Caro Francesco, hai detto qualcosa che ci ha ferito

Come profondo amante degli animali resto spesso sconcertato dalle forme delle attenzioni umane verso di loro
17 Gennaio 2022

Il 7 gennaio, su “Il Fatto quotidiano”, la giornalista Morena Zapparoli, conduttrice e autrice televisiva, scrive un articolo dal titolo: “Caro papa Francesco, il Santo di cui porti il nome sarebbe d’accordo con chi ha cani e gatti”. L’obiettivo della giornalista è commentare la frase di Francesco, pronunciata durante un udienza generale due giorni prima. Nel contesto di una catechesi sulla paternità affidataria di San Giuseppe, Francesco dice: “Oggi la gente non vuole avere figli, o uno e non di più. Tante coppie non vogliono. Ma hanno due cani, due gatti. Sì, cani e gatti occupano il posto dei figli”.

Il contesto è chiaramente connesso al tema della denatalità, della possibilità di accedere all’affido e all’adozione familiare. La relazione con gli animali domestici è solo un esempio per mettere in evidenza alcune dinamiche e motivazioni legate alla denatalità. (Su questo rimando all’ottimo articolo di G. Savagnone).

Come la dott.sa Zapparoli, mi permetto di uscire dal contesto delle parole di Francesco e di prendere spunto dal suo commento ad esse, per riflettere su cosa riveli il nostro modo di relazionarci con gli animali domestici.

La giornalista, dopo aver a lungo lodato Francesco per tutte le cose che le hanno consentito di provare simpatia per questo pontefice, afferma che “l’altro giorno, però, hai fatto qualcosa che ci ha ferito”. “Vedi Francesco, per noi un cane o un gatto è una creatura di cui prenderci cura perché non siamo noi a possedere loro, ma sono loro a possedere noi”.

Mi sono detto: bella questa idea, mi sembra contenga un’attenzione, delle persone di cui la giornalista si fa portavoce, per tutte le creature di Dio. Mi aspettavo perciò, a seguire, una descrizione di ciò che si fa per la “cura” di questi animali. A seguire, invece, trovo, ben sette frasi tutte aperte dall’espressione: “Per noi…”, in cui si lodano le emozioni che gli animali, con il loro comportamento, consento di sperimentare ai loro “padroni”. Ma non era che erano le persone ad essere possedute dagli animali?

Possono “darci un amore incondizionato”; “sanno parlare senza bisogno di usare il nostro linguaggio”; “sono gli unici in grado di capire davvero quando stiamo male”; “sono i figli che Dio non ci ha mandato” (esattamente ciò il Francesco stesso dice e che lei contesta!); “sono una medicina preziosa”; “sono un bacio, una carezza, una preghiera”; “sono tutto e non potremmo più neppure immaginare di vivere senza di loro”.

Sono assolutamente certo che Zapparoli dichiari questo con sincerità e che esso sia effettivamente il vissuto di moltissime persone che hanno animali domestici in casa. E la mia riflessione nasce proprio qui, in tre osservazioni.

La prima. In queste espressioni è difficile negare come gli animali, più che sostituire appena i figli, spesso finiscano per sostituire esperienze mancate di amore più o meno incondizionato, di sostegno, di scambio affettivo e comunicativo, di contenimento del dolore. Il dilagare della presenza degli animali domestici nelle nostre case, dichiara perciò quanto in esse, tali esperienze “urlino” spesso l’urgenza di essere surrogate. Certo, molto meglio viverle con un animale, che in altre forme sostitutive, assai più devastanti per la persona. Ma lode, allora, a chi sa rendersene conto e lo ammette, invece di sublimare il proprio rapporto con l’animale attraverso ideali di cura per il creato, perfettamente smentite dai fatti.

