Vescovo, preti, diaconi e … diacone

Su una bella esperienza sinodale, vissuta durante la settimana residenziale di aggiornamento per i ministri ordinati della diocesi di Vicenza
30 Giugno 2021

Un volto di chiesa che si rinnova.

Cercando un’espressione sintetica per dire quanto ho vissuto qualche giorno fa, non ne ho trovata una migliore di questa.

Certo, questa potrebbe sembrare un’affermazione ingenua, assai poco realistica nel bailamme di voci che ancora una volta si rincorrono intorno a vicende più o meno tristi (o inquietanti…) che toccano la chiesa e le sue strutture di governo, e che feriscono molti.

Eppure lo sappiamo: un altro volto di chiesa esiste, una chiesa che cammina e si fa spazio silenziosamente, ma con forza, nei meandri della nostra tormentata storia contemporanea.

Condivido quindi lo scorcio di panorama ecclesiale che è alla genesi della mia speranza.

 

Il 16 e 17 giugno scorso sono intervenuta come relatrice all’annuale settimana residenziale per la formazione dei ministri ordinati della diocesi di Vicenza.

Il tema era interessante: “Nessuno cuce un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio” (Mc 2,21). Per un nuovo dire e un nuovo fare del ministero nella comunità cristiana.

Lo scopo del cammino consisteva nell’accompagnare i presenti in un esercizio di lettura della propria realtà personale e comunitaria, per individuare alcune macro-coordinate su cui orientare l’agire pastorale. Le giornate erano strutturate come laboratori, così che quanti partecipavano non fossero semplicemente fruitori di una proposta frontale, ma fossero coinvolti attivamente nella ricerca, diventandone i protagonisti.

Il momento di verifica finale ha confermato la positività dell’esperienza, ma al di là delle prospettive  individuate insieme, è possibile affermare che davvero in questa settimana ha preso forma ‘carnale’ un nuovo dire e un nuovo fare del ministero: per la prima volta la diocesi aveva esteso l’invito non solo ai preti, ma anche ai diaconi permanenti, che qualora fossero coniugati erano attesi in coppia.

Il risultato è stato davvero incoraggiante: il vescovo, numerosi preti, alcune coppie diaconali, hanno ascoltato, si sono confrontati, hanno discusso, hanno dato voce alle loro idee, con naturalezza e serenità. Insieme hanno individuato alcune direttrici per orientare l’agire pastorale prossimo venturo: piccole cose da cui iniziare, sollecitazioni ad abitare consapevolmente e cristianamente il processo di cambiamento epocale in cui viviamo, che si sviluppano intorno agli snodi dell’accoglienza, della carità, della preghiera.

 

Un’altra cosa mi ha molto colpito, mentre li guardavo seduti in assemblea. Mi dicevo: “Ecco qui il ministero ordinato in pienezza: camminano insieme, il vescovo col suo presbiterio, con i suoi diaconi e le sue diacone”. Mi è venuto spontaneo chiamarle così, tra me. Ma in fondo come avrei potuto definirle? Le mogli dei diaconi? È una definizione accettabile?

Credo proprio di no, e mi spiego.

Come il ministero ordinato, anche il matrimonio è un sacramento di servizio, che imprime un carattere e che non si cancella. Ma a differenza del ministero ordinato, questo sacramento non viene conferito solo a un singolo, ma a una coppia. E’ la sua specificità: il matrimonio è l’unico sacramento che implica tre diverse libertà (Dio, la sposa, lo sposo). E la grazia sacramentale non scende separatamente sui due individui, ma agisce generando un soggetto nuovo, un NOI: l’«una sola carne» (Gen 2,24) non è in alcun modo riducibile all’unione sessuale, ma non lo è nemmeno alla carne del figlio, attraverso il quale l’unione di coppia può diventare visibile. Ripeto, con il matrimonio nasce un nuovo soggetto duale, un NOI, che come tale è chiamato a camminare nella storia e ha il dono e la responsabilità di mostrare a tutti, secondo la propria specifica vocazione, il volto del Dio cristiano (Amoris laetitia 11).

Bene. Se una metà – lo sposo – di questa unica carne, di questo nuovo soggetto, riceve il sacramento dell’ordine sacro, si può pensare che l’altra metà – la sposa – ne resti esclusa, o ne formi la parte passiva, diventando solo “la moglie del diacono”? A mio modo di vedere la cosa è impossibile. Sono davvero convinta che con l’ordinazione di uomini sposati sia tutto il NOI di coppia che si qualifica ancor più specificamente in senso diaconale.

E quindi davanti a me, il 16 e 17 giugno, non avevo vescovo, preti, diaconi con le loro mogli, ma vescovo, preti, diaconi e diacone.

E come diacone quelle donne hanno agito, partecipando integralmente e attivamente al cammino formativo.

Lo so, si aprono qui molte domande, sono in gioco questioni cruciali (antropologiche, scritturistiche, ecclesiologiche e sacramentali, teologico-pastorali …).

