Il segno di una vita altra

Cristo chiede di deporre al centro del nostro essere, fragile e mortale, il seme della sua stessa Vita: quel Dio che è Padre, che ci genera e mette al mondo, è Colui che ci attende per essere destino e stupore.
26 Marzo 2023

Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!» (Gv 11,41b-43).
L’episodio straordinario e sconcertante riferito in Gv 11 conclude l’attività pubblica di Gesù, il suo “oggi” – carico di segni e testimonianze dell’agire di Dio in favore dell’uomo –, e apre il tempo dell’”ora” definitiva. Contesto è la Dedicazione, festa delle luci, che diviene progressiva ‘illuminazione’ del destino di chi si affida al Vangelo, attraverso i dialoghi tra i vari personaggi che entrano in scena, fino al gesto drammatico al sepolcro e alla reazione dei farisei.

Un segno, dunque: inatteso, verticale, quasi ‘strappato’ dalle mani di Cristo che non accetta logiche meccanicistiche nella relazione con il Padre. Eppure proprio questa relazione, insieme al legame profondo con Lazzaro e la sua famiglia, fa decidere Gesù. Nell’immaginario umano non c’è infatti salvezza più desiderata che dalla morte, che è sottrazione a sé e alle relazioni con gli altri. Gesù entra in questa prospettiva e accende una prima ‘luce’: Lazzaro si è addormentato, ma egli va a “risvegliarlo”. La morte biologica – destino inesorabile di ogni uomo, che Gesù riconosce – perde la sua caratteristica di confine e si muta in sonno, dentro una parola che tramuta la definitività del silenzio in risveglio (come nell’episodio della bimba risvegliata alla vita, in Marco).
Gesù mostra commozione, fremito delle viscere, turbamento e sdegno in presenza della contraddizione della morte di un amico e del dolore che ne consegue. In questo suo umano emozionarsi è Dio stesso a svelarsi come Colui che ha occhi per piangere e un cuore per rammaricarsi davanti al morire dell’uomo, di ogni uomo ‘suo amico’. Dov’è Dio quando l’uomo muore? Nel pianto che partecipa del dolore e non abbandona, che sta e non fugge, che si sdegna e non si rassegna. Cristo ne è manifestazione nella ‘carne’ della storia.

Nei gesti di Gesù non c’è un Dio che interferisce con il corso delle cose, con le cadenze drammatiche e a volte tragiche del vivere (Egli non è un idolo da invocare per ‘risolvere’): c’è la consapevolezza che occorre ‘altro’, più radicalmente, e nello stesso tempo che il segno non può, non deve essere frainteso: ecco allora il senso dei molti verbi (si recò – dove lo avete messo – togliete – ti rendo grazie – alzò gli occhi) che giungono al grido: con questo grido Gesù parla a Lazzaro, ai suoi amici, al genere umano. È grido che accompagna la nascita, non urlo di disperazione.

Ciò che emerge da questa pagina ci svela una singolare dimensione di umanità: umanità che è amicizia, premura, umanità che è vicinanza e condivisione, umanità che svela un orizzonte inedito al vivere, che oltrepassa la morte indicando un dono. Questa pagina, ma molto più radicalmente il Vangelo – nella sua interezza – si rivolge a chi vuole ascoltare: accende una luce sulla domanda se l’uomo è un ‘essere-per-la-morte’ e sorprende rispondendo che in Gesù, il Cristo, amico dell’uomo, l’orizzonte è Vita per sempre. Egli chiede di essere ospitato in una relazione vera, a tu per tu, per seminare al centro della nostra fragile mortalità il seme della sua stessa Vita. Dove conduce il nostro essere pellegrini e stranieri in questo mondo? Verso la verità di noi stessi, che non ci diamo con le nostre mani e la nostra volontà, ma solo coltivando in noi l’attesa – per mezzo di Gesù, colui che svela la nostra bellezza – di germogliare a Vita buona e autentica.

 

Una risposta a “Il segno di una vita altra”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La Parabola è Dio che parla, il suo farsi vicino ad ogni singola persona. Gesù ha dimostrato di a fare la volontà del Padre, poteva intervenire anche da distante affinché l’amico Lazzaro non morisse, ma :”ringrazio’ Dio ad alta voce perché tutti lo sentissero”” e grido’ “Lazzaro vieni fuori”. Il morto, ancora fasciato, uscì tornato a vita., quel comando gridato come gridato a ogni generazione e al singolo uomo, vieni fuori perché Dio ti ha fatto e voluto a una vita eterna. Il suo provare dolore e’ vicinanza al nostro dolore quando una persona cara ci lascia. Gesù da Risorto ha lasciato le bende e il sudario ben piegati in un angolo, questo ci testimonia della sua fisica presenza in terra, con la sua sarà anche la nostra Risurrezione dono della vita eterna se lo consideriamo “amico” come lo è stato per Lazzaro., le sorelle e la Fede in Lui.

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