La scelta difficile della Croce

Come la Croce può essere una presenza costante, seppur silenziosa, tra un viaggio papale e una sentenza della Cassazione, tra un'incarcerazione ingiusta e il ricordo di un santo...
22 Settembre 2021

La Croce «non vuol essere una bandiera da innalzare, ma la sorgente pura di un modo nuovo di vivere. […] Il testimone che ha la Croce nel cuore e non soltanto al collo non vede nessuno come nemico, ma tutti come fratelli e sorelle per cui Gesù ha dato la vita». Queste le parole che papa Francesco ha pronunciato in Slovacchia, nel corso della sua visita apostolica nell’Europa dell’Est. Le sue parole sono state accompagnate anche da gesti concreti, come l’abbraccio dato ai fratelli di rito bizantino, alle minoranze residenti in quelle terre e soprattutto ai rom, numerosi in Slovacchia, eternamente emarginati e discriminati. La Croce, dunque, non è una mera icona identitaria, ma un simbolo, che rappresenta un modo di vivere e un sistema di valori da incarnare con autenticità: amore, innanzitutto, ma anche accoglienza, solidarietà e rispetto dei più poveri.

È interessante che questo richiamo giunga pochi giorni dopo che in Italia una sentenza della Cassazione abolisce l’obbligo dell’esposizione nelle aule scolastiche del crocifisso. Quale migliore esaltazione della Croce che toglierle l’etichetta di semplice “arredo scolastico”, al pari di un mobiletto? In questo modo ritorna ad essere qualcosa di vivo e significativo, magari oggetto di dialogo tra i nostri studenti, eventualmente esposto insieme «con i simboli di altre confessioni presenti», con cui possa incontrarsi. Mai come oggi, in una società plurale e pluralista, liquida e relativista, appare effettivamente necessario il richiamo ad una scelta libera e liberante, consapevole e dialogante, da cui far sgorgare anche una riformulazione di quel sistema di valori rappresentato dalla Croce: radicato nel Vangelo ma aperto ed attento alla voce del presente, perché «i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo» (Lettera a Diogneto). Quanto è facile invece dare per scontati questi valori, facendoli diventare prima stantii, poi confusi, infine dimenticati, in favore di opzioni dogmatiche, superficiali e comode! Niente di più lontano dal senso delle parole di Gesù: «se qualcuno vuol venire con me, smetta di pensare a se stesso, prenda ogni giorno la sua Croce e mi segua».

Per capire quanto sia impegnativo questo invito basta guardare ai paesi dove i cristiani sono perseguitati. Scriveva Patrick Zaki nel 2019, con un articolo che gli sta valendo mesi di insulsa detenzione in Egitto, che «non passa mese senza che si verifichino incidenti dolorosi contro i copti egiziani, dai tentativi di sfollamento nell’Alto Egitto, ai rapimenti, alla chiusura di chiese o ad altri attentati» e che in tribunale la testimonianza di un cristiano conta meno di quella di un musulmano. Tuttavia bisogna fare attenzione a non tracciare confini con troppa leggerezza, perché, continua Zaki, molti cristiani uomini utilizzano a proprio vantaggio i cavilli maschilisti delle leggi sull’eredità dei musulmani, «di conseguenza la legge è diventata un ostacolo per le donne nell’ottenere i propri diritti, specialmente per le donne cristiane». Ecco come i perseguitati diventano persecutori, all’occorrenza.

La Croce perciò è una scelta di coraggio e coerenza che va intrapresa nel quotidiano, mantenendo salda la sequela di Cristo. Tutto questo mi ricorda le parole di un vecchio amico, padre Rutilio Sanchez, che ci ha lasciati lo scorso 5 settembre. Il Padre Tilo, come lo chiamavamo noi adesso lo piangiamo, era un sacerdote salvadoregno che, dopo aver collaborato con San Oscar Romero, ha lavorato per quarant’anni a fianco delle comunità rurali di El Salvador, insieme alla missionaria italiana Mariella Tapella. Nel 1981 scriveva che «già da prima di essere sacerdote, tutta la mia giovinezza l’ho dedicata al servizio dei miei fratelli. Come contadino, figlio di contadini, sento che il sacerdozio, del quale Dio mi ha onorato senza che lo meritassi, non lo avrei potuto realizzare senza l’opera di accompagnamento che attuato finora. […] Ho ottenuto doni bellissimi da Dio e il più grande è stato servire il mio popolo in mezzo a grandi sacrifici. In onore di tanti martiri mi impegno a rendere ogni giorno più concreto l’amore verso i miei fratelli e gli uomini tutti, specialmente i salvadoregni più poveri».

Parole profetiche, di un uomo innamorato di Dio e del suo popolo, che sapeva cosa vuol dire portare la Croce nel cuore e non solo al collo. Ci mancherà.

Una risposta a “La scelta difficile della Croce”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    E’ consolante questa gratitudine espressa un uomo che prova gratitudine verso Dio per i doni a lui elargiti e godere di un sacerdozio Che lo porta a esercitare ogni giorno l’amore verso i fratelli, i più poveri. Così quella testimonianza in Slovacchia di sposi che hanno scelto di unirsi in matrimonio preparandosi a un amore cristiano, convertiti per fede a Cristo. Forse ci sarebbe bisogno, oggi che Cristo non siede più tra i banchi in aule di studio, domandarsi come invitare a conoscere un padre della lingua italiana, Dante Alighieri, se non si solleva a domanda, la risposta di chi era quel Cristo che il poema tutto esprimeva realtà di fede. E, ancora cosa ne sarà di tutti quei pastori che sono chiesa ma che non hanno saputo conquistare alla fede fratelli , dopo che Lui proprio a questo li ha chiamati:” Venite dietro a me, e vi farò pescatori di uomini”.”Maestro siamo perduti” quando nella tempesta,ma disse loro”Dov’è la vostra fede?.

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