Dignitas infinita

Un ambivalenza irrisolta lungo tutto il testo, che segnala una distanza concettuale tra due visioni della persona umana
7 Maggio 2024

Qualche giorno fa il dicastero per la dottrina della Fede, ha pubblicato il documento “Dignitas infinita”, sul valore della dignità umana. Nella presentazione si racconta la storia redazionale del documento. Leggendo il testo alla luce di questa premessa si capisce molto bene come il motivo originario del documento fosse quello di ribadire con chiarezza l’impossibilità della accettazione delle derive soggettivistiche, soprattutto in ordine all’inizio e al fine vita e della identità, anche sessuale, della persona umana (cfr. n. 2 e 7). Solo in un secondo momento, su richiesta di Francesco, sarebbero state potenziate le parti relative alla dimensioni sociali ed economiche del mancato rispetto della dignità.

Questa ambivalenza resta abbastanza irrisolta lungo tutto il testo, perché, a mio parere, dietro alla differenza di contenuti che Francesco chiedeva di sottolineare, c’è una differenza di impostazione concettuale e metodologica tra due visioni della persona umana. Provo a spiegarmi.

Il testo fonda la dignità umana sulla dimensione ontologica dell’uomo, cioè sul suo essere, prima e “al di là di ogni circostanza in cui i singoli possano venirsi a trovare” (n.7). Al numero 9 dichiara che questo essere va inteso secondo la definizione di Boezio: “sostanza individuale di natura razionale”. Dove per sostanza individuale va inteso “un soggetto che, ricevendo da Dio l’esistenza, “sussiste”, vale a dire esercita l’esistenza in modo autonomo”. Poi definisce la natura come “le condizioni proprie dell’essere umano” che rendono possibile l’agire dell’uomo. Infine interpreta la razionalità come l’insieme “di tutte le capacità di un essere umano”, perciò anche la sua relazionalità e corporeità.

Sempre al n. 7 distingue poi quattro dimensioni della dignità: quella ontologica, in cui tale valore della persona non viene mai negato essendo l’essere trascendente le condizioni concrete di vita; quella morale, quella sociale e quella esistenziale in cui, invece, tale dignità può essere persa, negata e misconosciuta (cfr. 7-9). Ora, le dimensioni morali, sociali ed esistenziali sono chiaramente nell’ambito dell’agire umano, determinate perciò dalla propria natura. Sembra, perciò, doversi ammettere, secondo il documento, che la dignità umana risiede nel suo essere “sostanza individuale”, mentre nel suo essere “natura razionale” essa può anche non darsi: “Nell’esercitare la propria libertà per coltivare le ricchezze della propria natura, la persona umana si costruisce nel tempo. Anche se, a causa di vari limiti o condizioni, non è in grado di mettere in atto queste capacità, la persona sussiste sempre come “sostanza individuale” con tutta la sua inalienabile dignità. Questo si verifica, per esempio, in un bambino non ancora nato, in una persona priva di sensi, in un anziano in agonia” (n.9).

Al di là della fedeltà o meno di questa interpretazione al testo originale di Boezio, questo modo di pensare la persona umana sembra proprio non essere in grado di uscire dalle secche del relativismo e del soggettivismo che il documento vorrebbe combattere. Già da cardinale, Benedetto XVI aveva detto: “il concetto di persona di Boezio deve venire criticato perché del tutto insufficiente”, dato che restava chiuso in un orizzonte individualistico e non ammetteva il riconoscimento della relazione fin dalla sua fondazione. Solo richiamando la sua relazione creaturale con Dio si poteva recuperarne una relazionalità fondativa. E questo significa che senza riconoscere la relazione con Dio, la dignità della persona umana non può essere riconosciuta nella sua dimensione relazionale, ma solo in quella individuale. Ora, è evidente come questo renda impossibile dialogare su questioni così rilevanti con chi non riconoscere la fede in Dio o ha altre fedi, rischiando di spingere il credente verso una deriva giudicante, non del tutto consapevolizzata, verso chi ha una fede diversa o non ne ha.

