Cosa vuol dire coltivare con gioia il dolore?

In questa domenica "laetare" possiamo sostare un attimo e fare una pausa gioiosa durante un tempo che resta preparatorio sì, ma penitenziale...
10 Marzo 2024
  • Salvador Dalì, Cristo di San Juan de la Cruz, 1951

La  quarta domenica di quaresima è la “domenica della gioia”, la domenica “laetare”, dall’incipit dell’antifona d’ingresso, una pausa gioiosa durante un tempo penitenziale:

Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate riunitevi.
Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza:
saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione.

In verità, la quaresima ha  un carattere non tanto penitenziale quanto piuttosto di attesa della celebrazione del mistero pasquale e di preparazione ai sacramenti di iniziazione (battesimo, confermazione, eucarestia) che un tempo erano amministrati proprio durante la veglia di Pasqua.

Ma cosa vuol dire coltivare la gioia  anche nei periodi dolorosi dell’esistenza? Significa il tentativo di considerare le cose dal punto di vista della redenzione (Theodor Adorno), così come emerge dalla vertiginosa prospettiva del quadro di Dalì che rappresenta Cristo crocifisso sospeso in una sorta di buio cosmico da cui scaturisce una misteriosa luce che illumina il mondo e gli dona salvezza.

La gioia profonda scaturisce dalla consapevolezza di vivere da esseri umani, dall’impegno costante di scegliere la bellezza anziché il cinismo, la giustizia anziché la furbizia, la fiducia negli altri e in sé stessi anziché la sfiducia (Vito Mancuso) e Gesù in questo ci è modello, lui che è stato pienamente Dio ma anche pienamente uomo.

È in questa ottica, dunque, che riflettiamo sulle letture di oggi.

Il libro delle Cronache racconta una situazione di schiavitù e sofferenza,  cioè la deportazione del popolo ebraico in Babilonia, per la quale  il salmo recita: Sui fiumi di Babilonia sedevamo piangendo al ricordo di Sion.

La situazione di male, materiale o spirituale (cioè il peccato), è la condizione costitutiva dell’esistenza umana, ma non è il nostro destino ultimo, poiché Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siamo stati salvati (San Paolo).

Il percorso verso la Pasqua ci preannuncia, dunque, che c’è una luce che si accende sulle nostre tenebre, una luce che è venuta nel mondo – perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna. È la luce del Figlio mandato da Dio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

In tutto il vangelo di Giovanni il tema della luce è centrale e la sorgente è Cristo: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita (Gv 8,12).

Nel cuore della quaresima, mentre riflettiamo sulla nostra vita e ci prepariamo a celebrare la passione di Gesù, vediamo sullo sfondo la luce della sua resurrezione e possiamo pregare insieme con Etty Hillesum che, dall’interno della cruda esperienza del lager, scriveva:

Mio Dio, è un periodo troppo duro per persone fragili come me. So che seguirà un periodo diverso, un periodo di umanesimo. Vorrei tanto poter trasmettere ai tempi futuri tutta l’umanità che conservo in me stessa, malgrado le esperienze quotidiane. L’unico modo che abbiamo di preparare questi tempi nuovi è di preparali fin da ora in noi stessi.

Nella domenica della gioia, allora, lasciamoci illuminare dalla luce di Cristo e predisponiamo il nostro animo ad accogliere il mistero della sua resurrezione.

 

4 risposte a “Cosa vuol dire coltivare con gioia il dolore?”

  1. Pietro Buttiglione ha detto:

    Gentile Alberto!
    Non era mia intenzione attaccare le tue idee su Energia ( poi Forza).
    Cerco sempre di andare a ciò che sta dietro/viene prima.
    Imo prima viene la SCELTA.
    Dice Dio: io ti ho messo davanti…ecc. Ora scegli TU.
    Siccome escludo bi-polarità ( eccetto i casi da neurologo..)
    non concordo con Paolo “so del bene ma “mala sequor”
    Nel senso che io autonomamente, personalmente. responsabilmente ho SCELTO il Male.
    Insomma se la mia scelta é tranciante. Decisa. Totale non é più questione nè di Energia né di Forza..
    I.e. spesso usate come alibi per giustificarsi : mi manca la forza..( cfr basta un briciolo di F…)
    Alias: appartenere a Lui…il resto viene da se, anzi da Lui…
    Grazie dell’attenzione mostrata
    piero

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    da quando lessi in Mancuso che Dio é “Energia ” ho posti + attenzione a qs. parola.
    Ho acquisito da Einstein che è la stessa cosa che ‘materia’
    Poi mi sono detto che se il suo livello fosse BASSO.. sarebbe im_produttiva..
    Cosî sono tornato da Pit Bum che invece di Energia pone al centro la QUANTITA’,
    Dopo ho visitato le dottrine esoteriche che straparlano, oltre che di OBE, di ENERGIE, in particolare di quelle SOTTILI che in quanto tali sfuggono a verifiche ( comodo,,,😛).
    Conclusione? Io non parlerei di ENERGIA nè x Dio, nè x lo Spirito.
    Siamo alle solite: antrOpolizziamo TUTTO?
    DIO È ALTRO

    • ALBERTO GHIRO ha detto:

      Grazie Pietro per il commento. Con la parola energia non volevo fare riferimento né a Mancuso né all’esoterismo, mannaggia… in alternativa la parola poteva essere anche forza… sperando di non cadere in altre citazioni. Le parole comunque non vogliono avere la velleità di dare definizioni ma al massimo di tentare di rappresentare.

  3. ALBERTO GHIRO ha detto:

    Ci vuole energia per credere, vivere, innalzare, amare, salvare, scacciare il peccato, giudicare, venire al mondo, fare il male e il bene, inseguire la verità. Lo Spirito è l’energia, la luce, che viene dalla volontà di Dio, assieme alla vita e alla morte del figlio e a un sepolcro vuoto.

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