Il chicco di grano, Dietrich Bonhoeffer, un quartiere di Berlino

Geografie della parola /10: trovare a fatica un monumento, in una zona anonima di una grande città, e un ricordo evangelico che provoca ad andare oltre le aspettative.
2 Settembre 2023

È molto probabile che abbiamo messo a memoria uno dei versetti più celebri del vangelo: «Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24) – uno dei più usati e più eloquenti.
Siamo soliti pensare ­(o almeno io lo ero) che il frutto sia presso il seme: là dove un seme cade, muore e genera, lì ci sarà il frutto. Ma non è così, e l’ho capito in un luogo che più di altri mi ha colpito nella contraddizione interiore che esprimeva, per il contrasto tra il suo carattere anonimo e la traccia di un grande uomo che lì era passato, mentre con forza mi veniva alla mente «Se il chicco di grano…».

La Chiesa di Sion è un grande edificio ottocentesco che sorge nella zona est del quartiere di Mitte, a Berlino; nel primo Novecento era un quartiere operaio, con diffusi problemi di disagio e povertà. Qui lavorò, per un anno, un venticinquenne Dietrich Bonhoeffer, come catechista e predicatore per un gruppo di ragazzini, in vista della confermazione.
Sono stato per le vie del quartiere un freddo mattino di aprile, sotto una pioggia leggera che tutto colorava di grigio e malinconia. Si arriva al piccolo parco che attornia la Chiesa con una leggera salita; la zona è anonima: caseggiati che richiamano la ex DDR (questa parte della città faceva parte di Berlino Est), qualche casa meglio tenuta, qualche negozio e ristorante, calma apparente. Ero sulle tracce del teologo tedesco e mi sono spinto lì, dove lo studioso scelse di fare servizio in un quartiere tra i più difficili.
Accanto alla chiesa sorge un monumento di bronzo a Bonhoeffer: un uomo senza braccia e senza testa. È firmato da Karl Biedermann. Nei pressi una targa. Ho fatto fatica a trovare il segno del passaggio del martire: il monumento è un poco nascosto, fuori dal sentiero. Una signora faceva passeggiare un cane nel parco. È stata lei a spiegarmi che quella scultura attorno a cui gironzolava il suo cane era il ricordo per Bonhoeffer, per poi proseguire la passeggiata. «Se il chicco di grando…». Solo dopo ho visto la targa.
Lì il carisma di un uomo intelligente e coraggioso si era messo a disposizione degli ultimi: cosa ne nacque? Anni dopo Dietrich ancora ricordava quel tempo, con gratitudine.
Che frutto ha portato il suo essere lì, lui borghese, colto, di famiglia ricca, tra ragazzini di famiglie povere, a parlare di Dio?

Un anonimo quartiere, la pioggia, una signora a passeggio con il cane, rumori di città, caseggiati, la storia – tra nazismo, resistenza, sacrificio, guerra, divisione della città, regime.
Ho scoperto poi che negli anni ’80 i sotterranei della Chiesa furono luogo di resistenza culturale alla DDR: venne istallata una biblioteca, ci furono riunioni contro il regime, fino a una retata della Stasi. Tra quelli arrestati qualche nipote di uno dei ragazzi di Bonhoeffer? Sarebbe bello pensarlo, ma non ne sono a conoscenza.
Il chicco di grano ha portato frutto, ma lì, tra quelle strade berlinesi? Oggi non se ne vede traccia, se non una scultura ignorata dai più.
Ha portato frutto lì? Legittima la domanda, che mi inseguiva mentre giravo attorno alla chiesa, dopo aver fatto una lunga sosta davanti al monumento. «Produce molto frutto»: a volte lo vediamo, a volte ci speriamo.

Forse a volte siamo seme che dà frutto semplicemente essendo benedizione per gli altri: «Benedizione è la visibile, sensibile vicinanza di Dio, che diviene efficace. La benedizione vuole essere tramandata, si trasmette ad altri. Chi è benedetto è egli stesso una benedizione. Questo vogliamo essere uno per l’altra, e per tutte le persone che sono affidate al nostro lavoro e alla nostra intercessione. Non vi è nulla di più grande di una persona che sia una benedizione per gli altri» (Dietrich Bonhoeffer alla fidanzata Maria von Wedemeyer, dal carcere di Tegel, maggio 1944).

(ph Sergio Di Benedetto)

5 risposte a “Il chicco di grano, Dietrich Bonhoeffer, un quartiere di Berlino”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Una cosa è certa, se anche la parola “benedizione” e rara a sentirsi, nella vita di tutti i giorni, magari nell’anonimato, vi sono persone che nei fatti agiscono e sono benedizione l’uno nei confronti dell’altro. Dare e ricevere aiuto da un prossimo, parente o meno, quando in ospedale; coloro che nei posti di lavoro non si ignorino, come la vita moderna induce, avara di tempo! dimostrando non estraneità ma in solidarietà e sostegno amichevole essere benedizione gli uni gli altri, Rispetto a un passato dove la vita era più stabile nel luogo nascita, composta da famiglia comunità che gravitava attorno a campanile e municipio , partecipi di vita in solidale comunanza di intenti. Oggi si rincorre il benestare economico e si sacrifica tempo e si tende a chiudersi, ignorare chi ci vive accanto. E’ per questo bello sentire il suono delle campane a raggiungere entro casa la persona, far presente vicinanza, e giungere il calore di un saluto amico, una benedizione

  2. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Berlino oggi e’ una citta’ praticamente atea tranne per una forte comunita’ di migranti turchi ,musulmani .Mio figlio che li’ risiede da anni mi testimonia che tutte ( tutte) le chiese cristiane sia cattoliche che luterane ,sono praticamente vuote.La domenica non si sente il suono gioioso delle campane che invitano tutti fedeli in Chiesa Le feste religiose ,persino la Pasqua e il Natale, scorrono via senza alcuna risonanza.
    Solo la comunita’ musulmana vive una fede viva e vitale. E’ con i turchi che un giovane cristiano oggi ha piu’ affinita’ ,a Berlino.
    Che Berlino sia l’ avanguardia di cio’ che arriverà anche da noi?
    Il cielo sopra Berlino e’ grigio e plumbeo, quello sopra Roma e’ ancora solare, ma per quanto tempo?

  3. Pietro Buttiglione ha detto:

    Frutto?
    Poteva portarlo piû nel ns ambito che in quello protestante, lî sentito come una condanna..
    Davvero ha portato MOLTO frutto tra noi cattolici.
    Un GRANDE.

  4. Francesca Pellarin ha detto:

    Un nuovo luogo, una nuova risonanza: dal seme nasce una benedizione. Come facciamo fatica oggi a dire questa parola. …auguri! In bocca al lupo! Ma “Dio ti benedica” mai. Eppure mia suocera tutte le volte che salutava lo diceva, e lo diceva in dialetto, Dio t’bendissa e con l’ augurio insieme ringraziava della presenza. Essere benedizione, portare benedizione, essere frutto, portare frutto. In questa stagione che declina verso l’ autunno possiamo pensare che il tempo del raccolto non è ancora finito e che anche solo con un sorriso e con un grazie possiamo essere la benedizione per l’altro che incontriamo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

I commenti devono essere compresi tra i 60 e i 1000 caratteri. I commenti sono sottoposti a moderazione da parte della redazione che si riserva la facoltà di non pubblicare o rimuovere commenti che utilizzano un linguaggio offensivo, denigratorio o che sono assimilabili a SPAM.

Ho letto la privacy policy e accetto il trattamento dei miei dati personali (GDPR n. 679/2016)