Il testo poi continua, sottolineando che l’essere ad immagine e somiglianza di Dio è relativo al singolo individuo, in una dimensione trascendente, che precede le sue relazioni con gli altri. Commentando il testo di Gen 1, al n. 11 si dice: “Essere creati a immagine di Dio significa, pertanto, possedere in noi un valore sacro che trascende ogni distinzione sessuale, sociale, politica, culturale e religiosa. La nostra dignità ci viene conferita, non è né pretesa, né meritata”. Cioè, la dignità risiede nella dimensione trascendente, in cui l’immagine di Dio esiste nel singolo individuo, non nella relazione tra sé e gli altri. Al contrario, invece, tutto il prosieguo delle citazioni dell’A. T. del n. 11 segnalano come sia proprio il corpo concreto e non la trascendenza il luogo in cui tale dignità viene riconosciuta o meno, proprio nella relazione con gli altri. E nel N.T. si rincara la dose, laddove il giudizio di Cristo è fondato sul criterio dell’amore relazionale concreto, non su quello del riconoscimento oggettivo della propria dimensione ontologica.

Dal n. 14 al 16 il testo indica, poi, come negli sviluppi moderni del concetto di dignità umana sia sempre più sottolineata la dimensione individuale, che viene segnalata in linea con il concetto classico cristiano derivante da Boezio. Coerentemente, infine, il lamento (cfr. tutta la quarta parte del documento) della deriva individualista della dignità umana viene spiegato tutto con l’aver tolto di mezzo il rapporto con Dio: “Sarebbe pertanto un grave errore pensare che, lontani da Dio e dal suo aiuto, possiamo essere più liberi e di conseguenza sentirci più degni” (n.30). Ci si richiama alla necessità di vivere e riconoscere la dignità umana nelle relazioni, ma lo si fa continuando a condividere, proprio con chi si combatte, l’idea che è il singolo, nella sua fondazione individuale, ad essere depositario della dignità. Resta vero che il testo menziona anche gli sforzi di chi ha tentato una fondazione diversa, meno individualistica (cfr. n. 13), ma sembra che tali impostazioni non intacchino il nucleo di base del ragionamento del documento.

Il paradosso è che collegando la dignità alla relazione con Dio ci si dimentica che Dio è relazione in sé, non individuo. L’essere ad immagine e somiglianza di Dio, allora, non risiede nello stare singolo dell’individuo, ma nella sua dimensione fondante come “relazione sussistente”, concetto ben presente nella tradizione cristiana (cfr. S. Tommaso). Ogni persona è tale perché è la somma concreta e vivente di una relazione tra altri due che lo hanno preceduto e fondato (un padre e una madre). E, anche la sola esistenza del corpo di quella persona (ad esempio l’ombelico e la determinazione sessuale) sta proprio lì dichiarare la provenienza e il destino relazionale di sè stessi, fondando la possibilità di una dignità non trascendente, ma profondamente incarnata.

Ciò è ancora oggi possibile come terreno comune, sia a chi crede che a chi non crede, per riconoscere la necessità del rispetto di quel corpo-persona. Non a caso tutte le questioni che vengono trattate nella quarta parte del documento, in cui si segnala il confine tra lecito e illecito, sono tutte connesse al rispetto del corpo-persona. Non c’è bisogno di una fondazione trascendente per rendere solida la presenza della dignità: sarebbe sufficiente recuperare il valore del rispetto per il corpo inteso come frutto di una relazione che ci precede e che non ci è disponibile, e che rimanda al corpo-persona come al luogo primordiale in cui ci si ritrova e ci si fonda.

Pensata così la persona umana e la sua dignita hanno il loro fondamento nella relazione concreta e non nella sostanza astratta. Differenza forse poco percepibile, ma che ha una immensa portata reale.

Ad esempio, quando il documento, al n. 22, prova a dire che la dignità umana si dà realmente in modo progressivo e dinamico, ciò può essere accolto solo se riconosciamo che, essendo una relazione, l’essere umano raggiunge sé stesso e si perfeziona solo dentro alle relazioni e che la sua dignità pensata solo come un dato individuale trascendente, avulso dal corpo vissuto, rischia di essere un concetto vuoto.

Perciò il problema diventa quello di saper riconoscere la traccia della dignità anche quando nell’esistenza, la sua pienezza cosidetta “ontologica” non c’è ancora, ma il corpo continua ugualmente a segnalarci che non possiamo fare del nostro corpo-persona e di quello degli altri ciò che vogliamo. Invece di soffermarci solo a segnalare che certe azione ledono la dignità umana, dovremmo allora provare a riconoscere e a dichiarare come, in che forma e modo, tale dignità, percepita nel vissuto reale delle mie relazioni corporee, resta vera pure dentro all’immoralità dei miei atti, dentro all’esistenza “indegna” che mi trovo a vivere, o dentro a delle condizioni sociali ed economiche “disumane”.

