L’urgenza di un’ordinaria pastorale della cultura

Il fallimento delle Edizioni Dehoniane è l’ultimo segnale dell’assenza di una vera fiducia e di un serio investimento cattolico nella cultura, nel pensiero, nell’arte.
27 Ottobre 2021

La notizia è rimbalzata sui media qualche giorno fa: le Edizioni Dehoniane portano i libri in tribunale. Fatto doppiamente triste, non solo perché quando fallisce un giornale, una rivista, una casa editrice si registra un impoverimento, ma anche perché le Edb – nate con il Vaticano II – sono state, per il lungo post-concilio, un porto affidabile e sicuro di dialogo con il mondo contemporaneo, di ricerca, di speculazione, di riflessione, di studio in ambito cattolico. Tale notizia si unisce poi alla questione dei lavoratori, che assomma ulteriore tristezza a quanto detto.

Non voglio entrare nel merito della difficoltà che vive da anni l’editoria cattolica (anche se a settembre il settore religioso ha visto un aumento delle vendite del 21%, come si leggeva su Avvenire all’apertura della Fiera del Libro di Torino, ma sono dati anche influenzati dalla lunga pandemia), non disgiunte da quelle che vive l’editoria laica, per tanti motivi non solo legati al contesto italiano (dove, è noto, si legge poco). A ciò poi si aggiungono le fatiche delle case religiose e degli istituti missionari, tanto sul piano vocazionale quando su quello economico e ‘strategico’ (il continuo refrain del ‘fare sistema’ non appartiene al mondo religioso).
Mi preme invece provare a cogliere l’occasione per tornare su un tema già affrontato diverse volte, ossia quello del rapporto tra Chiesa e cultura, perché è indubbio che la crisi della lettura, delle case editrici, dell’arte (si parlava di kitsch pochi giorni fa) è strettamente connesso al valore che il cattolico medio e la Chiesa italiana sono capaci di dare alla cultura.

L’impressione è che, nonostante vent’anni di ‘progetto culturale’, assai muscolare e assai orientato (e forse anche per quello), molto si è perso lungo la strada, non solo nel ‘numero dei fedeli’, ma nella capacità riflessiva, nell’elaborazione del pensiero, nell’educazione alla bellezza, nella condivisione di idee e opinioni, nello studio e nella ricerca liberi e di ampia prospettiva. Salvo felici eccezioni, manca ad oggi una vera e diffusa pastorale ordinaria della cultura. Esistono eventi straordinari, come alcuni buoni festival, ma è l’ordinario che si è eclissato. Basti dire che, come più volte sottolineato, moltissime diocesi non hanno nemmeno un vicariato della cultura, non hanno un contatto e una mail, non un ufficio preposto. Quanto agisce, in questa trascuratezza, la paura di confrontarsi con il mondo moderno? Perché, per chi frequenta il mondo culturale sia intra che extra ecclesiale, sembra proprio che permanga una difficoltà strutturale a entrare in dialogo e quindi comprendere i fenomeni culturali complessi della modernità: anche in questo caso, di fronte a ciò che disorienta, troppo spesso ci si rifugia nell’apologetico o nel consolatorio, nel devozionale e del banale, nella chiusura e nell’autoreferenzialità. Impauriti dalle domande, ci piace forse martellare sulle risposte, sempre le stesse. L’intellettuale e l’artista ci piacciono quando sono molto organici o quando, essendo molto disorganici, toccano temi di fede e, in qualche modo, possiamo mettere la ‘bandierina’.

Con strabismo solo in parte comprensibile, nella normale vita delle parrocchie la cultura è relegata all’ultimo posto, dopo la pastorale liturgica, sacramentale, giovanile, caritatevole, del turismo, dello sport. Fatichiamo moltissimo a pensare, a riflettere, e discutere di alti temi con coraggio; fatichiamo a dare spazio a competenze specifiche. Nell’ordinario, ci piacciono le ‘cose culturali’ gratuite, quindi condotte da amatoriali di buona volontà. Timorosi, suggeriamo più facilmente un libro superficialmente devozionale (filone che tira tantissimo e che rischia di relegare in una sorta di infantilismo intellettuale) che uno studio, anche divulgativo, sulla Scrittura, sull’arte, sulla teologia, sulla filosofia, sulla scienza. Capita che ripetiamo slogan come rassicurazioni, senza trarne conseguenze costruttive (ad esempio: “scienza e fede non sono in contrasto”… e quindi?). Si dirà: una comunità non può far tutto. Vero. Ma qui è necessario davvero provare a fare sistema tra più comunità, far muovere le diocesi in regia… oltre i musei diocesani (salvo anche qui felici eccezioni), che spesso sono di una tristezza infinita con le loro 8 vetrine di paramenti polverosi e calici.
Una cultura cattolica viva, fresca, aperta, non archeologica nei contenuti: questo, mi pare, deve diventare un necessario polmone del nostro essere cristiani oggi. Una cultura aggiornata, attenta, non spaventata. Fiduciosa e disposta al rischio.

