Pontelangorino e la ricerca (banale) di un perchè

Pontelangorino e la ricerca (banale) di un perchè
16 Gennaio 2017

Un paio di sollecitazioni che mi sono giunte qualche giorno fa, mi hanno costretto a riflettere, a dispetto della mia volontà, sulla tragedia di Pontelangorino (Ferrara). Ma non ho nessuna voglia di accodarmi a chi, per disperazione, per paura o per interesse giornalistico, si butta sulla ricerca del perché due adolescenti, apparentemente molto nella media, uccidono a colpi di ascia i genitori di uno di loro, apparentemente per un eccesso di rimproveri per i brutti voti scolastici.

La prima mi è giunta da una mia classe seconda (quasi coetanei del più giovane dei due assassini). Non sono ancora seduto in cattedra che mi rincorre una voce: “Prof. ha visto a Ferrara? Hanno ammazzato i genitori per i voti di scuola, ma si potrà?” Mirca sembra davvero colpita dalla notizia. Tra la sorpresa e l’eccitazione continua: “Poi, l’amico… l’ha fatto per mille euro… cioè fossero molti, andiamo!” “Scusa Mirca, fammi capire – le dico – ti colpisce che i motivi e i soldi siano “ridicoli” rispetto al gesto che hanno fatto?” “Eh certo, prof. Di motivi per uccidere i miei ne avrei anche io, ma non certo per i voti. Anche a me mi rompono se vado male, ma me ne frego. In qualche modo, la scuola finisce, prima o poi”. E Rosaria, l’amica di sempre, tra il serio e l’ironico, rincara: “E poi dai, vuoi mettere mille euro? Se me ne danno centomila ci posso pensare”.

“Ah, quindi – ribatto – ammazzare i genitori non è in sé una cosa terribile, se ci sono buoni motivi per farlo lo fareste! Ma come siete messi?” “Ma no prof. – ribatte Mirca – mica lo faremmo, però a volte ci ho pensato. E ho immaginato che se vivessi da sola forse starei meglio”. “Dal fondo Francesco salta su: “Si prof, Mirca ha ragione. Io vado a casa alle 2 e fino alle 6 non ci sono i miei perché lavorano. Mi faccio da mangiare da solo ed è il momento più bello della giornata”.

Non voglio generalizzare troppo. Non sono tutti così! Anzi, questi sono una minoranza, ancora. Ma il fatto che questi pensieri siano tranquillamente ammessi nella loro generazione, indica che l’uccisione dei genitori, per loro fa parte dell’orizzonte degli eventi possibili, non è “fuori dal melone”. E in questo trovo motivo per essere d’accordo con lo psicoanalista Luciano Casolari, che a commento di Pontelangorino dice: io mi meraviglio che gli eventi siano così rari!”. Il tasso di rabbia, di rancore e di odio che abita molte nostre case di adolescenti è altissimo, molto più di quanto immagina che non li frequenta o non ha orecchi e occhi per percepirli.

La seconda sollecitazione mi arriva da uno scambio via whatsapp con una mia carissima amica e collega, madre di due bimbi. Sconvolta e sgomenta mi scrive: “Penso potrebbero essere i miei alunni! Siamo consapevoli che metà dei ragazzi che incontriamo sono a rischio? Cosa è mancato loro? Non percepiscono neanche più lo sgomento! E anche la Chiesa, gli oratori, i gruppi? Scuole private, catechismo, sacramenti? Tutto fatto! Valore? … Zero?” Le rispondo “Le nostre istituzioni non riescono più ad intercettarli. Resta solo la possibilità di una relazione umana che cominci da capo, dalle loro voragini interne. Abitarle con loro, al di là di schemi e formule. E se abbiamo Cristo dentro può ancora trasparire. Il resto è insignificante”.

Forse è una risposta troppo radicale, ma continuo a sentire che non è troppo lontana dalla realtà. Mentre noi spendiamo energie per costruire un “Dizionario elementare del pensiero pericoloso”, credendo che questo sia essenziale oggi per salvaguardare i valori cristiani, loro vagano disperatamente alla ricerca di qualcuno che li aiuti a trovare un raggio di amore riconoscente su cui costruire la risposta all’unica domanda che riconoscono sensata: “Ma io esisto?”. Mentre noi rispondiamo, credendoci, al questionario sul prossimo sinodo, proprio sui giovani, pensando che questo ci darà soluzioni per rieducarli ad un cammino cristiano, loro combattono una guerra senza esclusione di colpi, dove si giocano il tutto per tutto per conquistare un brandello di terra che gli consenta l’unico obiettivo per cui si possono spendere: “stare in piedi”.

Quanta distanza!! Quante energie buttate!! Quante omissioni, di cui rendere conto!! Quando non si riconosce valore alle persone, ai ragazzi che realmente popolano le nostre case, le nostre scuole, le nostre Chiese, nessun altro valore può crescere. E tutto il resto rischia di diventare un “sepolcro imbiancato”.

 

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