L’instrumentum laboris per il Sinodo sulla Chiesa sinodale: ascolto dei contesti e discernimento delle primizie

Lo strumento di lavoro per il prossimo sinodo si pone già a livello di struttura del testo sotto l'egida del Concilio Vaticano II e, nello specifico, di "Gaudium e t spes". Che sia di buon auspicio?
7 Luglio 2023

Il 20 giugno è stato reso pubblico, per ovvie «ragioni di trasparenza», l’atteso Instrumentum laboris (IL) per la Prima Sessione (ottobre 2023) del Sinodo sulla Chiesa sinodale (la seconda sessione, ricordiamolo, si svolgerà nell’ottobre 2024): più un «sussidio pratico» (con «una prima comprensione della dimensione sinodale della Chiesa») che «una prima bozza del Documento Finale dell’Assemblea sinodale, da correggere o emendare», i cui «destinatari» sono i membri («non [solo] vescovi»!) della prossima assemblea sinodale, ma anche le Chiese locali per «favorire la partecipazione alla dinamica sinodale» attraverso «la realizzazione di iniziative ecclesiali» (§10).

È un testo che consta di una premessa e di due «sezioni» (A e B – quest’ultima con 5 schede di lavoro) che «corrispondono all’articolazione dei compiti delle Assemblee continentali (e quindi ai contenuti dei relativi Documenti finali)»: 1) «procedere a una rilettura del cammino percorso durante la prima fase, in modo da enucleare che cosa la Chiesa di ciascun continente avesse appreso dall’esperienza fatta»; 2) «operare un discernimento delle risonanze prodotte nelle Chiese locali del continente dal confronto con il DTC, allo scopo di individuare le priorità su cui proseguire il discernimento» (§13).

1 – La premessa sembra rispecchiare al suo interno le due sezioni ed infatti in essa si ripercorre, innanzitutto, il «percorso sinora compiuto» (§1-2), precisando che l’IL è stato redatto «sulla base di tutto il materiale raccolto durante la fase dell’ascolto, e in particolare dei Documenti finali delle Assemblee continentali» (§3), perché in essi risuonano «le peculiarità delle situazioni» ecclesiali nel mondo: guerre, cambiamenti climatici, disuguaglianze economiche, colonialismo culturale, persecuzioni, migrazioni, pluralismo culturale, secolarizzazione, abusi di ogni tipo (§4). Questo «ascolto profondo» del «contesto variegato» – del «là dove» si trova il popolo di Dio – dovrà proseguire nella sessione autunnale, pena il venir meno della «concretezza» dell’interrogativo di fondo su come far crescere una Chiesa sinodale (§5). Ma proprio per questa stessa «ricchezza» della «molteplicità di documenti» relativi alla prima fase di ascolto («DP, sintesi delle Chiese locali, DTC e Documenti finali delle Assemblee continentali»), viene stabilito che «i Membri del Sinodo sono invitati a tenere presenti i documenti precedenti (…) come strumenti per il loro discernimento (…) per non smarrire la concretezza e le sfide dei differenti contesti» (§9). Non a caso si parla di «assumere come punto di riferimento privilegiato la Chiesa locale, in quanto luogo teologico in cui in concreto i Battezzati fanno esperienza di camminare insieme», pur all’interno delle «relazioni che la uniscono a tutte le altre, incluse quelle, del tutto speciali, con la Chiesa di Roma» (§11 – con esplicito riferimento nel §12 a LG 23). Soprattutto, si «richiede di tenere conto della loro varietà e diversità di culture, di lingue e di modalità espressive», in quanto queste ultime «possono avere risonanze e connotazioni molto differenti nelle diverse aree linguistiche e culturali, in particolare quando in alcuni luoghi un termine viene associato a precise impostazioni teoriche o ideologiche», così da far apparire come «divisivo» ciò che invece sarebbe finalizzato ad «una migliore comprensione» (§12). In questa preoccupazione, se non l’eco diretta, risuona almeno la comprensione indiretta della fondamentale problematica trattata in EG 41, su cui attiravo l’attenzione qui (al termine dell’articolo).

Nella premessa, poi, si esplicitano i «frutti raccolti» nella prima fase del processo sinodale: la «gioia» dell’incontrarsi in modo «sincero e cordiale»; il «dono» reciproco tra chiese locali della «ricchezza» delle differenti vocazioni, culture, espressioni liturgiche o carismatiche e tradizioni teologiche, affinché queste ultime vengano valorizzate a vicenda (con esplicito riferimento a LG 13); la scoperta di interrogativi e tensioni «condivisi», riguardo ai quali, rispettivamente, bisognerà «discernere a quale livello è più opportuno affrontare ciascuno di essi», e comunque «non esserne spaventati, né cercare di risolverle a tutti i costi, ma impegnarci in un costante discernimento sinodale» affinché divengano «fonti di energia e non [di] polarizzazioni distruttive» (§6); il «profondo desiderio» di essere e diventare una Chiesa dall’«identità» e dalla «vocazione» sempre più sinodale, «consapevoli che questo cammino si compirà nell’ultimo giorno», quando Ap 7,9-10 vede «una Chiesa in cui regna perfetta comunione tra tutte le differenze che la compongono [e] che vengono mantenute» (§7); infine, rispetto a tutto ciò, l’«entusiasmo (…) senza ingenuità» e «la sorpresa (…) di fronte a qualcosa di inaspettato, di più grande del previsto (…) non solo a livello individuale, ma coinvolgendo e dinamizzando l’intera comunità», rappresentato dal «ricevere un orizzonte di speranza», nel quale «problemi, resistenze, difficoltà e tensioni non vengono celati o dissimulati, ma individuati e nominati grazie a un contesto di dialogo autentico che rende possibile parlare e ascoltare con libertà e sincerità» o «affrontare questioni che spesso vengono poste in chiave rivendicativa o per le quali nella vita della Chiesa di oggi manca un luogo di accoglienza e discernimento» (§17), ossia di «riconoscimento del proprio valore che testimonia l’amore del Padre per ciascuno dei suoi figli e delle sue figlie» (§22) .

