La “pazzia” di Dio

Il Dio – Bambino traccia la strada per accogliere, attraversare e vivere la fragilità. Solo così si potrà uscire dalla gabbia dell’indifferenza e camminare nella via della prossimità…
29 Dicembre 2023

Un luogo, un tempo e una storia ben precisi. Non importa sapere se la nascita di questo bambino sia avvenuta o meno mentre Quirinio era governatore della Siria; ciò che importa è sapere che questo Dio – bambino sceglie di incarnarsi in un luogo, un tempo e una storia definiti. Non un kronos indefinito ma il tempo dell’uomo, quello fatto di gioie e di dolori, di ansie e di speranze, di attese e di fragilità, di certezze e incertezze, di luce e di buio.

La nascita di Gesù ci ricorda che l’Incarnazione è la pazzia di Dio, la pazzia del suo amore per l’umanità. Mentre le nostre strade si colorano di luce che, pur nella bellezza dei colori, impediscono di contemplare il cielo fatto di buio e di stelle, la prima cosa che ci ricorda la nascita di Gesù è l’importanza del buio.

È nella notte della non accoglienza, della tenera e fiaca luce di Giuseppe, della fatica del cammino, della paura e dell’incertezza che nasce Gesù. Viene alla luce dopo aver abitato nove mesi di ombra. Ed è nell’essere partorito che il bambino compie un atto di affidamento che – come ricordato da Angelo Casati – è vita. In quella notte, Dio si affida alla vita, si affida all’uomo e sceglie la notte, le fasce e la mangiatoia.

Un bambino insegna all’uomo la necessità di affidarsi e di correre il rischio della fiducia per non rimanere bloccati sulla riva della vita. Affidarsi in un tempo segnato dall’eccessiva diffidenza.

Dio si affida e ci affida il suo Figlio nascendo in quella che Lc 2,7 chiama la fatne (mangiatoia) nonché il luogo in cui mangiano gli animali. Dio si fa cibo per l’uomo, adagiato in un luogo sporco e attorniato dall’odore delle fiere così da compromettersi con la miseria umana.

Il bambino di Betlemme si affida senza dubitare, senza troppo ragionare, senza lasciarsi prendere da pregiudizi. Capacità di abitare la nostra storia, il nostro buio; capacità di scorgere la fiaca luce della vita, capacità di compromettersi e affidarsi per vivere la fatica dell’ascesa verso le altitudini dell’affetto, abbandonando il ripido pendio del rancore.

La fiducia comporta uno sguardo purificato dall’occhio che vede nemici e doppie intenzioni per ritrovare il gusto del complimento e di un gesto d’affetto privo di doppi sensi o finalità nascoste.

È necessario che l’uomo recuperi il senso della fiducia da cui trae vitalità e crescita; altrimenti, inevitabilmente incapperà nella gabbia della tristezza, la quale impedisce di volare verso orizzonti di autentica libertà.

Gesù bambino ricorda che Dio ha scelto di abitare la fragilità, di dare appuntamento all’uomo nella fragilità. Il Natale ricorda quanto sia necessario riconoscerla, amarla e prendersene cura per diventare guaritori feriti delle fragilità altrui. Nella società del metaverso e del fediverso non c’è posto per la fragilità. Eppure, pur possedendo tutto, l’uomo e la donna di oggi sono quanto più fragili, soli e poveri di quanto si possa pensare.

La mancata riconciliazione con la propria e l’altrui fragilità rischia di condurre l’uomo verso un processo di disumanizzazione in cui continuano gli sfruttamenti dei bambini, i bombardamenti delle case, il dilagare delle mafie e delle organizzazioni criminali. La disumanizzazione si alimento di egoismo, autoreferenzialità e incapacità di ascolto. Esso è il frutto marcio del non guardarsi negli occhi, della mancata lettura della sofferenza propria e altrui.

Rischiamo di non accorgerci del peso che schiaccia tanti nostri amici perché anche noi schiacciati dal peso della nostra indifferenza. La strada tracciata dalla Vita e dalle vite che nascono, è quella di un cuore aperto per raccontarsi e farsi vicini così da rompere il muro dell’estraneità.

La cosiddetta “Notte Santa” è santa perché divinamente umana; notte in cui Dio non trattiene per sé la gloria ma la irradia fin tra i pastori, gloria accompagnata da quella pace che è dono di Dio. Gloria e pace condivisi portano Dio e gli uomini a un amore e una riconoscenza reciproche (cf. Lc 2,14).

Il Natale è il grande evento in cui Dio sposa l’uomo, condivide e fa l’amore con l’umanità, ci ricorda che la fragilità è forza e indica la strada della vicinanza.

Nel riconoscimento del volto antipatico, puzzolente, timido, bloccato, debole c’è la possibilità di vedere il bambino di Betlemme che si è dato in pasto agli uomini: solo questo riconoscimento porterà ognuno a riscoprire il Natale che abita la vita degli uomini.

2 risposte a “La “pazzia” di Dio”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    Mi unisco col cuore alle parole di Tiziana …
    Tutti e due scrivete…
    Guardare negli occhi.
    Orbene a Natale ho incontrato infanti in passeggino..
    E notavo come mi guardassero fissi nei miei occhi.. nelle PUPILLE!
    e mi. s o r r i d e v a n.o..
    Lo stesso anche i cagnolini..
    MA GLI UOMINI NO.

  2. Tiziana Bonora ha detto:

    Non perdiamo la speranza, continuiamo a costruirla, testimoniarla, a credere nell’impossibile. È dalla fiducia che traiamo energia, vitalità e crescita, per non chiuderci in gabbie di tristezza: riconosciamo, amiamo e prendiamoci cura della nostra e altrui fragilità, torniamo a guardarci negli occhi…. Grazie Samuele per queste parole che sono perle, luminose e natalizie, di saggezza. Un luogo, un tempo e una storia ben precisi: storia di imperi oppressivi e di una legge morale rigida, spietata, che nulla ha a che fare con l’umano e la sua spiritualità, con i piccoli, i “nessuno” gli impuri, gli esuberi…. Nella parte ricca del mondo che sembra dormiente, sazia, indifferente, facciamo nascere in noi la tenerezza, la compassione, la cura, la piccolezza, per poter incarnare il Cristo, oggi. Buon Natale e buon anno, che sia NUOVO!

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