Francesco: un Papa «che umanizza»

Quanto coraggio ci vuole per ascoltare in silenzio con il cuore in ginocchio? Per discernere le nostre e altrui emozioni interiori? Per scegliere di uscire dai nostri labirinti e andare verso l’altrove?
22 Dicembre 2023

Gli auguri natalizi di Papa Francesco trasudano umanità da ogni frase. Vogliamo allora presentarli esclusivamente dal punto di vista di questa umanità. In fondo, sia chi è credente sia chi non lo è sa che, per dare un senso religioso a questi auguri, si devono aggiungere i riferimenti all’«amore del Padre», a «Gesù», allo «Spirito Santo», al «Natale», a «Maria», a «Giovanni Battista», ai «Magi», allo «spirito evangelico» e alla «vita spirituale». Ma oggi, forse, è importante anche sostare un attimo di più su questo umanesimo comune ancora da perfezionare, se non da raggiungere, ciascuno dal suo punto di vista, ciascuno con un proprio cammino:

«Il Mistero ridesta il nostro cuore allo stupore di un annuncio inatteso: la luce ha squarciato per sempre le tenebre del mondo. Abbiamo bisogno di ascoltare e ricevere sempre questo annuncio, soprattutto in un tempo ancora tristemente segnato dalle violenze della guerra, dai rischi epocali a cui siamo esposti a causa dei cambiamenti climatici, dalla povertà, dalla sofferenza, dalla fame e da altre ferite che abitano la nostra storia».

«Ascoltare, infatti, non si riferisce soltanto all’udito, ma implica il coinvolgimento del cuore e quindi della vita stessa. Ascoltare con il cuore è molto più che udire un messaggio o scambiarsi delle informazioni; si tratta di un ascolto interiore capace di intercettare i desideri e i bisogni dell’altro, di una relazione che ci invita a superare gli schemi e a vincere i pregiudizi in cui a volte incaselliamo la vita di chi ci sta accanto».

«Ascoltare “in ginocchio” è il modo migliore per ascoltare davvero, perché significa che non stiamo davanti all’altro nella posizione di chi pensa di sapere già tutto, di chi ha già interpretato le cose prima ancora di ascoltare, di chi guarda dall’alto in basso ma, al contrario, ci si apre al mistero dell’altro, pronti a ricevere con umiltà quanto vorrà consegnarci».

«A volte, anche nella comunicazione tra di noi, rischiamo di essere come dei lupi rapaci: cerchiamo subito di divorare le parole dell’altro, senza ascoltarle davvero, e immediatamente gli rovesciamo addosso le nostre impressioni e i nostri giudizi. Invece, per ascoltarsi c’è bisogno di silenzio interiore, ma anche di uno spazio di silenzio tra l’ascolto e la risposta. Non è un “ping pong”. Prima si ascolta, poi nel silenzio si accoglie, si riflette, si interpreta e, soltanto dopo, possiamo dare una risposta. Tutto questo fa scendere dal piedistallo il nostro egocentrismo, ci educa all’ascolto dell’altro e genera in noi il silenzio della contemplazione».

«Impariamo la contemplazione stando in ginocchio con il cuore! C’è bisogno di imparare l’arte dell’ascolto, occorre riscoprire il valore delle relazioni, e cercare di spogliarle dai formalismi, anzitutto ascoltandoci a vicenda. Con il cuore e in ginocchio. Ascoltiamoci di più, senza pregiudizi, con apertura e sincerità; con il cuore in ginocchio. Ascoltiamoci, cercando di capire bene cosa dice il fratello, di cogliere i suoi bisogni e in qualche modo la sua stessa vita, che si nasconde dietro quelle parole, senza giudicare. È tutto un lavoro per capire bene l’altro. E lo ripeto: ascoltare è diverso da udire. Camminando per le strade delle nostre città possiamo udire molte voci e molti rumori, eppure generalmente non li ascoltiamo, non li interiorizziamo e non ci restano dentro. Una cosa è semplicemente udire, un’altra cosa è mettersi in ascolto, che significa anche “accogliere dentro”».

