«Il nostro approccio pratico, quotidiano, è adatto a risolvere problemi: possiamo risolvere un problema e chiudere la questione. Con il mistero, invece, non possiamo chiudere mai […]. Non possiamo pretendere di risolverlo».
È un cammino per accostarsi al mistero quello che Tomáš Halík, noto teologo ceco, propone per vivere in profondità il tempo di Avvento e i giorni del Natale nell’agile volumetto Si destano gli angeli. Avvento e Natale di un’epoca inquieta (Vita e pensiero, 2023, 122 pagine, 14€).
Per ogni domenica, per ogni solennità, è offerta una riflessione articolata, intensa, ma al tempo stesso facilmente accostabile dal lettore, secondo lo stile che Halík sempre usa nei suoi scritti. Con una caratteristica in più, questa volta: le meditazioni sono nate in forma orale, tratte dalle omelie che egli ha tenuto, durante la Messa, nella chiesa del Salvatore di Praga, la parrocchia dove opera come sacerdote.
In realtà, ad essere precisi, si tratta di riflessioni diffuse in un primo momento in Internet: durante la pandemia, come molti altri, anche Halík aveva iniziato a condividere le proprie omelie, nel tempo del confinamento, sulla rete. In seguito, molti gli hanno chiesto di non chiudere il canale della parrocchia: belle, stimolanti, di ampio respiro le sue parole, per cui non ascoltarle sarebbe stato, per tanti fedeli cechi, una perdita. Il teologo ha continuato a registrare… e da lì è nato il libro, che sfiora tanti temi affrontati con maggior agio in altri libri dell’autore. Ma ora gli affondi sono più agili, quotidiani, aiutano a leggere e rileggere il vissuto cristiano nel tempo che viviamo, cercando saldature feconde tra i misteri dell’incarnazione di Cristo e l’esistenza che spendiamo ogni giorno, tra le strade che percorriamo.
Le parole di Halík non mancano mai di apertura: la libertà del suo pensiero, il radicamento della sua fede, la fedeltà al cuore del Vangelo sono semi di speranza, luci nel passaggio che il cristianesimo sta vivendo: «anche in un’epoca di grandi trasformazioni — anzi proprio in questa — l’uomo di fede può riconoscere la voce di Dio, la presenza di Dio, la scrittura di Dio», perché «il Dio della Bibbia si manifesta nella storia, ed è in primo luogo il Dio della promessa. È il Dio di un futuro».
L’invito è ad andare passo passo verso il Natale e poi, da lì, ripartire: una riflessione per volta, una sosta per volta, soffermandosi sulla Parola e sulle chiavi che la liturgia offre per entrare in essa, provando a penetrare un poco il mistero del Bambino: «Una conseguenza del mistero dell’Incarnazione è il dato di fatto che ogni uomo, già con il suo essere uomo, tocca in qualche modo Dio, il Verbo incarnato, e questo prima ancora che conosca e riconosca Dio».
In mesi di guerra e violenze, di drammi e tragedie, che vanno a sommarsi alle fatiche private e alle gioie intime di uomini e donne, arriva la luce del Natale, che è un invito a riannodare fili di bene: «le persone che si convertono dall’egoismo all’amore, anche nelle notti buie e fredde della storia, possono brillare come la stella che ha mostrato la via per Betlemme».
Vivere l’Avvento nella sua ricchezza, arrivare al Natale con un’attenzione maggiore, un desiderio autentico di profondità, cercando di andare oltre l’«adorazione della merce nelle cattedrali del consumismo»: coordinate buone di settimane che, altrimenti, rischiamo di porre sotto il segno della frenesia, della distrazione, della superficialità.