Il giudizio

Il giudizio
11 Settembre 2018

Proviamo a delineare cosa vuol dire che il giudizio finale è un auto-giudizio dell’uomo, di fronte alla verità di sé, rivelata da Dio. In cosa questo ci parla della misericordia di Dio? Anche nel giudizio Dio continua ad amarci. E’ un incontro d’amore, in cui lui rivela la verità della nostra vita, proprio per l’amore che ci porta. Questo significa che mostrerà di noi quel poco o tanto di amore vissuto che la nostra vita contiene, e in rapporto ad esso, il senso di tutte le scelte della nostra vita, anche quelle peccaminose. E Dio farà questo nella speranza che noi non abbiamo abdicato compiutamente al nostro desiderio profondo di amare, affinché noi non rifiutiamo definitivamente la sua offerta d’amore.

Le parole di una mia studentessa, di qualche anno fa sono una traduzione chiarissima di questo. Stavamo ragionando insieme proprio sul giudizio finale. “Ragazzi, fondamentalmente nel cristianesimo il giudizio finale è un atto di Dio con cui viene rivelata finalmente la Verità della nostra vita, chi davvero è stato il nostro Signore, e sulla base di questo si producono le conseguenze eterne, positive o negative su di noi”. E Giovanni:” Va bhè prof. una specie di tribunale assoluto”. “Più o meno – dico io”. E a questo punto Laura ci stupisce con la sua uscita: “Bhè, prof, però detto così sembra davvero brutto. Io ne ho un idea che mi piace di più. Una volta il mio parroco mi ha detto che, in fondo, il giudizio finale è un incontro d’amore. E questo è molto più bello che pensare di essere portati nel suo tribunale, andiamo!”

E prosegue. “Allora mi sono fatta un film. Io penso che è come se per tutta la vita io e Dio stiamo insieme”. “In che senso?” – le faccio io. “Morosi, prof, fidanzati”. “Ma dai, ma sei fuori a dire una roba del genere, vuoi fare la suora?” Sarcastico come spesso, Tomas non perde occasione per lasciare il segno. Mi volto di scatto e lo fulmino: “Tomas, non ti permetto di prendere in giro una tua compagna!! Se non sei d’accordo con lei, dopo potrai dire la tua, ma rispetta la sua idea, altrimenti poi nessuno rispetterà le tue!” Si “riaccuccia” nel banco. E Laura riprende senza nemmeno sentirsi sfiorata.

“Si, prof. una storia con Dio che dura tutta la vita, dove Lui è sempre lì, non molla mai, non tradisce mai, non ti perde mai dai suoi occhi e dalle sue braccia e ti ama davvero da Dio (Risata generale, inevitabile!) E io invece che non sono mai convinta del tutto, che a volte lo sento a volte no, che a tratti penso che non c’è e cerco altri, che poi ritorno da Lui, che mi arrabbio con Lui, che lo ringrazio, che lo insulto, che lo adoro. E quando finalmente sarò davanti a Lui è come se Lui mi domandasse dolcemente: allora Laura, che facciamo di questa storia?, buttiamo via tutto?, roviniamo tutto?, o accetti per sempre questo amore immenso che sento per te?”. 

Davanti a questa domanda l’uomo eternizza la sua posizione di fondo di apertura o chiusura all’amore. Questo è l’auto-giudizio. Quindi, non una decisione che parte da una posizione di neutralità, dell’uomo, di fronte alla rivelazione della verità della propria vita, consentendogli di scegliere, in quel momento, la valutazione su di sé che più gli aggrada. Ma una decisione che non è altro che sancire, rendere eterna la condizione spirituale di fondo che l’uomo già aveva assunto nel corso della propria vita, di fronte alla verità di sé manifestata da Dio.

D’altra parte, se fosse Dio a prendere la decisione di mandarci all’inferno ci sarebbe una contraddizione non piccola. In chiave cristiana, noi esistiamo per amore suo. Il nostro essere è un atto del suo amore. Se continuiamo ad essere, ad esistere, anche all’inferno, così come la fede ci dice, come si può pensare che Dio ci ami facendoci esistere e al tempo stesso ci neghi il suo amore cacciandoci all’inferno? Dio ci manda all’inferno con la sua grazia, cioè col suo amore? Il fatto che il peccatore continui ad esistere all’inferno, dimostra invece che Dio resta fedele al proprio amore, anche quando il peccatore lo ha rifiutato totalmente. Perciò la dannazione può derivare solo da una scelta nostra, non da una decisione di Dio. 

Ma questo allora mostra anche una luce diversa sulla differenza tra inferno e paradiso. Non credo proprio si possa parlare di luoghi nell’aldilà. Non esiste spazio né tempo nell’aldilà. Io immagino che tutti nell’aldilà saremo alla presenza di Dio, anzi vivremo in Dio. Solo che chi accetta il suo amore e lo ricambia sarà infinitamente felice perché godrà di Dio infinitamente e chi invece non accetta l’amore di Dio e non lo ama, sarà eternamente infelice e dannato perché non potrà mai smettere di avere davanti agli occhi colui che rifiuta infinitamente. Un po’ come se uno fosse costretto a stare in ascensore per tutta la vita con una persona che odia, senza mai poterla togliere dalla sua presenza. Forse dovremmo cominciare a parlare, a proposito di inferno e paradiso, di stati dell’essere e non di luoghi: uno aperto all’amore e uno chiuso ad esso.

Questa lettura ha dei riflessi non piccoli sulla nostra condizione di ora, in vita. Il presente non è dove guadagniamo punti (meriti) o debiti (peccati) che poi si misureranno al giudizio finale, con la famosa bilancia, guarda caso simbolo proprio della giustizia retributiva. E’ invece il tempo del fidanzamento, come dice Laura, ove l’uomo limitato, prova a trovare il modo di “lasciarsi trasformare” da questo Dio di amore assoluto e a stargli dietro, attraverso le azioni concrete di misericordia. E dove quindi, anche quando gli diciamo di no, sbagliando, possiamo da questo imparare a non dire di no definitivamente. In un fidanzamento è normale che ci siano screzi e rifiuti. Ma quello che conta è l’apertura di fondo a voler restare dentro a quella relazione.

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