«L’ascolto reciproco ci aiuta a vivere il discernimento come metodo del nostro agire. Questa arte ci spoglia della pretesa di sapere già tutto, dal rischio di pensare che basta applicare le regole, dalla tentazione di procedere semplicemente ripetendo degli schemi, senza considerare che il Mistero ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e restano sempre superiori alle idee e alle teorie. La vita è superiore alle idee, sempre. Abbiamo bisogno di praticare il discernimento, di interrogare le mozioni interiori del nostro cuore, per poi valutare le decisioni da prendere e le scelte da compiere: “il discernimento è ben altro dalla puntigliosità meticolosa di chi vive nell’appiattimento legalistico o con la pretesa di perfezionismo. È uno slancio d’amore che pone la distinzione tra buono e migliore, tra utile in sé e utile adesso, tra ciò che in generale può andar bene e ciò che invece ora bisogna promuovere… La mancata tensione per discernere il meglio rende spesso la vita monotona, ripetitiva: si moltiplicano azioni, si ripetono gesti tradizionali senza vederne bene il senso” (C.M. Martini)».

«Il discernimento deve aiutarci ad essere docili, per poter scegliere gli orientamenti e prendere le decisioni non in base a criteri mondani, o semplicemente applicando dei regolamenti, ma (…) provocando un vero e proprio esodo da noi stessi e mettendoci in cammino verso la pienezza della vita: un atteggiamento che non vuole confermare le nostre sicurezze, farci accomodare in facili certezze, regalarci risposte veloci ai complessi problemi della vita. Al contrario, ci mette in viaggio, ci trae fuori dalle nostre zone di sicurezza, mette in discussione le nostre acquisizioni e, proprio così, ci libera, ci trasforma, illumina gli occhi del nostro cuore per farci comprendere come “il desiderio crea un eccesso. Eccede, passa e perde i luoghi. Fa andare più lontano, altrove” (Michel de Certeau)».

«È importante non smettere di cercare e di approfondire la verità, vincendo la tentazione di restare fermi e di “labirintare” dentro i nostri recinti e nelle nostre paure. Le paure, le rigidità, la ripetizione degli schemi generano staticità, che ha l’apparente vantaggio di non creare problemi – quieta non movere –, ci portano a girare a vuoto nei nostri labirinti. Restiamo vigilanti contro il fissismo dell’ideologia, che spesso, sotto la veste delle buone intenzioni, ci separa dalla realtà. Siamo chiamati a metterci in viaggio e camminare seguendo la Luce che vuole sempre condurci oltre e che talvolta ci fa cercare sentieri inesplorati e ci fa percorrere strade nuove. Non dimentichiamo che dai labirinti si esce solo “da sopra” e che il viaggio inizia sempre “dall’alto”. Perciò, quando il servizio che svolgiamo rischia di appiattirsi, di “labirintare” nella rigidità o nella mediocrità, quando ci troviamo ingarbugliati nelle reti della burocrazia e del “tirare a campare”, ricordiamoci di guardare in alto per trovare sempre il coraggio di ripartire».

«Ci vuole coraggio per andare oltre. È questione di amore. Ci vuole coraggio per amare. Si fa fatica a riaccendere le braci sotto la cenere. La fatica, oggi, è quella di trasmettere passione a chi l’ha già persa da un pezzo. La vera differenza centrale è tra “innamorati” e “abituati”. Solo chi ama può camminare. Coltiviamo allora l’ascolto del cuore, imparando ad accoglierci, ad ascoltarci tra di noi; esercitiamoci nel discernimento; e restiamo sempre in cammino, con umiltà e stupore, per non cadere nella presunzione di sentirci arrivati e perché non si spenga in noi il desiderio. E per favore, mi raccomando, non perdiamo il senso dell’umorismo, che è salute! Auguri di un Santo Natale, anche per i vostri cari!» (Papa Francesco, Discorso alla Curia romana per gli auguri natalizi).

 

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