Un bicchiere d’acqua ad Amorgos

Geografie della parola/1: un’isola greca e un versetto della Parola che acquista il suo senso più concreto, per provare ad annodare un tempo, uno spazio, la Scrittura.
1 Luglio 2023

Legare spazio, tempo e Parola: è questo un tentativo pensato per il tempo estivo, cercando di far risuonare una parola della Scrittura e un luogo, che di quella parola ha rivelato un significato, un’eco, un’immagine, un volto, una storia antica o recente, una sua declinazione pratica. Il filo della Parola che cuce insieme non solo vite e tempi, ma anche gli spazi del nostro mondo: da qui “geografie della parola”.

«Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca…» (Mt 10,42): c’è tutto il caldo del mondo mediterraneo in quell’aggettivo, «fresca», che unito all’acqua evoca calure estive e grande sete. Il gesto del discepolo è davvero semplice: dare ciò che è piccolo, semplice, quotidiano nel momento in cui si registra una mancanza. Per chi cammina nel mondo mediterraneo, per chi viaggia con il caldo, un bicchiere d’acqua è ciò che sostiene, ciò che segna un’accoglienza, un’attenzione. Non c’è nemmeno la richiesta: si nota il bisogno e c’è la disponibilità di un’acqua fresca, «utile e umile e pretiosa e casta», come diceva il Poverello d’Assisi, che di peregrinazioni a piedi se ne intendeva.

Mi risuonò quel versetto della Parola qualche anno fa, la prima volta che mi fermai in un’isola delle Cicladi che mi è molto cara, e che considero un angolo di Paradiso: Amorgos. Lì c’è un antichissimo e splendido monastero, abbarbicato a una roccia a picco sul mare, il monastero di Panagia Hozoviotissa. L’edificio, dell’XI secolo, entra nel suo biancore luminoso dentro la pietra marrone della montagna, mentre sotto un mare blu intenso fa da meraviglioso fondale. Si arriva a piedi, seguendo una ripida scalinata che ha più di 800 scalini, interamente esposta al sole: quando si giunge alla soglia del monastero, altre scale interne attendono il visitatore. Attorno, sulla costa, nessun villaggio, nessun rumore che non sia quello del vento e del mare.

 

La visita al monastero, in cui si venerano molte icone e soprattutto un’icona mariana, termina in una piccola stanza, dove le finestre aperte fanno entrare una piacevole brezza marina e dove un monaco accoglie i pellegrini offrendo un bicchiere (o due) di graditissima acqua fresca, insieme a un bicchierino di Rakomelo, ossia un liquore composto da raki, miele ed erbe locali. Inoltre, un dolcetto al miele ritempra le energie per la discesa.

Non importa se chi entra nel monastero è credente o non credente, pellegrino o turista, ortodosso e di altre confessioni; c’è un bicchiere di acqua per tutti, come ristoro per la salita.
«Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca»: c’è molto di evangelico in quel semplice gesto.

Lo stesso accade, sempre ad Amorgos, dall’altra parte dell’isola, dove un piccolo eremitaggio dedicato a san Giovanni Evangelista è abitato, in estate, da una eremita laica. Anche in questo luogo dello spirito si arriva solo a piedi, dopo più di un’ora di sentiero, che inizia tra le vigne e finisce tra pascoli di capre e qualche leccio. La vista è splendida, tra le montagne e il mare. Lì, la donna accoglie i pochi viandanti e offre loro un bicchiere di acqua fresca e un dolcetto. C’è un profondo silenzio nell’eremo; si gusta l’acqua contemplando il mare.
Poche volte in vita mia ho pregato con tanta pace come in quell’angolo di Mediterraneo.
Lì, davvero, millenni di storia, di fede e di natura risuonano nella Parola incarnata nell’accoglienza semplice e umana.

Lì, forse, si scorge la risposta all’eterna domanda: «Mio Dio, dov’è quel punto? Dove / nascono veramente / le preghiere?» (Mario Luzi, Angelica, III)

(ph di Sergio Di Benedetto)

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