Come profondo amante degli animali, infatti, resto spesso sconcertato dalle forme delle attenzioni umane verso di loro. Strumenti assolutamente innaturali per gestirli: guinzagli, cappottini, pedalini, lettiere, cibo specializzato, fronzoli e ninnoli sul loro corpo; addestramento a fare i loro bisogni solo in certe aree e solo in certe ore; costrizione a vivere in habitat domestici assolutamente inadatti alla loro inclinazione naturale; loro utilizzo sfacciato per nostri obiettivi relazionali, psicologici o economici. In tutto questo, davvero faccio molta fatica a riconoscere che “non siamo noi a possedere loro, ma sono loro a possedere noi”.

Proprio sotto questo aspetto, quando Zapparoli dichiara che san Francesco “sarebbe di certo d’accordo con noi”, parla di qualcosa che non conosce. Ma è perdonabile. La conoscenza effettiva del rapporto di Francesco con gli animali non è roba di cultura generale. Il poverello non ha mai avuto un animale domestico e il suo rapporto con gli animali è sempre stato vissuto nel criterio dell’amore ordinato delle creature. Cioè, rispettando la verità del loro essere creature di Dio, perciò fratelli e sorelle nostre e Parola sua per noi, ma sempre nella verità del dominio dell’uomo su di essi, esercitata a servizio della volontà di Dio. Il “lupo di Gubbio” e la “predica agli uccelli” sono eloquenti in ciò.

Seconda osservazione. Ancora più rilevante è il senso del valore delle relazioni umane, che si intravvede dietro a queste relazioni con gli animali. Non poche persone che hanno animali domestici, infatti, hanno un’opinione assai diversa da quella dichiarata dalla giornalista. Per loro non è per nulla vero che “se ci fosse stata concessa la possibilità di diventare genitori, nel nostro cuore ci sarebbe stato posto per tutti.” Anzi, dichiarano apertamente che non vogliono avere con gli umani un rapporto simile a quello che hanno con gli animali, perché questi sono molto meglio degli altri, per due motivi. Intanto perché non tradiscono. E secondo perché non chiedono nulla in cambio.

Ciò rimanda potentemente alla difficoltà, oggi, molto diffusa, di istaurare relazioni personali, in cui i sentimenti aprano un rischio emotivo e una presa in carico dell’altra persona. Perciò la relazione affettiva con gli animali, permette proprio di “surrogare” parzialmente il bello dello scambio emozionale di una relazione, ma senza una appartenenza sentimentale “intera”, in cui si metta davvero in gioco il nostro essere e si assuma davvero la responsabilità per il bene complessivo dell’altra persona. Una via di mezzo che costa poco, ma almeno consente emozioni.

Terza osservazione. Ma allora di quale tipo di amore stiamo davvero parlando? Di quello a cui Cristo ci invita? Perchè il problema ancora più a monte è se l’amore abbia o no a che fare con l’ordine, con la verità delle cose. Nelle riflessioni della giornalista si intravvede chiaramente quello che sembra essere un dogma intoccabile della cultura post moderna, che riecheggia anche in alcuni commenti a questo articolo di Manfridi: l’amore non ha ordine. Non ha regole se non sè stesso, non costruisce gerarchie tra le cose, non indica la verità delle cose. Al contrario, la tradizionale visione del rapporto amore verità, della teologia passata, ipotizzava che fosse l’ordine della cose (la verità) a creare e permettere l’amore. Un amore che non fosse ordinato secondo la verità percepita, prima e fuori dall’amore, non poteva essere amore vero.

Credo che entrambe le posizioni siano da rivedere. Anche chi fa esperienza di amore con gli animali sa bene che non è vero che non esistono regole in quel rapporto. Non fosse altro per permettere a quell’essere di sopravvivere e di stare in salute affinchè assolva alla funzione che ha per me! Perciò affermare che l’amore non ha ordine è chiaramente falso. Il problema è se questo ordine precede o segue l’amore, ne è la causa o l’effetto. Forse oggi potremmo pensare che è l’amore a produrre ordine, a produrre verità: più amo e più mi rendo conto del valore effettivo dell’oggetto del mio amore e più cercherò di rispettarlo, anche in rapporto alla sua natura e a tutti gli altri legami di amore che vivo. Difficile dire che l’amore per un figlio ha lo stesso valore, la stessa verità, dell’amore per un cane. Chi pensa ad un amore senza regole, forse non ha fatto abbastanza esperienza di un amore compiuto, intero, in cui davvero tento di dare spazio all’amore per tutto ciò che esiste: proprio per questo il mio amore compiuto creerà delle gerarchie, perchè il mio amore non è infinito, ma limitato e non può darsi con la medesima intensità e coinvolgimento verso tutto e tutti.

