Il senso (confuso?) del religioso

E se l'avvento di Dio avvenisse proprio nelle nostre, confuse, attese?
1 Dicembre 2022

«Rabbi, papa, lama, imam, bibbia, dharma, sura, torah, pane, vino, kosher, hallal, yom kippur, quaresima, ramadan».

Più o meno note, più o meno già sentite, queste parole ci raccontano di pratiche, riti e modi di vivere dallo stretto carattere religioso (cristiano, islamico, ebraico o quale che sia). A un orecchio attento, tuttavia, questa precisa successione indica il ritornello di una canzone composta dal rapper italiano Michele Salvemini, in arte Caparezza, dal titolo Confusianesimo, uscito nel 2017 nell’album Prisoner 709.

È nota la distanza tra Caparezza e il mondo religioso. Non può, quindi, non suscitare interesse il brano così come si presenta. Il contesto nel quale la canzone, e più in generale l’intero album, è stata composta, appare rilevante. L’immagine della prigione, infatti, rimanda a una temporanea chiusura del cantautore nella propria dimensione interiore, una vera e propria crisi, determinata, tra l’altro, dal problema dell’acufene, che ha colpito Caparezza nel 2015 e ne ha segnato, inevitabilmente, la produzione musicale.

Ebbene, è proprio in queste situazioni di smarrimento che la religione da sempre può essere un’ultima spiaggia su cui cercare riparo. Nel caso di Caparezza, al contrario, si è rivelata (insieme ad altre esperienze) un fallimento totale. Il testo, infatti, ci offre una sorta di fenomenologia della religione, una lettura ragionata dei fenomeni propri del mondo religioso quando in realtà non liberano, non danno conforto, ma semplicemente imprigionano l’essere umano.

Così recita il finale della canzone: «C’è una scienza dietro le religioni. / Il testo epico, l’impianto scenico. / Nuove barriere, nuove prigioni. /Non mi immedesimo, Confusianesimo». Emblematica ed efficace. Ci sono elementi ricorrenti, “impianti” ben precisi che costituiscono una religione. «Il testo epico», ovvero un libro sacro, della scritture; «l’impianto scenico», una liturgia, dei riti, delle celebrazioni. Tutto questo però aiuta solo a costruire «nuove prigioni», non porta alla pace e alla comunione ma a nuove divisioni (possiamo davvero dargli torto?). Alla fine, non resta che una cosa da fare: rimanere fedeli a sé stessi, non immedesimarsi con gli altri e seguire il proprio “credo”, il confusianesimo.

Potremmo però chiederci, a questo punto: quale esperienza, quale visione della religione può portare a una simile conclusione? Da dove prende le mosse il nostro cantautore?

In primo luogo, il brano ci riporta il motivo, per così dire, che ha spinto l’autore a interessarsi dell’argomento: «Forse sarà l’età, / ma voglio un culto da osservare per essere libero di privarmi della mia libertà, / che poi dicono, “Vivi male, vivi male. / Per te ci vuole un ministero dell’interno, non quello del Viminale, Viminale”. / Vorrei passare per un tipo spirituale, come fare? / (Seguo tutte le religioni, tutte le religioni)». Ecco, in sintesi, la domanda e l’offerta. A fronte di un problema, emerge la necessità (almeno apparente) di cercare un culto, una chiave d’accesso alla mia interiorità, qualcosa a cui vincolare la mia libertà e che in cambio mi assicura (o almeno dovrebbe) una vita buona, evitando così di “vivere male”.

Da qui, inizia un mosaico, un susseguirsi di immagini, esempi, rimandi più o meno sarcastici e ironici, al mondo delle religioni, nessuna esclusa. Si va dal classico: «Col divino in simbiosi / cambio il vino in cirrosi […] con il gregge di Pietro / mi percuoto con i chiodi», al più originale: «Poi Buddha dice che l’inferno è dentro, / sarà vero, deve avergli fatto effetto l’Habanero». E ancora: «Al muro del pianto col volume sulla mano / oscillo come Guetta con la mano sul volume dell’impianto», senza dimenticare: «Sotto il minareto faccia a tappeto, Apollo Creed. / In Jamaica credo, mi faccio un dreadlock, rollo weed». Dal cristianesimo all’ebraismo, dall’islam ai culti orientali, tutti sono chiamati in causa e nessuno sembra offrire quello che promette o, per lo meno, quello che “servirebbe”.

Se questa, tuttavia, è la parte legata al “fenomeno”, quale logica emerge da questo brano? Come una canzone ironica, quasi di denuncia e di derisione, verso la religione, può offrire qualcosa di istruttivo proprio in chiave religiosa, e magari persino cristiana?

Dal nostro punto di vista, il fulcro sta proprio in questo: Caparezza ha ragione. Se la religione viene intesa in questo modo, essa effettivamente non serve a nessuno. Ministeri, oggetti, cose, tempi non sono in grado, in sé e per sé, di offrire all’essere umano quel compimento che pure egli da sempre ricerca e a cui sempre anela.

Qual è, allora, l’anello mancante?

Il coinvolgimento personale. Il senso della religione emerge solo laddove essa custodisce una verità, una realtà che dice qualcosa della mia vita, che mi chiama in causa in prima persona affinché io mi affidi ad essa e trovi così il significato del mio esistere.

È vero, ogni religione porta con sé qualcosa di concreto, forse troppo concreto, e che tuttavia è indispensabile perché solo nella storia, nell’atto, nella realtà noi possiamo trovare accesso (simbolico) a quella verità pratica che custodisce e dà origine alla nostra umanità. Noi siamo corpo, siamo storia, e solo così, come corpi e come storia, possiamo realizzarci. Per questo parliamo di una verità pratica, perché solo nella prassi possiamo riconoscerla, accoglierla e viverla.