Mi rendo conto che l’obiettivo del testo sarebbe quello di mettere una barriera al relativismo soggettivista. Ma ciò che il testo non riconosce è che se restiamo nelle medesime basi culturali che  hanno reso possibile il terreno di cultura su cui tale soggettivismo è cresciuto, non otteremo alcun risultato, usando linguaggi e concetti che rischiano di parlare ad un uomo che non li può recepire più. Il relativismo si sconfigge, invece, vivendo e riconoscendo la relazione concreta che il nostro essere corpo-persona continuamente ci regala e ci richiede. E questo Francesco lo sa bene.

14 risposte a “Dignitas infinita”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Se è vero che nella creatura corporea esiste dignità in quanto creata a immagine e somiglianza del Creatore, questa ha bisogno di diventare persona compiuta se cerca relazione con il Dio suo creatore. A sua volta diventa creativa di relazione con i propri simili proprio da quel DNA infuso in essa dal Creatore. Perché, mi domando, è dovuto venire il Cristo a portarla a salvezza? Se non che le sole doti personali non avrebbero potuto aggiungere giorni di vita più di quelli che il corpo avrebbe consentito. Per questo è da credere che sia l’amore reso manifesto da un Dio Padre, a voler mandare aiuto a questo essere vivente da Lui creato e dargli la possibilità di essere anche la sua vita umana un bene per sempre. Un dono di amore salvifico, che l’uomo creato creatura libera può a sua volta imparare a esercitare con scienza e intelligenza relazionandosi con i propri simili. inseriti in quel regno di cui Cristo è stato primo Fratello per tutta l’umanità

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    Carissima Paola.Grazie. Spesso io provoco x essere criticato, x poi rassicurare le mie idee. Uomo in ricerca. Sempre. Ti riassumo.
    1)Uomo ontologico o “personale.
    Se visto come COSA statica… A che pro la Vita??
    Prova. Trasformazione.Evoluzione. Delta.
    Ma cosî è sempre COSA ma in evoluzione?
    2) lasciando da parte la COSCIENZA, che ognuno intende come vuole, LA domanda clou:
    Esiste una identitå PAOLA che non cambia x tutta la Vita? Dicesi PERSONA e non puô che essere trascendente . Ci accompagna attraverso la morte : é Spirituale. come Dio.
    2) La prova della Vita serve x avvicinarci a Lui.
    Gesû ci insegna meno PENSIERI e ++++Azioni e ci dice tutto sull’Uomo . Non ci manca niente.

  3. Pietro Buttiglione ha detto:

    Per onestá ho guardato la Dignitas, parte quarta ( voluta dal Papa) che almeno parla delle cose concrete.
    OK.
    Ma non vedo i NOSTRI mal di pancia interni ( cfr la dignità delle donne che qui è stata denunciata..)
    AUTOREFERENZALITA’. COME SEMPRE.
    Ad es. jn quasi tutte le pagine si nomina un Papa o la Chiesa. Cioé NOI e ancora NOI e poi NOI ,
    Tantissime citazioni interne, alla Bollore’…
    Davvero un gruppo assediato che cerca di trovare sostegno all’interno
    una ventina di pag. di riferimenti e indici/ +ben 5 tra presentazioni e introduzioni e premessa…
    Ma cosï si parla ai tantissimi pecoroni non inquadrati nelle varie strutture, qual io sono e fui???
    Ciao

    • Paola Meneghello ha detto:

      Pietro, una volta che sei uscito dalla struttura, difficilmente torni indietro, perché questo non vuol dire perdere Cristo, anzi.
      Chi non vi fosse ancora entrato, in cerca di rassicurazioni, certamente qui di certezze ne trarrà ben poche.
      Ma i problemi della coscienza secondo me non si possono regolare, perché sono privati e indisponibili.
      Ha ragione Borghi a vedere una contraddizione nel cercare di regolare il Mistero, per sua natura indefinibile, tanto più se dotato di principio ontologico individuale, quindi inaccessibile.
      Manca il coraggio di andare fino in fondo. Si dice e non si dice.
      Ma forse è fatto apposta, per scontentare tutti: la Chiesa così com’è non dà più frutto, è come un ramo secco, che deve morire per poter rinascere a nuova vita..
      Ormai, forse, pure la questione femminile è superata da quella teologica: quale Dio e quale essere umano? Macchina, o persona dotata di coscienza individuale e non determinabile e regolabile?

