Il saluto di fine scuola in una quinta ci porta anche a guardare avanti. “E l’anno prossimo che farai?” L’ho chiesto a quasi tutti, mentre stavano cercando ancora di capire se tutti sarebbero riuscirti ad essere ammessi all’esame. Alcuni hanno una piccola possibilità di lavoro, maturata anche grazie agli “stage” aziendali di quarta e quinta. Alcuni, pochi stanno pensando all’università: “adesso provo informatica, poi se non va mi piacerebbe scienze politiche internazionali”. E già qui ci sarebbe da chiedersi cosa c’entrino una col l’altra e soprattutto cosa c’entrino con grafica, il corso che stanno finendo. Un po’ di più ammettono che non sanno cosa fare l’anno prossimo, ma che proveranno a lavorare. “Qualsiasi cosa? – chiedo io”. “Sì, per ora sì”.
Non lo scopriamo oggi che questa generazione fa fatica a guardare al futuro. Ma non mi sento di dargli la croce addosso. Abbiamo il 40% di disoccupazione sotto i 35 anni. Pochissime scelte politiche a favorire l’imprenditoria giovanile. Nulla per favorire la nascita di nuove famiglie giovani. Certo loro non si danno molto “una mossa”, ma è un po’ un cane che si morde la coda.
Così esco dalla classe confermato nell’idea che questo è spesso il massimo che possono fare, che avranno bisogno di molta pazienza, elasticità, adattamento. Ma che a volte potrebbero davvero usare di più la loro fantasia, creatività, inventiva. In mezzo a questi pensieri arrivo nella hall d’ingresso. Un capannello di 7-8 persone si affolla dal lato delle macchinette del caffè. Una carrozzina campeggia in mezzo la gruppo, ma è vuota. Riconosco una mamma che l’anno scorso veniva a colloquio per sua figlia. Due bidelle stanno facendo moine e versi. Poi Paola, studentessa della stessa quinta da cui sono appena uscito, mi chiama: “prof. Guardi chi c’è!!”. E finalmente capisco.
Eleonora! Non ci credo. Ha in braccio un a bimba di 2-3 mesi non di più. Ha finito la quinta l’anno scorso, ed è venuta a trovarci con sua madre. “Ma non ci credo!!! Ciaoo Ele! Ma che bella sorpresa”. “Perché sorpresa prof.? Io l’avevo sempre detto che volevo fare la mamma, era lei che no ci credeva!”. Baci e abbracci, moine e sorrisi alla bimba, battute sul mio Alzheimer che avanza. Poi il gruppo si sfoltisce. E allora chiedo ad Ele la storia.
“Prof. L’abbiamo cercato. Lei lo sa, sono anni che stiamo insieme, lui lavora, guadagna abbastanza per viverci tutti e tre. Io ho voglia di fare la moglie e la mamma, e per adesso non lavoro”. “Ah perciò ti sposerai?” “Sì, sì, anzi la invito di sicuro. Per adesso va bene così!” Guarda sua madre, che risponde: “Come vede, professore, la follia è totale, ma è una splendida follia”. Sorrido entrambe, si sente che, la di là del senso di stranezza per la scelta della figlia, sono contente entrambe”. Ed Eleonora riprende: “Prof. quante volte abbiamo discusso in classe