Qualcuno potrà vedere il pericolo dell’intellettualismo e dell’élite, immagino: ma non fare cultura seriamente, per paura che il ‘popolo di Dio’ non capirebbe, ha in sé una cattiva idea di ‘popolo di Dio’, quasi esso sia un pollo da alimentare a mangime premasticato e non puntando su ciò che è bello, vero, buono e spendibile nel XXI secolo. Non pensare a strade graduali di fruizione culturale o, peggio ancora, guardare con sospetto a tutto ciò che incentiva la riflessione critica e l’autonomia di giudizio sono pesi che mettiamo sul nostro essere abitatori del tempo in cui viviamo. O forse temiamo proprio l’autonomia di giudizio?

Mai come nelle chiese ho visto spettacoli teatrali brutti e sciatti; concerti mal suonati; mostre raffazzonate dell’artista locale con scarso talento e tanta devozione emotiva; presentazioni di libri fuori tempo. Dibattiti autoreferenziali e chiusi. Invece, mostre ben allestite, concerti ben suonati, dialoghi e confronti, spettacoli interessanti devono trovare posto nel nostro cammino di fede. Non possiamo relegare la ragione ai lati, contentandoci di poche emozioni superficiali invece che intense e costruttive immersioni nell’estetica e nel ragionamento, che diventano poi anche esperienze.
È un campo vasto, merita di essere arato: il passato della Chiesa ha testimonianze mirabili di cultura ai più alti livelli, a cui ci siamo troppo facilmente disabituati. Rischiare, mettendoci anche del denaro, investendo in formazione e in cammini graduali. Dare spazio anche ai laci quando scrivono libri belli ed evitare l’apologetica stantia. Non guardare con sospetto chi studia e domanda, chi approfondisce, chi pratica l’arte, ma valorizzare talenti, carismi e doni. Usare linguaggi comprensibili.
Questa della crisi della cultura ordinaria in ambito ecclesiale, mi pare, è un’altra urgenza del nostro cammino quotidiano di cristiani.

5 risposte a “L’urgenza di un’ordinaria pastorale della cultura”

  1. Giovanni Giorgio Venzano ha detto:

    Se la Chiesa si identifica col clero – clericalismo, è bastato un ridimensionamento del numero dei preti per mandare in crisi l’editoria cattolica, oltre le concause succitate. Se, per forza di cose, si affideranno ai laici, a tempo pieno, retribuiti, con personale responsabilità, i compiti amministrativi, può succedere che a partire dalla cura del patrimonio ecclesiale che dà l’impronta al nostro paesaggio urbano e rurale, si recuperi la dimensione ecclesiale di “popolo di Dio” con fecondissime conseguenze nella cultura e nella maturità di fede.

  2. Carlo Pellegrino ha detto:

    E’ sicuramente spiacevole leggere notizie come queste e vedere la fine di una bella esperienza come quella delle EDB.
    A me viene una domanda: non è forse giunto il tempo di metterci a servizio del popolo di Dio e del suo incontro col Vangelo del Regno, piuttosto che di progetti culturali, catechistici, teologici, episcopali, papali…? La gente comune, noi ‘cristiani e preti da cortile’, di cosa ha bisogno per seguire Gesù?
    Si tratta, a mio avviso, di percorrere la strada del servizio umile, nascosto, disinteressato…
    Si tratta, a mio avviso, di non dare mai per scontato che stiamo servendo il Regno di Dio e domandarci se siamo docili allo Spirito Santo.
    Carlo Pellegrino, missionario a servizio di una chiesa in uscita.

  3. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Il bravo Giorgio Zanchini l’altro gg presentava Montanari, Rettore a Siena, un Uomo di valore, che in un libro parla di Chiese chiuse, ma aperte a ladri, ecc. Tanti soldini necessari che nn ci sono più, che una volta c’erano e si faceva mecenatismo.. ma dono cose che, vedo,qualcuno qui non capisce, neanche dopo Unitalsi.
    Torno al tema e sparo che oggi cultura è FB, specie se si usa la accezione da me preferita: ciò che mette insieme.
    L’altro gg. X motivi personali mi sono spazzolato i gruppi su Gesù. Immagini alla Kowalska, postatori al limiti del new age, insomma s mio avviso cose della quali il buon Gesù dovrebbe vergognarsi.
    Dopo aver scritto… Una domanda sorge:
    Ci sono cose vicine a noi di cui NON dovrebbe?
    PS x sig. Del Bono,: nel passato ancora di più.. studiasse…😅🙃

  4. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Non vi chiedete mai perche’la Chiesa del passato, quella che sprezzantemente definite pre-conciliare, ha indotto la grande arte, architettura, scultura, musica , ha ispirato poeti, immortali capolavori in tutti i campi della cultura ,e la chiesa post-conciluare invece produce obbrobri architettonici, ha distrutto la musica sacra, e tolto ai fedeli ogni gusto artistico e ogni educazione al bello e alla cultura ? la grande bruttezza e poverta’ intellettuale attuale e’uno dei motivi che tiene ben lontana la gente dalle chiese
    Magari rileggersi le parole del Vangelo:dai loro frutti lì riconoscerete….

    • Mauro Lucchesi ha detto:

      Mi pare po’ avveduto date le colpe al concilio quando la crisi nell’arte liturgica non ha saputo elaborare nulla dal barocco e l’architettura di chiese ha ripetuto un modello scherotizzato e imitativo (v neo romanico). Sarebbe ora di capire che è il linguaggio e la cultura che sono cambiati da due secoli e i cristiani non hanno saputo dire nel linguaggio corrente se non ripetere forme passate e negare il presente

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