2 – Alla luce della convinzione che lo scopo del processo sinodale «“non è produrre documenti, ma aprire orizzonti di speranza per il compimento della missione della Chiesa” (DTC 6)» (§3), diventa molto interessante la modalità attraverso la quale vengono articolate alcune delle priorità, o meglio delle primizie raccolte nella prima fase: «non in forma di asserzioni o prese di posizione» ma «come domande rivolte all’Assemblea sinodale» (§10), proprio per evidenziare il fatto che esse «sono cariche dei nomi e dei volti di coloro che vi hanno preso parte, testimoniano l’esperienza di fede del Popolo di Dio e recano perciò l’impronta di un significato trascendente», «indicano un orizzonte e invitano a compiere con fiducia ulteriori passi per approfondire la pratica della dimensione sinodale della Chiesa» (§11). Perciò queste domande «come primo passo richiedono ascolto e attenzione, senza precipitarsi a offrire soluzioni immediate» (§29), ma soprattutto il loro «peso (…) non è un fardello personale di chi occupa determinati ruoli, con il rischio di esserne schiacciato, ma un compito dell’intera comunità, la cui vita relazionale e sacramentale è spesso la risposta immediata più efficace» (§30).

Approfondendo la premessa stessa: 1) nella sezione A dell’IL (“Per una Chiesa sinodale”) si provano «a raccogliere i frutti della rilettura del cammino percorso», enucleando «una serie di caratteristiche fondamentali o segni distintivi di una Chiesa sinodale», evidenziando su tutte il «modo di procedere» ormai noto come «conversazione nello Spirito» (§14); 2) nella sezione B dell’IL (“Comunione, missione, partecipazione”) si esprimono, come già anticipato, «in forma di interrogativo le tre priorità che con maggiore forza emergono dal lavoro di tutti i continenti» e, per ciascuna di esse, «cinque Schede di lavoro che consentono [ai gruppi di lavoro dell’assemblea sinodale] di affrontarle a partire da prospettive diverse» (§14). Tutto ciò, però, lo vedremo in modo più approfondito nel prossimo contributo.

Per ora basti concludere con «l’impegno» (§8) al discernimento – anch’esso duplice – che ne deriva per l’assemblea sinodale, la quale sulle «tre priorità» e «sui frutti di questa rilettura (…) sarà invitata a reagire con lo scopo di precisarli e affinarli» (§14; vedi anche §19), cercando di «mantenere la tensione tra lo sguardo di insieme (…) e l’identificazione dei passi da compiere, necessariamente concreti», per «aprire la Chiesa tutta all’accoglienza della voce dello Spirito Santo» (§16). Interessante notare qui l’ulteriore riferimento al Concilio Vaticano II, nello specifico alla Gaudium et spes, la cui «articolazione (…) “consta di due parti”, diverse per indole e focalizzazione [una più generale/universale, l’altra legata ai problemi più urgenti – ndr], “ma è un tutto unitario” (GS, nota 1)» e perciò «potrà da questo punto di vista essere di ispirazione per i lavori dell’Assemblea» (§16).

Se la sinodalità – quale «processo dinamico di parola costruttiva, rispettosa e orante, di ascolto e di dialogo» – «ha cominciato così a incarnarsi in un’esperienza concreta (….) “dall’interno”» (§18), si comprende perché l’«obiettivo» del Sinodo sulla Chiesa sinodale  è quello «di rilanciare il processo e di incarnarlo nella vita ordinaria della Chiesa, identificando su quali linee lo Spirito ci invita a camminare con maggiore decisione come Popolo di Dio» (§3) «per continuare a crescere come Chiesa sinodale» (§10). Ciò comporta che «solo» quando l’assemblea sinodale «sottoporrà al Santo Padre» questi «ulteriori e autorevoli elementi, su cui le Chiese locali saranno chiamate a pregare, riflettere, agire e dare il proprio contributo», potremo dire che «si completerà quella particolare dinamica di ascolto in cui “ciascuno ha qualcosa da imparare. Popolo fedele, Collegio episcopale, Vescovo di Roma: l’uno in ascolto degli altri; e tutti in ascolto dello Spirito Santo, lo ‘Spirito della verità’ (Gv 14,17), per conoscere ciò che Egli ‘dice alle Chiese’ (Ap 2,7)”» (§10). Sempre che si desideri ancora imparare qualcosa dagli altri e dall’Altro

 

Una risposta a “L’instrumentum laboris per il Sinodo sulla Chiesa sinodale: ascolto dei contesti e discernimento delle primizie”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    Capisco che il Sinodo è sun-interno e dobbiamo elevare al Cielo tante grazie che non si riduca ai soli Clerici ( ok.. senza Antonella..🥴. Ok con ben poche frange.. limitate e contingentate..)
    MA
    Il Mondo dove sta?
    Sicuramente fuori..
    Magari su qualche news..
    Che perverranno a ben pochi..
    Il Mondo è fuori.
    E non è morto, come forse tanti dentro.

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