San Francesco superstar?

Al teatro con Giovanni Scifoni
27 Dicembre 2023

Ci sono due cose abbastanza chiare dopo aver assistito a FRA’. San Francesco, la superstar del medioevo, che è stato in scena a Roma fino al 23 dicembre, ma che è in tournée in Italia fino a maggio almeno: Giovanni Scifoni è molto bravo e lo spettacolo funziona. L’attore romano – noto al grande pubblico soprattutto per la sua partecipazione alla serie tv DOC, di cui sta per andare in onda la terza stagione – sa tenere tutti i registri della recitazione e si muove con sicurezza sul palco, con una presenza fisica chiaramente percepibile. Canta, danza, disegna, si destreggia con una fluidità divertita e divertente tra lingue e dialetti, passato e presente, non senza toccare le corde più liriche e suscitare emozioni.

Lo spettacolo, scritto dallo stesso Scifoni, con le musiche di Luciano Di Giandomenico e la regia di Francesco Ferdinando Brandi, è ben costruito su una apprezzabile ricerca storica, incluse ovviamente le fonti francescane, e con qualche chicca. Ad esempio, la rappresentazione – molto credibile – del senso e del contesto del presepe di Greccio. Che non era come molti immaginano. In una scenografia efficacemente essenziale, a dividere il palco con Scifoni tre musicisti – lo stesso Luciano Di Giandomenico, Maurizio Picchiò, Stefano Carloncelli – che accompagnano le evoluzioni del novello “giullare di Dio”, mescolando i suoni di strumenti antichi con tastiere e batteria.

L’autore e attore ha presentato il suo lavoro con una preoccupazione: “Come si fa a parlare di San Francesco d’Assisi senza essere mostruosamente banali?”. Ecco, Fra’ non è uno spettacolo banale. Vado a memoria citando una battuta: “Succede che, quando qualcuno è disposto ad ascoltare, la Parola si fa carne”. Qui il cuore, fisico e spirituale, dello spettacolo, e in fondo dell’esperienza stessa del teatro.

Poi, si possono senz’altro discutere alcune scelte. Per usare una metafora pop, in linea con il taglio della piece di Scifoni, si sa che per gli italiani san Francesco è un po’ come la Nazionale di calcio: scatta subito il commissario tecnico che è in noi. Ciascuno di noi si è incontrato almeno una volta con la figura del poverello di Assisi e lo “sente” a modo suo.

Mi faccio aiutare da un saggio di p. Ferdinando Castelli, per decenni critico de La Civiltà Cattolica, sul rapporto tra Francesco d’Assisi e la letteratura del Novecento. In Scifoni sembra esserci molto, ad esempio, del S. Francesco di Assisi di Chesterton: un Francesco “trovatore” d’eccezione, un innamorato che ha cercato fino all’ultimo di incarnare le parole e il volto di una persona, Gesù Cristo, e non di inseguire un’idea. Ed emerge, mi pare, anche Lu Santo Jullare Françesco di Dario Fo, perché come scrive lo stesso Scifoni presentando lo spettacolo “il vero problema con cui mi sono dovuto scontrare preparando questo spettacolo è che Francesco era un attore molto più bravo di me”.

Chesterton, però, scriveva il “suo” Francesco anche per criticare chi considerava gli atteggiamenti e le scelte molto peculiari del frate solo come quelle di un folle. Un diffuso cliché – anche in ambito ecclesiale – sul figlio ribelle di Pietro di Bernardone, una reazione comprensibile sulla quale però si rischia di scivolare. E, senza nessuna malizia, il rischio lo corre anche Scifoni. O meglio, il rischio è che alcuni elementi di difficile digestione, come i modi della scelta di povertà propri di Francesco e la sua fermezza nel seguire il Vangelo sine glossa, alla lettera, vengano troppo rapidamente liquidati dallo spettatore, perché in fondo Francesco era un po’ matto…

C’è poi il confronto ammirato con le capacità comunicative del santo, che hanno suggerito il titolo dello spettacolo. Scifoni scrive che “Francesco sapeva incantare il pubblico, folle sterminate, sapeva far ridere, piangere, sapeva cantare, ballare”: una popstar, insomma, un intrattenitore, un influencer ante litteram, che affascina, galvanizza e, in fondo, rassicura. Ma, dalle fonti francescane, emerge anche un uomo gravemente ammalato, deluso da alcuni compagni di strada e che, pur nella “perfetta letizia”, finisce i suoi giorni a La Verna circondato solo dai suoi primi amici e non da folle adoranti. Un uomo che aveva dovuto scrivere e riscrivere una regola – che egli non voleva, perché la Regola c’era già: il Vangelo – per un ordine religioso che non aveva mai pensato di fondare.

Qui finiscono i dubbi di uno spettatore che deve tanto al santo di Assisi. Fra’ è un lavoro ben fatto e Giovanni Scifoni ha un gran talento. Ed è già moltissimo.

2 risposte a “San Francesco superstar?”

  1. Enrico Grasso ha detto:

    Giovanni Scifoni è tra i pochi che sanno parlare dei Santi in modo comunicativo, simpatico e diretto alle persone di oggi. Purtroppo ho già verificato che lo spettacolo non passerà da Genova dove abito ed è un vero peccato perché penso che in tanti sarebbero andati a vederlo.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma non e cimentarsi a usare la memoria di un santo, la cui storia di uomo si presta a interpretazioni a profitto di artisti interpreti? I Santi sono di nessuno e di tutti, uomini e donne che sono stati toccati da luce divina e che pertanto sono dei messaggeri avvicinare il cielo distante ai comuni mortali, appunto rendere reale ciò che appare distante, impossibile a credere, l’umano al divino, che è progetto Cristiano. Convince di più che per un attore, un regista l’opera rimanga una sua personale bravura, come altre opere riferenti a Cristo, dove registi quali Zeffirelli, con spiccata sensibilità si sono avvicinati molto al sacro suscitando larga condivisione, come per es. di fronte alla Pietà’.

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