  4. pietro buttiglione ha detto:

    Al §349 mi cascano le braccia.

    TERZO RAMMENDO x troppo lungo..^—^
    Cito:
    ” la realtà dell’uomo in realtà non è visibile… non perchè la dimensione interiore e spirituale sia ovviamente sottratta alla percezione sensoriale che però può essere almeno evocata mediante metafore e simboli; ma più radicalmente perchè ciò che l’uomo è, non è adeguatamente rappresentato neppure da una accuratissima descrizione della sua parabola storica, tracciata con la più completa documentazione di fatti “oggettivi” Astrusi astratti??Provate a mettervi nei panni di quel poveretto che dopo centinaia di pagine e migliaia di citazioni si era illuso di riuscire a capire finalmente COSA è L’UOMO. Dove è deragliato il treno.. precipitando nella INCOMUNICABILITA’??
    Mi dispiace ma anche con la DIGNITAS non vado avanti.
    E mi dispiace anche per coloro che devono leggersele e studiarsele.

  5. pietro buttiglione ha detto:

    —> IMO invece Gesù ce lo ha mostrato. E oso sostenere che la sua venuta ne aveva proprio quello scopo…
    Mistero è restato ( ma x motivi ontologici) solo DIO:
    SEGUE DA PRECEDENTE…
    ( Avete scritto un libro x dirci che non avete poi capito COSA è l’Uomo??)
    —> e non serve nascondersi dietro ” il tema è complesso/variegato/allusivo/poliedrico/mobile/ecc
    sembrano tutte scuse x obiettivo fallito. Riconosco che il tema era ‘alla luce della Scrittura’ ma non vedo affatto nessuna LUCE erompente chiarificante.. Soprattutto per la visione SOLO x particolari, come se girasse un film..

  6. pietro buttiglione ha detto:

    Allora. Iniziato a leggerla- Annoto le parole Dignità personale ma la sociale?/occidentale/astrusi astratti/(approvata x ultimi)/apodittico.. poi precipitato a piè pagina a “Che cosa è l’uomo” che non conoscevo… Ragazzi! un MARE di pagine.. 350 paragrafi!!
    Per concludere cosa?? CONCLUSIONE alla penultima&ultima:
    ______________________________
    Che l’uomo è un Mistero.
    ——————————————
    Segue x commento troppo lungo ( pensa se ne avessi fatto una vera analisi!!)

  7. Pietro Buttiglione ha detto:

    Non riesco a rispondere a bomba, boulever
    Ho bisogno di tanto tempo x pensare tra paroloni astratti e categorie ideologiche.
    Mi limito a focus sulla parola RAZIONALE” di “l corpo è transitorio, l’anima spirituale, l’individualità razionale, ”
    Per dire che la categoria RAZIONALE, lascito dell’illuminismo, non sia affatto COSTITUTIVA e CARATTERIZZANTE dell’identitá umana. Cito I.A. Cito il linguaggio, epifenomeno conseguente..
    Chiedo:
    * Una Persona poco intelligente è ancora Uomo?
    * E se il suo linguaggio è povero? Quindi il pensiero… Ecc ecc
    X me l’ Uomo si differenzia dal resto x lo SPIRITO ( COME POTENZIALITA’)
    PS. Non certo x i sentimenti comuni con gli animali…

  8. Claudia Maria ha detto:

    Tutte le elucubrazioni teologiche possono ingarbugliarsi tra loro quanto vogliono e mi scorreranno vicino lasciandomi piuttosto indifferente se ‘dignitas infinita’ mi suona come dignità dell’uomo.
    In contemporanea mi risuona troppo un ‘dignitas negatur’ relativa alla condizione femminile (che già è grave così com’è nel mondo intero, ma non è che la chiesa ci si metta d’impegno a migliorarla. Anzi, direi il contrario.)