Non sono il pane e il vino, in sé, a comunicare il dono d’amore che è l’esistenza stessa di Gesù; non è il partecipare passivamente alla “recita eucaristica” che mi comunica “quasi magicamente” l’amore di Dio per la mia vita. L’eucaristia ha senso solo se in essa, in quel gesto, riconosco il manifestarsi (simbolico) del senso della mia vita, che mi invita e mi interpella affinché ne viva ogni giorno. Allora sì che potrà dirmi e forse anche darmi qualcosa.

«Privarmi della mia libertà», dicevamo in apertura. È vero, la religione offre una forma che vincola la mia libertà, ma proprio perché quella verità che la religione vuole aiutarmi a vivere non dipende da me, non è a mia immagine e somiglianza, non è frutto del mio desiderio e delle mie necessità. Il rito strutturato, la Scrittura canonica, i tempi stabiliti, i luoghi sacri delimitati mi dicono che lì si dà una verità che non dipende da me, che lì mi è offerto un senso, una salvezza che necessita del mio riconoscimento, della mia accoglienza ma che mi è radicalmente indisponibile.

Per vivere del bene che nasce dal miracolo, è indispensabile riconoscerlo come tale (e non, ad esempio, come un gesto demoniaco) ma la sua origine non dipende da me, io posso solo accoglierlo, crederci e viverne. D’altro canto, non voleva dire forse questo Gesù quando affermava che il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato? Il fine, infatti, non è avere un fedele rispettoso della forma, ma una forma vissuta dal fedele come ciò che solo gli può dare accesso concreto, esperienziale, alla verità sempre sorprendente della propria vita.

 

4 risposte a “Il senso (confuso?) del religioso”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    Questo testo, e il comento di Paola, sono
    F o n d a m e n t a l i.
    È fondamentale la domanda che qualsiasi ‘postulante’ ci pone:
    Xchè dovrei credere che solo TU detieni la Verità ( extra Ecclesiam..)quando lo stesso mi dicono le altre Religioni??
    La mia risposta : TUTTE hanno luci di Verità
    E aggiungerei:
    Ma la vera Verità sta nel tuo desiderio di Verità. Vai avanti!
    L’altro punto, fondamentale, è il rifiuto della GABBIA.
    Stefano scrive;
    “….È vero, la religione offre una forma che vincola la mia libertà,…. Che non dipende da me, non è a mia immagine…. ( cut x lunghezza) una salvezza che necessita del mio riconoscimento, della mia accoglienza ma che mi è radicalmente indisponibile.”
    Non sono d’accordo ( e lo specifico nel mio libro). Tutto in Gesù Cristo aspira alla mia libertà. Ditelo alla CC, senza libertà della Persona .. Cristianesimo non datur!🤣😅

    • Gian Piero Del Bono ha detto:

      Noto che per alcuni la Chiesa cattolica dovrebbe assomigliare sempre piu’ alla Massoneria: secondo la Massoneria,che non e’ altro che gnosticismo, tutte le religioni sono equivalenti per cui non importa che tu sia buddista o cattolico o musulmano o induista o seguace di Mitra , basta che creda in un Grande Architetto dell’ Universo.l e nelle verita’ generali dello gnosticismo.
      Purtroppo per costoro ,nei Vangeli Gesu’ e’ stato su questo molto chiaro : chi crede in ME avra’ la vita eterna ,chi non crede in me non avra’ la vita eterna.
      Non risulta, dai Vangeli, che Gesu’ abbia detto : potete credere in Zeus o in Dioniso, o in Iside, in Baal, o in Moloch o in chi vi pare, tanto e’ lo stesso. No, ha detto proprio che bisogna credere in LUI.
      Ma oggi molti cristiani non sanno neppure piu’ chi e’ Cristo….

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    il cantante ha messo le note a un suo pensiero nei confronti delle fonti religiose, esprime pareri che denotano come non abbia n ora trovato ciò che cerca. del perché il pane e il vino, sono corpo e sangue di un Dio vivente che tale per essere sempre vicino all’uomo, e l’uomo entra in contatto con la divinita. E’ vivendo il suo Vangelo che si scopre cio che insegna, non Si perde nessuna libertà anzi si conserva la propria nelle scelte che liberamente la persona decide di se E’ necessario però fare questa esperienza per comprendere cosa è “pane e vino” vita spesa per amore, vivendo la Parola è una scelta personale. “Voglio un culto da osservare chiave d’accesso alla mia interiorità qualcosa a cui vincolare la mia libertà è che in cambio mi assicura una vita buona etc. Cristiani si diventa in ogni tempo dipende da quanto si è disposti a voler bene agli altri come a se stessi. Dio va incontro all’uomo che lo cerca con cuore sincero, e dissipa ogni confusione.

  3. Paola Meneghello ha detto:

    L’anello mancante è, secondo me, il bisogno personale verso un “di più” per la mia vita, verso un senso che le dia pienezza, che in questo caso credo ci sia, se no non si scriverebbe di religione.
    Ma la religione, così com’è, sembra dire il cantante, non soddisfa quel bisogno di libertà, di scappare dal nido per prendere il volo e scoprire nuovi orizzonti oltre il solito reale, e allora meglio restare nella propria confusione, sperando che almeno ci tenga svegli, e vivi.
    Perché è solo il bisogno di uscire dalle abitudini che ci addormentano, che spinge a cercare oltre noi stessi, ad osare ed uscire dai nostri limiti, ma se la religione ne mette di nuovi, pensando di dare un ordine alla nostra confusione, di nuovo imbriglia il bisogno di sperimentare nuove possibilità, e ci ferma nuovamente, anche verso un Dio che si percepisce Infinito, senza barriere né steccati mentali.

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