Che cosa ci guadagniamo ad emarginare i migranti?

Il Rapporto 2024 del Centro Astalli fa il punto sulla situazione. E mentre nel Mediterraneo muoiono in media 8 migranti al giorno, arretriamo sul piano dei diritti
19 Aprile 2024

Già, perché continuiamo ad emarginare i migranti? Che cosa ci guadagniamo?

In realtà, gli immigrati, se accolti ed integrati, rappresentano un investimento per il nostro Paese, perché danno più di quello che hanno ricevuto. Basterebbe ascoltare la storia di Darya, fuggita dalla Bielorussia perché l’avevano minacciata di toglierle il bambino e di metterla in carcere in quanto dissidente, che oggi dice: «Io adesso ho finalmente ripreso la mia vita e sento che ogni giorno mi avvicino sempre più a poter realizzare il mio sogno, aiutare gli altri». O quella di Maurice, che è scappato a 16 anni da un Paese, la Nigeria, travolto dal terrorismo, dalla crisi economica e da quella climatica; che ha sofferto in Libia, ha rischiato la morte nel Mediterraneo, è stato schiavizzato nelle nostre campagne 12 ore al giorno per 2 euro l’ora, eppure oggi dice: «Un giorno, lo so, diventerò un avvocato. Lo devo a me stesso e lo devo alla mia gente. Tornerò nel mio Paese e difenderò il mio popolo, affinché nessun altro debba vivere quello che ho vissuto io».

Entrambi, Darya e Maurice, sono intervenuti ieri durante la presentazione, a Roma, del Rapporto 2024 del Centro Astalli, il servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, che racconta che cosa ha fatto nell’ultimo anno il Centro, ma soprattutto fa il punto sulla condizione di migranti oggi, in Italia (si può scaricare qui).

E il quadro è decisamente triste: è cresciuto il numero dei rifugiati e dei richiedenti asilo costretti a vivere per strada; sono aumentate la povertà, la marginalità e le disuguaglianze. Si sono moltiplicate anche le vulnerabilità nascoste, quelle che per esempio nascono dai traumi subìti durante il viaggio, dalle difficoltà che si moltiplicano sembrando sempre più insuperabili.

Centro Astalli Rapporto 2024

I dati del Centro Astalli a livello europeo

Il Centro Astalli – come del resto la Caritas e altre realtà ecclesiali – ha moltiplicato i propri sforzi: nel 2023 ha assistito quasi 1.300 persone, distribuito quasi 70mila pasti, effettuato quasi 10.000 visite nel Centro SAMIFO (Salute Migranti Forzati), che gestisce in collaborazione con la ASL Roma 1, offerto oltre 3mila consulenze legali. E poi ha fatto molto, molto altro, per avviare al lavoro, per affrontare il problema della casa, o a livello culturale, lavorando nelle scuole per far conoscere i termini reali del tema immigrazione, e sedendo ai tavoli di concertazione, per collaborare con le istituzioni nel trovare soluzioni al problema immigrazioni.

Non mi pare però che sia stato molto ascoltato. L’enorme sforzo del Centro Astalli e di altre componenti ecclesiali per accogliere e ridare dignità alle persone non può riequilibrare le scelte politiche del Governo e anche dell’Europa, che vanno in direzione ostinata e contraria. Né può sostituirsi ad esse.

Il Centro, ad esempio, ha espresso contrarietà al nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo approvato dal Parlamento Europeo, perché «sancisce un arretramento rispetto al diritto d’asilo, perché… non è attraverso l’esternalizzazione, i respingimenti, la mancanza di una vera politica di soccorso in mare e le procedure accelerate alla frontiera che si affronta il fenomeno migratorio», ha detto il presidente del Centro Astalli, padre Camillo Ripamonti. «Non si affronta quello che è considerato il problema migratorio rimuovendo le persone dal suolo europeo, ma rimuovendo le cause delle migrazioni forzate».

A livello italiano le cose non vanno meglio. Prima il decreto sicurezza sul soccorso in mare pensato per rallentare i salvataggi in mare fatti dalle ONG (mediamente nel Mediterraneo muoiono 8 persone al giorno), poi il cosiddetto Decreto Cutro, che ha rinforzato una politica «punitiva e dissuasiva» delle partenze culminata con l’accordo per deportare i migranti in Albania. E poi il sistema dell’accoglienza semi smantellato, con la riduzione dei servizi e dei fondi per i CAS, e così via. In pratica tutto quello che si è fatto negli ultimi anni è stato rendere più difficile l’accoglienza e l’integrazione, imponendo ostacoli burocratici sempre più insormontabili e smantellando il sistema di accoglienza.

È ben chiaro al Centro Astalli che il problema non è solo quello di distribuire pasti o aiutare a superare una condizione di emergenza, ma accompagnare queste persone, riconoscendo loro la dignità, e quindi i diritti, che hanno in quanto tali, cioè in quanto persone. L’ha ribadito anche Mons. Enrico Trevisi, il vescovo di Trieste che è intervenuto alla presentazione del Rapporto del Centro Astalli ricordando anche quanto è grave la situazione nella città, che si trova sulla rotta balcanica. La diocesi quest’inverno ha aperto un nuovo dormitorio, ma, ha affermato Mons. Trevisi, un dormitorio non basta: ciò che bisogna fare è accompagnare «chi cerca di realizzare il suo sogno».

A Trieste si svolgerà a luglio la Settimana sociale dei cattolici, dedicata al tema della democrazia e della partecipazione. E Mons. Trevisi ha ricordato che partecipazione vuol dire tessere legami tra le persone; vuol dire riconoscerne la dignità; vuol dire collaborare tutti assieme (credenti e laici, cittadini e istituzioni) per modificare quelle istituzioni che oggi non sono in grado di rispettare i diritti. Sapendo che «quando neghiamo la dignità a chi arriva nel nostro Paese se ne va anche la nostra».

Se cambiassimo atteggiamento, forse potremmo finalmente smetterla di parlare di “crisi migratoria”: una crisi c’è, ma è una crisi di valori, non un’emergenza, ha ricordato Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali. La prova? Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, in Italia sono arrivati moltissimi profughi, «ma nonostante i numeri drammatici non c’è stata una “crisi migratoria”, perché c’è stata accoglienza».

Allora, che cosa ci guadagniamo ad emarginare gli immigrati? Più povertà, più disperazione, più dolore. Grazie all’integrazione potremmo invece guadagnare lavoro, ricambio generazionale, innovazione, ma soprattutto potremmo diventare migliori noi. Più capaci di democrazia e partecipazione.

Una risposta a “Che cosa ci guadagniamo ad emarginare i migranti?”

  1. Maria Cristina Venturi ha detto:

    Rimuovendo la causa delle migrazioni forzate: si chiama business dei migranti.
    Sui migranti ci fanno un sacco di soldi un sacco di persone: quelli che li trasportano ,gli scafisti, quelli che sedicente mente li ” accolgono” le coop, quelli che poi li usano come mano d’opera criminale o meno.
    L’ immigrazione ILLEGALE e’ una piaga perche’ sull’ illegalita’ non nasce che illegalita’ .
    La Chiesa e cristiani devono smetterla di favorire l’ immigrazione ILLEGALE che e’ una piaga e una sconfitta di tutti, tranne di chi ci lucra.

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