Realizzare l’impossibile

L'ultima domenica di Avvento e la notte di Natale si sfiorano miracolosamente, come se anch'esse volessero partecipare alle nozze tra tempo ed eternità...
24 Dicembre 2023

Oggi si chiude il tempo dell’Avvento. In un certo senso, tra oggi e domani verrà svelato chi è quell’Altro di cui in queste settimane – come ogni anno – avremmo dovuto attendere l’arrivo sempre da «altrove» (M. de Certeau).

Al di là dei roboanti titoli che Lo caratterizzerebbero – Figlio dell’altissimo (Lc 1,32), Re di un regno senza fine (v. 33), Figlio di Dio (v. 35) – questo brano evangelico mi ha fatto sempre pensare a Lui come alla possibilità delle possibilità, alla sempre ulteriore possibilità, alla possibilità sconosciuta offerta quando sono finite tutte le altre possibilità conosciute (vv. 34.37).

Quando ormai siamo vecchi e sterili (v.36), oppure ancora troppo giovani e inesperti (v. 27), ecco, è arrivato il Suo momento, la Sua ora. Che consolazione, quale speranza, nel poter non dare mai per morti sé stessi o gli altri! Che responsabilità, quale fiducia, nel dover non ritardare per sempre la successione ereditaria!

Decisivo in ogni caso, come sempre, sarà l’amore. Ma non avverrà come nella frase storica di John Belushi «quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare»: qui avviene che, «quando il gioco si fa impossibile, sono i docili che cominciano a giocare».

Come nel giorno della creazione, quando lo spirito di Dio planò sul caos e lo rese cosmo (Gn 1,2), così nel concepimento di Gesù è sempre lo Spirito Santo – l’«ombra della potenza dell’Altissimo» – che vorrebbe planare e coprire il corpo di Miriam, il corpo di una donna (Lc 1,35). Come una calda e morbida coperta, come la «biocca» di cui parla il Belli (ner giorno der giudizzio), come la «chioccia» evocata dal Gesù di Matteo (23,37): facendo sbocciare dall’interno, delicatamente.

In un linguaggio mitologico – e seguendo la lezione di René Girard – potremmo dire che il racconto biblico sottrae ogni ruolo da protagonista ad un ipotetico Dio-padre violento o Dio-figlio incestuoso, per assegnare a quella energia benevola e altra che è il Dio-Spirito quello di coprotagonista.

Il ruolo di protagonista, infatti, è riservato a Miriam. Una volta chiarita la non violenza generatrice del Dio trinitario, è Maria che dà prontamente il suo consenso (Lc 1,38): ella avrebbe potuto, in quel momento o in seguito, opporre tranquillamente il suo no! È lei che si sente legittimata a porre domande, dubbi – estremamente ragionevoli (v. 34) – e ad esternare i suoi turbamenti (v.29) – in contrasto con l’allegria cui la esorta il messaggero di Dio (v.28) per la grazia ricevuta (v.30). È lei, quindi, che – pur con delicatezza – “se la gioca tutta”, avendo tutto da perdere a livello di certezze sociali, mentre il tutto da guadagnare risiedeva, come una novella Abramo, in una (terra) promessa tutta da verificare (vv.32-33.35).

Quale futuro alternativo della visione femminile e delle relazioni uomo-donna si sarebbe potuto vivere se duemila anni fa queste interpretazioni del vangelo fossero divenute dominanti! Ma perciò il vangelo ancora oggi – pensando all’oggi – è posto davanti a noi, come futuro possibile che viene da un passato in cui l’impossibile è stato reso possibile.

Che allora anche stasera possa essere il «nono mese» per ciascuno di noi; che in ogni nostra tradizione esistenziale possiamo veramente vedere nascere il germoglio di ciò che cova nei nostri desideri o sogni più profondi, tra l’impossibile e il “sosperato”: il (piccolo) Dio delle (grandi) possibilità.

 

Una risposta a “Realizzare l’impossibile”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    L affermazione “Nulla è impossibile a Dio” fatta dall’Angelo a Maria arriva a noi dopo 2000 e + anni, intatta a essere creduta. Basta guardare l’universo nel quale siamo come granellò di sabbia, la meraviglia di come è cosa viva, che ha in se regole, alle quali gli astronomi si affacciano con strumenti potenti a scoprirle. Maria ragazza di Nazareth aveva confidenza con la Fede in Dio come da Tradizione del suo popolo,; “grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente” non vi è ombra di dubbio in Lei, poiché “santo e il Suo Nome”. Egli ha guardato all’umiltà della sua serva”, e mi sembra non doversi intendere come umiltà in quanto umana, ma a un onore come essere stata prescelta quale madre del Figlio diDio Onnipotente. Papa Ratzinger amava definirsi semplice lavoratore alla vigna del Signore. Anche a noi e dato dare il ns contributo, anziche guerre mettere mano a strumenti di Pace

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