altro racconto di MarcLA malttiao (2,1-12) la cui lettura sarebbe prevista nella VII domenica del Tempo ordinario, che però quest’anno non ci sarà poiché inizia la Quaresima. Gesù guarisce un paralitico dicendogli: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. Ecco quindi il collegamento tra malattia del corpo e malattia dell’anima. La malattia rappresenta visivamente la realtà di peccato in cui siamo immersi, e Gesù realizza la parola di Dio riportata da Isaia (43, 18-19): “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?”

La “cosa nuova” realizzata da Gesù è la libertà dal giogo del peccato attraverso la misericordia. Il male compiuto non è una prigione da cui non si può uscire e le persone non sono definite solo dal loro passato ma dalla vita nuova nello Spirito offerta proprio da Cristo. Chi fa l’esperienza del rinnovamento interiore seguirà spontaneamente l’invito di san Paolo: “Fratelli, sia che mangiate sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio”. Da ogni azione della vita, anche le più quotidiane, traspare la gratitudine per il dono ricevuto.

In uno dei Fioretti di san Francesco (soprannominato alter Christus), si racconta di come il santo si pose a servizio di un lebbroso che, a causa della sua enorme sofferenza, insultava tutti, a cominciare da quelli che cercavano di prestargli delle cure, e bestemmiava rabbiosamente. Con grande dolcezza, il santo iniziò a lavargli le piaghe, che miracolosamente, a contatto con l’acqua, guarivano. E così accadde un doppio miracolo, la guarigione del corpo insieme con la guarigione  dell’anima:

E come cominciò a risanarsi il corpo, così iniziò a risanarsi l’anima, per cui il lebbroso, vedendo che iniziava a guarire, cominciò ad avere grande rimorso e pentimento dei suoi peccati, e iniziò a piangere amaramente; cosicché, mentre il corpo esternamente si ripuliva dalla lebbra tramite il lavaggio dell’acqua, l’anima si ripuliva internamente dal peccato attraverso il pentimento e  le lacrime”.

Il racconto prosegue narrando che il lebbroso guarito, poco dopo, sviluppò un’altra malattia che lo portò alla morte, ma il suo atteggiamento interiore era cambiato definitivamente e mantenne fino alla fine  la conquistata serenità d’animo.

La malattia fa parte della nostra esistenza umana, e non è provocata dal peccato come si riteneva in passato (se non  nei casi in cui sia determinata da volontari comportamenti di trascuratezza o sregolatezza), ma noi sappiamo che i nostri errori e le nostre colpe, cioè le malattie dell’anima, possono essere risanati e che possiamo accedere ad una nuova vita nella grazia, come ci ricorda il Salmo:

La grazia circonda chi confida nel Signore: gioite nel Signore ed esultate, giusti; giubilate, voi tutti, retti di cuore.

La malattia, la morte, il peccato, pur essendo inevitabilmente presenti nella nostra esperienza umana, non rappresentano però l’orizzonte ultimo delle nostre esistenze, e questo ci dà consolazione  e gioia e ci consente di vivere con  gratitudine  il nostro presente.

 

6 risposte a “Non siamo la nostra malattia (né il male che facciamo)”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Si può uscire dal peccato e questo se si ascolta la Parola di Gesù. Essa arrivando a far luce nel profondo dell ’animo umano, rivela all’ uomo se stesso e artefice di male ma anche se cambiando, capace di bene a beneficio della società tutta. Oggi la Sua Parola, per il tanto male che sembra scorrere nel mondo come lava vulcanica., appare inascoltata come il grido degli innocenti; forse la superbia del potere fa sentire l’uomo superiore, cieco non vede quanto il suo operato questo stia distruggendo il mondo che ci è stato consegnato per averne cura a diventare Terra che da lode a Dio.

  2. Paola Meneghello ha detto:

    Si deve uscire dalla categoria del peccato e del castigo.
    I mali dell’anima inevitabilmente si riflettono sul corpo, e questo vale anche per il nostro mondo malato, che riflette i nostri pensieri impuri ed inquinati, forse prima interriori che esteriori..ma ciò che salva non è il castigo, la “messa all’angolo”, ma la compassione e il perdono, e soprattutto la Cura reciproca.
    Perché questa è la prassi di Dio, se crediamo in Gesù che Ne ha dato visibilità tangibile.
    Gesù stesso si rivolge proprio agli ultimi della terra, si avvicina agli intoccabili..se fossero stati così per volontà di Dio, perché farlo?
    Ma se è il Bene che supera il male, la tenerezza e non la durezza, allora sì, Gesù poteva guarire, perché toccando le piaghe, toccava il cuore, fonte di ogni guarigione..
    Dobbiamo imparare anche noi a credere davvero che tutto parta da quanto si riescano a toccare i cuori, e farne regola di vita..non è facile, ma credo sia questo il compito più grande.

    • Franca Baronio ha detto:

      Personalmente ho constatato che per riuscire a praticare questo (anzi tutti questi) ” DOBBIAMO ” ……. serve assolutamente (pena il fallimento di tutti i nostri sforzi!) MANTENERCI CONNESSI CON IL SIGNORE CHE CI ABITA. (Santa Teresa d’Avila lo spiega così bene nel suo “Castello Interiore”…..) Questo è il “DOBBIAMO”OBBLIGATO preliminare. PRELIMINARE.

    • Mauro Mazzoldi ha detto:

      Buongiorno Sig.a Paola, probabilmente non ho capito cosa intendi per ” uscire dalla categoria di peccato e castigo” ma io le ritengo essenziali per compiere i primi assi verso il Signore. Come i bambini a cui gli sculaccioni fanno un gran bene da piccoli. Poi certo crescendo in maturità e grazia si può dare spazio a responsabilità e conseguenze. Più la fede è matura più è piccola. Grazie Mauro

    • Anna Rita Tracanna ha detto:

      Quello che dici è vero ma non in modo assoluto. Penso che Dio, come fa un buon padre terreno, a volte deve correggere un figlio che sta mettendo rami storti che destabilizzano la pianta e quindi deve usare alcune punizioni per insegnarci a vivere. Noi uomini facilmente tendiamo ad impossessarci dei doni di Dio e allora Lui attraverso una perdita o una mancanza, ci ridimensiona. Se ad esempio abbiamo idolatrato la nostra famiglia e pensiamo di essere migliori degli altri, magari una sofferenza, una malattia o un figlio che prende una brutta strada ci ridimensionano. Dio ci fa esercitare nell’umilta’ e nella carità e ci riporta alla dimensione di creatura, bisognosa di Lui e riconoscente per i doni ricevuti.

      • Paola Meneghello ha detto:

        Io credo che alla fine, conti solo quanto riusciamo ad accogliere l’altro con le sue ferite, senza giudizio, che non spetta a noi.
        Sogno e spero in un mondo dove regnino la tolleranza e la compassione, e forse il mio ideale mi porta a pensare che se tutti, fin dalle più piccole cose, provassimo a venirci incontro così come siamo, molti mali neanche nascerebbero, semplicemente perché il cuore ne sarebbe sanato, rendendoci tutti più umani.
        È da quando c’è il mondo che ci facciamo la guerra, che pensiamo a vendette per il nostro orgoglio, e stiamo andando a fondo..ecco, credo che potremmo almeno provare a cambiare strategia, seguendo proprio l’esempio di Gesù, almeno per come lo sento io..
        Un saluto a Anna Rita e a Mauro, grazie!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)