C’è sempre un prima qualcuno… anche nel vangelo!

6 risposte a “Caro Francesco, hai detto qualcosa che ci ha ferito”

  1. Renato Cursi ha detto:

    La verità ci farà liberi (sì, anche ferendo le coscienze punte nel vivo e anestetizzate dal “siamo in tanti a rifuggiarci negli animali domestici”). Più che arrampicarci sugli specchi per dare ragione a tutti, rimbocchiamoci le mani per tradurre pastoralmente questi sacrosanti richiami.

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Adottare un bambino non può essere come di un animale. Dall’animale di quanto comporta il convivere, spazio permettendo, cure dovute spesa da sostenere in cambio di di una esigenza personale, compagnia, sicurezza,o altro. Se si adotta un bambino suppongo, come per un figlio è un “dare” che non assicura un ricevere! E’ un donare amore che non si può sapere quanto costerà o il cui costo non conta. Una persona da anni dal tempo di Cernobil ospita la stessa persona accolta bambina oggi sposata che torna con una figlia una volta all’anno e offre anche a distanza aiuto’ Non e forse così come e più diventata madre?

  3. Cristina Bulgheroni ha detto:

    Accedere all’affido o adozione è una scelta delicata , entrano in gioco tanti fattori…. Resto d’accordo che sostituire e “risolvere” con un cane resta una scelta discutibile, ma quanta sofferenza alla quale non si dà voce e si compensa, magari sbagliando, come si riesce.
    Non so alla fine come mi pongo rispetto alle parole del Papa (perché la frase singola estratta dal contesto sicuramente non è sufficiente); non so se sono d’accordo con la giornalista che comunque come al solito: prendo una frase e faccio un arringa mediatica provocatoria.

  4. Giuseppe Risi ha detto:

    Mi sembra un articolo equilibrato e “riparatore” rispetto alla superficialità del precedente articolo sullo stesso argomento.

  5. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Aggiungerei una parolina:
    Naturale,
    spesso circolante in ambito cristiano.
    Si concilia con ‘addomesticati?
    Chiudo con un fatto.
    Quando salsiccia, la cadnetta di mi figlia che vive in casa con loro, spesso facendo l’amore con la copertina, incontra per strada un suo simile che le si avvicina.. che fa??
    Gli abbaia contro violentemente, lei che è sempre tranquilla e calma.. ( pincher, credo..)
    Perché?
    Vi traduco cosa sta significando:
    ” Ma tu che cavolo vuoi da me??
    Io sono un UMANO!¡”
    Naturale??

  6. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Il motivo per cui molte coppie giovani preferiscono prendersi cura di un cane o un gatto ,piuttosto che avere bambini, e’che occuparsi dei bambini e’ piu’ difficile, complesso, faticoso, non sempre gratificante. La societa’ odierna e’ basata sul ” benessere” individuale come unico fine, parole quali sacrificio, fatica, dovere sono bandite dalla mentalita’ corrente. Una generazione di narcisisti vuole solo rapporti gratificanti per il proprio ego, col cane il rapporto non e’ alla pari , il cane e’ fedele, affettuoso, il bambino e’ un essere umano in potenza, colla sua perdonalita’, puo’ essere difficile, capriccioso,non sempre cresce col carattere che il genitore vorrebbe, non sempre e’ grato , da adolescente diventa spesso un giudice dei propri genitori ,eccetera. Chi me lo fa fare? questo e’ il ragionamento: il cane e’ come un bimbo giocherellone che non cresce mai, che non ti chiede nulla, non ti critica, non ti giudica .

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