  9. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Vorrei aggiungere che non solo il concepito ma non ancora nato e ‘ da ritenersi uomo-donna/persona e godere di rispetto e dignità. Così avviene di provare rifiuto quando un uomo, condannato viene anche giustiziato, un affronto a quel valore sacro trascendente di cui è dotato dalla nascita. Un essere al di sopra di ogni altro vivente; una persona non può pensarsi diventare il nulla, il mai esistito, perché ogni azione del suo corpo risponde al suo animo che è dato per essere immortale. Ecco dunque un sentimento che è stato da Dio stesso quando non ha punito Caino con il dargli la morte, ma gli ha ancora riconosciuto il diritto alla vita, nella speranza di un ritorno a Lui?. Così e quando il Dio, o il prossimo prova sentimenti come fratellanza, solidarietà, amore, la scintilla divina posta

  10. Paola Meneghello ha detto:

    Il corpo è transitorio, l’anima spirituale, l’individualità razionale, non lo è .
    Significa davvero che c’è in noi un Principio ontologico a sé stante che denota la nostra dignità di esseri finiti, certo, ma di diretta emanazione divina.
    Il problema è l’ignoranza di questo Seme in noi, e probabilmente il male deriva dall’identificarsi solo con l’apparenza ego-ica.
    Ma il corpo fisico e l’esperienza personale, sono lo strumento privilegiato per conoscere quel divino in noi ed esperirlo, renderlo concreto.
    E allora, certamente è vero che il rifiuto o l’incapacità di accettarci per come siamo, può essere un errore.
    Ma solo l’individuo nella propria Coscienza può avere la risposta.
    Per questo è importante un contatto interiore, percorso spirituale per eccellenza.
    Secondo me, dobbiamo smetterla di cercare certezze e assoluti.
    La vita è un percorso mai uguale ad un altro .
    L’importante è non fare male agli altri e cercare di amare /si e perdonare/si.

  11. Maria Cristina Venturi ha detto:

    Prima di tutto dovrebbe essere definito cosa si intende per ” dignita infinita ” . E’ una virtu’ intrinseca ?E perche’ se l’ uomo e’ un essere finito, e’ infinito nella sua dignita’ ? Tra i laici ” diritti umani ” , ( che non parlano di dignita’ e che non pretendono di essere infiniti) , e il religiosamente tradizionale concetto che tutti gli uomini sono ” figli di Dio” e percio’ a immagine e somiglianza di Dio si e’ una scelta una via di mezzo insulsa. Cosa e’ questa dignita’ infinita? un pazzo omicida non e’ degno eppure non lo si puo’ fare fuori . Anche Nerone, Stalin Hitler erano esseri umani, benche’ siamo stati definiti mostri.

  12. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Osando: un nato con grado di intell.inferiore per uno stato di debolezza materna, confermo quanto al p.9. ma anche circa la dignità acquisita nel suo” essere relazionale”, concreta nel tempo resa manifesta per cultura ricevuta, una sensibilità cuore e ragione, concreta vivendo la propria vita in attività e relazione sociale. A una esistenza umana va riconosciuto tutta la dignità, per il credente e non, :” Dio si è fatto conoscere da Abramo, uomo giusto” – Gesù Cristo con:” chi non accoglie il regno di Dio come l’accoglie un bambino, non entrerà in esso”. si riferisce a uno stato spirituale da raggiungere certamente facendo scelte da uomo libero, una esistenza la cui dignità lo fa vivere da risorto. Tale dignità come può sussistere in comportamenti indegni? Sembra mostruoso ma , oggi dell’ uomo si fa macchina da guerra, carne da macello!!, solo da Dio il giudicare cosa se e quanto sia rimasto in quell’essere “creato a sua immagine e somiglianza”.

  13. Paola Meneghello ha detto:

    Ma, se si parla di relazione, c’è uguaglianza, forse.
    Quando Dio, secondo la dottrina cattolica, crea una persona, corpo e anima, non la crea perfetta, già perfettamente in armonia, se no saremmo già tutti risorti nello Spirito..
    Quell’armonia è il lavoro di una vita, che riguarda la creatura, e che dipende dall’amore relazionale.
    Certamente anche andando oltre i propri egoismi individuali. Ma se Dio mi crea con una disarmonia, tra il dentro e il fuori, non ho il diritto/dovere di provare a ripristinare l’armonia mancante?
    Certamente, c’è tutto il discorso su oggettivo e soggettivo, dove si gioca la faccenda dell’ideologia, secondo me.
    Perché un conto è il caso soggettivo, altro è l’ oggettiva verità: cioè dire che il genere dipende sempre dalla percezione personale.
    Ma allora, forse la difficoltà è proprio rispettare la dignità e unicità del soggetto nelle sue infinite espressioni, di Dio, direi io, che non è mai catalogabile.

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