Sulle tracce della sinodalità di Papa Francesco

È uscito in questi giorni il libro di un autore di VinoNuovo - Sergio Ventura - dedicato alla visione che Francesco e la Chiesa italiana hanno del processo sinodale
18 Aprile 2024

«Sinodalità è un termine alquanto ostico, tanto che difficilmente un giorno potrà diventare di moda. Eppure, nonostante questi tempi di “terza guerra mondiale a pezzi” e di “crisi della democrazia”, chissà che in quel giorno non si finisca per riconoscere la sinodalità quale contributo decisivo alla riconciliazione dei popoli e alla ricostruzione di un tessuto democratico che li aiuti a convivere». Con tale speranza – e giustificato timore e tremore – esordisce Sergio Ventura nell’introduzione al proprio testo, pubblicato dalla casa editrice EDB ed intitolato Imparare dal vento. Sulle tracce della sinodalità di Papa Francesco (190 pp, 17€).

D’altronde, lo stesso vescovo di Roma ha messo al centro della Chiesa cattolica la sinodalità solo gradualmente e, di conseguenza, ha dovuto precisarne senso e prassi strada facendo. Per questo motivo, nella prima parte del libro, viene ricostruita la visione della sinodalità che Francesco ha elaborato sempre di più a partire dai primi mesi dell’anno 2021. Il nostro autore ne insegue i fili rossi dello stile (capp. I, III, V-VII) e delle strutture sinodali (capp. IV, VIII, XI), tentando di cogliere la complessità e “poliedricità” di un pensiero che il Papa stesso definisce incompleto.

Da un lato, si vuole giustamente evitare il diffuso errore di offrire solo in parte l’ottica di Francesco, con tutti i danni che ciò comporta nella teoria e nella pratica sinodale; dall’altro lato, di questa visione se ne mettono in luce alcuni aspetti quasi sconosciuti ma densi di significato: «la prospettiva della bellezza per rappresentare la terra promessa di ogni confronto sinodale anche se conflittuale, la via della piccolezza quale criterio decisivo per discernere i desideri dello Spirito, l’oscillazione di senso della nota immagine del Noi ecclesiale tra un’inclusiva mistica dell’insieme e un’escludente mistificazione degli altri» (capp. IX, X, XII). In quest’analisi non manca, ovviamente, la segnalazione critica ma costruttiva degli aspetti ancora da completare o chiarificare: su tutti il problematico legame tra sinodalità ed evoluzione della dottrina e il senso odierno dell’evangelizzazione (se, di fatto, ancora quello wojtyliano-ratzingeriano o uno più specificatamente bergogliano-neomontiniano).

L’evocazione di un’attuale dialettica ecclesiale tra stili pastorali e dialetti teologici – alcuni più vicini a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, altri a Paolo VI e Francesco – permette di comprendere da quale punto di vista viene analizzata, nella seconda parte del libro, la recezione della sinodalità di Francesco da parte della Chiesa italiana. L’ipotesi è che, alla luce delle sintesi e degli altri documenti sinodali della CEI (capp. XIX-XXI), nel cammino sinodale italiano sia ancora attivo sottotraccia il conflitto tra presenza e mediazione, cominciato a metà degli anni ’80 del secolo scorso, ma sul quale – ancora oggi che si è evoluto in quello tra verità e misericordia – non si ha il coraggio di operare un vero discernimento.

L’autore sostiene che il Sinodo sulla sinodalità potrebbe costituire il momento giusto, auspica che se ne colga il kairos e prova a indicare alcuni atteggiamenti in grado di aiutare le Chiese che sono in Italia a mettere a fuoco tale orizzonte. Per questo motivo vengono fatti dialogare tra di loro, in modo franco ma equilibrato, «una serie di autori (teologi, vescovi, cardinali) che coprono tutto “l’arco costituzionale” ecclesiale e che hanno preso la parola, sul tema in questione, a livello di formazione dell’opinione pubblica della Chiesa italiana»: Castellucci (capp. XIII, XVII, XXI) e Palmieri (cap. II), Sorge e De Rita (XIII), Grillo e Ronconi sullo sfondo di Ruini (XIV), Brambilla e Sequeri (cap. XV), Spadaro e Camisasca con l’eco di Crociata (cap. XVII), Bassetti o Grech (cap. XVIII) e Neri (capp. IV, XI), infine Zuppi (capp. XIX-XX).

A tutti costoro, e in generale al popolo di Dio impegnato nel cammino sinodale (a prescindere dai diversi gradi occupati nella gerarchia ecclesiale), viene suggerito amabilmente di “allenarsi” ad imparare dal vento, ossia, da un lato, a lasciare spazio al protagonista del processo sinodale, perché il vento è biblicamente metafora dello Spirito Santo nel suo essere portatore di novità e cambiamento; dall’altro lato, a vivere l’azione fondamentale che il Papa sta chiedendo, sulla scia di Gaudium et spes 44, a tutti coloro che partecipano al processo sinodale: imparare dagli altri e dall’Altro. A costo di apparire, come hanno scritto Gilberto Borghi e Fabio Colagrande dei veri e propri rompiscatole sinodali…

 

Una risposta a “Sulle tracce della sinodalità di Papa Francesco”

  1. Maurizio Mazzoli ha detto:

    Imparare dal vento, ottimo titolo “lo Spirito soffia come e dove vuole”. Ma la sinodalita’, come si è espressa fino ad oggi, ha limiti non valicabili. Le voci “sinfoniche” del volume, restano, a mio avviso esercizio accademico, perché la Chiesa quel cammino lo ha già percorso. L’apertura ai “lontani”, il clero, i ruoli dei laici e delle donne sono gia’ oggi realtà di cui si vive ogni giorno. Oltre ci sono strade inesplorate, ma per compierle non basta un Sinodo occorre il coraggio di ravvivare l’ecumenismo del confronto e iniziare a mediare esperienze, in atteggiamento di umiltà, dalle chiese della Riforma. Ma questo al momento è solo un miraggio, nell’attesa di “una lontana mietitura”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)