Nasceva cento anni fa in Asiago Mario Rigoni Stern, cantore epico di uomini e natura, fine custode della memoria di un mondo e di una civiltà, quella montana, che oggi andiamo scoprendo come risorsa per il nostro vivere quotidiano.
Alpino su tutti i fronti della seconda guerra mondiale, prigioniero nei Lager tedeschi dopo l’8 settembre, è a seguito della terribile ritirata di Russia che diviene chiaramente cosciente del valore unico della pace e della fratellanza, contro ogni violenza e conflitto: troppe le morti senza senso, troppe le sofferenze, troppa la follia, troppa la sopraffazione dei deboli per ideologie malvagie e disumane. Tale coscienza lo condurrà a rischiare la vita, in un campo di prigionia in Masuria, per non aderire alla Repubblica Sociale di Salò. Da lì, tornato fortunosamente a casa, una vita di quotidiano lavoro ad Asiago, di scrittura prima febbrile e poi sempre più pacata, di testimonianza civile per una polis rispettosa dell’umanità, di vigile ammonizione di fronte al consumismo che divora l’ambiente: valori etici racchiusi, con poetica intensità, in storie che hanno tutta la bellezza della grande letteratura.
Oggi, giorno in cui i cristiani ricordano coloro che hanno vissuto le beatitudini secondo la carta del Regno, sentiamo particolarmente cara una figura pur laica come Mario Rigoni Stern, assetato di giustizia, costruttore di pace, perseguitato per fedeltà alla coscienza, capace di non fare dell’afflizione motivo di odio ma di verità.
Dovremmo con più ampiezza alzare lo sguardo verso quei testimoni che, anche se in chiave non prettamente religiosa, hanno saputo vivere con coerenza secondo quei “semi del Regno” che, per chi crede, vengono dallo Spirito. Mario Rigoni Stern considerava il bosco la sua cattedrale, la contemplazione del creato una forma di preghiera, il tratto riservato e umile una forma di esistenza. Come Tönle, indimenticabile protagonista di Storia di Tönle, cittadino del mondo e della propria comunità, sente la vocazione di diffondere la linfa delle proprie radici senza chiusure, senza muri, senza paure, per trasformare i doni ricevuti in condivisione:
E se non c’erano confini in aria perché dovevano esserci sulla terra? E in questo “per loro” intendeva tutti quelli che i confini ritenevano cosa concreta e sacra; ma per lui e per quelli come lui, e non erano poi tanto pochi come potrebbe sembrare ma la maggioranza degli uomini, i confini non erano mai esistiti se non come guardie da pagare o gendarmi da evitare. Insomma se l’aria era libera e l’acqua era libera doveva essere libera anche la terra.
Salva la vita grazie a padre Ottorino Marcolini, che lo trattiene mentre prova a scappare da una sentinella tedesca, legge durante la prigionia il Vangelo:
Padre Marcolini mi aveva donato un piccolo Vangelo. Incominciai a leggere. Quando arrivai al discorso della Montagna tutto mi parve chiaro. Mi sembrava di capire senza alcuna ombra. Era la fame che mi aveva portato a questa chiarezza di pensiero? Capii che gli uomini liberi non erano quelli che ci custodivano, tanto meno quelli che combattevano per la Germania di Hitler. Che noi lì rinchiusi eravamo uomini liberi.
Tra tutti, amava particolarmente il Vangelo di Giovanni, come rispose in un’intervista:
Un testo memorabile: «Il vangelo di Giovanni. Lo lessi nel lager, con la fame, il freddo e i pidocchi. Mi sembrò tutto chiarissimo. Perché i teologi e gli esegeti ne discutono tanto?»
Leggere le pagine di Rigoni è permettersi un’immersione nel silenzio, è acconsentire al tempo che scorre con armonia, è rinsaldare la nostra storia con le storie delle terre che abitiamo, dal piccolo villaggio alla grande e antica Europa.
Se ci muoviamo su questi passi, seguendo le tracce degli animali, sostando ai piedi degli alberi ‘salvifici’ (Arboreto salvatico è l’erbario medievale del nostro tempo), condividendo racconti ed esperienze con gli amici, concedendo spazi alla memoria di volti tramontati, allora sperimenteremo – sembra promettere Rigoni ˗ una serenità profonda, non illusoria, non idilliaca, ma umana.
In questi giorni tinti dal colore dell’autunno, mentre ricordiamo persone care scomparse e destini di luce, ci farà bene imparare ancora la gratitudine, secondo le parole scritte da Mario Rigoni Stern alla fine del suo ultimo libro, Stagioni, consegnato poco prima di morire:
Cosí una dolce malinconia ti prende, la melanconia dell’autunno, e sotto un larice, all’asciutto, cerchi anche tu un luogo dove accucciarti per meditare sulle stagioni della tua vita e sull’esistenza che corre via con i ricordi che diventano preghiera di ringraziamento per la vita che hai avuto e per i doni che la natura ti elargisce.
(ph Giuseppe Mendicino)
Mario Rigoni Stern: sergente ma uomo di pace, cacciatore ma uomo rispettoso della natura, maestro di buoni e saggi comportamenti. I suoi libri sono stati per me un insegnamento, e mi hanno accompagnato nella vita, anche nei momenti di difficoltà. Mi piace anche la definizione di laico, soprattutto per il richiamo al rispetto tra i popoli. Belle anche le sue considerazioni sul Vangelo di Giovanni che lui ha letto durante la prigionia. Un uomo di montagna che ha visto con anticipo il valore e il rispetto per l’ambiente in cui viviamo.
Buon giorno…ammiro Mario Rigoni Stern…da lui ho imparato a mangiare il miele..il primo libro che ho letto e stato Uomini boschi e api..Ho visitato la sua tomba nel cimitero di Asiago…un grande uomo
.seppellito sottoterra..che umiltà. Da Lui si può imparare moltissimo! Tutti i suoi libri sono meravigliosi. Cordiali saluti Biason Rosina Marisa