Ma io ho incontrato un volto di chiesa che si rinnova.

 

 

 

 

 

7 risposte a “Vescovo, preti, diaconi e … diacone”

  1. Simone Sereni ha detto:

    Con Assunta dialoghiamo da anni su queste cose. E so che almeno lei mi capirà se al suo post ho “reagito” così: https://www.vinonuovo.it/teologia/pensare-la-fede/gli-sposi-sono-gia-diaconi/ 🙂

  2. Francesca Vittoria marvit.fv@libero.it ha detto:

    Ecco dunque che se un uomo di chiesa confida nella organizzazione, si circonda di persone per allargare il raggio di influenza, non basta,Deve dare risposta a quelle coscienze, a quelle menti come Cristo ha dato, conosceva chi gli stava davanti, Se si pensa che l’aborto sia cosa grave perché lo dice la chiesa, la chiesa appare matrigna,non capisce il problema della persona, e contro la libertà di un uomo oggi diverso La chiesa oggi appare meno pietosa del politico laico, arretrata per un non credente, la violenza che si sta scatenando ormai giornaliera tra persone ha solo bisogno di nuove leggi a essere, fare presto perché è da garantire il benecomune che non è quello predicato in chiesa.Infatti è altro, deve insegnare la Verità nella quale ogni uomo guarda e trova nell’altro, per questo il “pastore” egli stesso deve farsi vicino come sta scritto di Cristo: ha aperto il rotolo e ha letto; “Lo Spirito del Signore e sopra di me, per questo mi ha consacrato………

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Se si vuole studiare perché la chiesa non è affollata, ci sono molte più domande da porsi che il “progettare” come riempirla. Sta nella sacra scrittura. Quando guardò alla -liturgia del giorno- da lettrice di lungo corso, vedo una miriade di omelie a fare approfondimento. Ma io credevo che quando un celebrante parla ai fedeli, tiri fuori dal “suo sacco la farina”,! Questo implica conoscenza, scienza, non solo da maestro spirituale ma da uno che conosce gli ascoltatori: Cristo parlava di pecore perché erano pecorai, ai dottori della legge perché dovevano istruire altri. Se il popolo era male istruito, se erano nulla per la società, vuol dire che erano cattivi maestri, male interpretavano le sacre scritture, magari questo era conveniente per interessi privati, come tanto si pensa per la politica dei nostri giorni. L’uomo analfabeta non ha una percezione che non gli viene da istruzione capisce da solo cosa è bene e cosa è male ma non ha potere.

  4. Dario Busolini ha detto:

    Cara e stimata Professoressa, davvero il suo ragionamento non fa una piega e non poteva essere espresso in maniera e con esempio migliore. Personalmente credo che per le diacone andrà a finire come per le lettrici e le chirichette: verranno riconosciute con calma solo dopo un lunghissimo periodo di sperimentazione pratica, durante il quale continueranno ad essere identificate come mogli del diacono od aiutanti del parroco o del vescovo, in mancanza di meglio.

    • Giulia de Lellis ha detto:

      Un volto di chiesa che si rinnova!
      Beato chi vede il bicchiere mezzo pieno quando è decisamente vuoto.
      L’unica cosa certa è l’autoreferenzialità di una chiesa che parla a sé stessa con l’aggiunta di qualche diacono e moglie al seguito che più che diacona è una ” perpetua di serie a”.

  5. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Ma la Chiesa è fatta da tante persone tutte originali distinte per doti e difetti accumunate però da un medesimo spirito che le fa agire ognuna dando secondo i talenti ricevuti. In politica si parla di quote rosa, qui di diacona perché moglie del diacono. In un incontro di riflessione sulla Parola da estranea, sono rimasta perplessa da come veniva commentata la sacra scrittura. L’ho manifestato al parroco, il quale ha risposto che aveva frequentato i corsi di Teologia!? Brava persona, la moglie molto attiva nelle cose parrocchiali. Ma per trasmettere la fede solo la scuola, la lezione anche libero intervento non basta. Ne è prova quanto di vuoto esiste anche nei giovani, palestrati, istruiti, nutriti di libertà eppure insoddisfatti. Forse dell’amore ci si è fatti una idea distante da quella predicata da Cristo, . E’ il suo Vangelo messo in discussione, per riguardo ad un inconcepibile adattamento al’uomo di oggi, e pietra d’inciampo perché comporta il sacrificarsi.

  6. Maria Teresa Ferrari lehnus ha detto:

    Era ora!
    Forse nella chiesa cattolica qualcosa si muove!
    Dopo decenni di attesa che la Chiesa Cattolica promuova un rinnovamento sulla scia del Vaticano II, forse qualcosa si intravvede.
    Le donne non hanno più pazienza! Le più giovani non ci sono più e se nel futuro le donne non ci saranno la chiesa che fara’?

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