Tikkun olam, rigenerare il mondo, anche oggi

Dopo la giornata della Memoria, che echi sentiamo e che letture dell'attualità possiamo e dobbiamo fare, tenendo conto dell'orrore che è accaduto e di quelli che ancora accadono.
29 Gennaio 2024

È proprio perché ho letto Etty Hillesum, Edith Stein e Primo Levi.
È proprio perché mia madre ha insistito perché io vedessi coi miei occhi Buchenwald, Dachau, Mauthausen, la Risiera di San Sabba e le Fosse Ardeatine.
È proprio perché in famiglia ho sentito fin da piccolo i racconti di fughe dalle persecuzioni naziste.
È proprio perché ho letto tanti lavori di storici e storiche.
È proprio per questo che credo fermamente che sia necessario conoscere e trasmettere la storia abominevole degli stermini nazisti.
Ed è proprio per questo che ritengo sia giusto e possibile farlo anche nel tempo drammatico che stiamo vivendo.
Benedetto Croce e Antonio Gramsci scrissero che la storia è sempre contemporanea, nel senso che è in fondo inevitabile reinterpretare gli eventi passati alla luce di quelli presenti.
In fondo, lo studio della storia serve per capire i meccanismi delle relazioni umane e decifrare il presente, oltre che il passato.

In questi giorni ho detto più volte, in interviste televisive, interventi pubblici e in forma scritta, che non condivido i parallelismi forzati e l’uso di parole utilizzate con disinvoltura, più per il loro valore di impatto che per il loro significato.
Sono dell’idea che si possa descrivere quanto sta accadendo in Palestina, e anche prendere chiaramente posizione, anche senza tirare in ballo, da una parte e dall’altra, paralleli forzati con il nazismo. Non è una questione di stile: io la vedo proprio come questione di sostanza.
Allo stesso tempo, è proprio tutto quello che ho letto e visto e ascoltato sugli stermini nazisti a portarmi, nella totalità della mia coscienza, a rigettare tutte le forme di banalizzazione e di strumentalizzazione di quella tragedia.
Mi interrogo profondamente sui limiti di una politica della memoria che finisce soltanto per proporre rituali pubblici gonfi di retorica e svuotati di significato, creando calendari fitti di date, ma che non si interrogano sul senso complessivo della storia tragica del cosiddetto “secolo breve”, il Novecento.

Italo Calvino fece dire a Marco Polo che il ponte è fatto da molte pietre, e che ogni pietra va raccontata per capire la linea dell’arco che sorregge il ponte.
Dovremmo essere capaci di considerare ogni evento storico, ogni pietra del ponte, nella sua specificità, senza fare mescoloni senza senso, ma allo stesso tempo non dovremmo perdere di vista la linea dell’arco. Dovremmo essere capaci di unire i puntini, come ha scritto la giornalista Amira Hass.
Dovremmo essere capaci di collocare gli stermini nazisti come l’abisso più abominevole di una lunga traiettoria genocidaria che ha attraversato il ventesimo secolo, non frutto dell’improvviso impazzimento di una notte, bensì esito orrendo di una lunga catena di discorsi disumanizzanti, dispositivi repressivi, espulsioni forzate, universi concentrazionari iniziati negli stati borghesi, sviluppati nei contesti coloniali e potenziati negli stati totalitari.
È proprio perché ho letto Maus di Art Spiegelman ed è proprio perché mi è entrato nella pancia come un pugno che non sono stato zitto e non starò zitto sentendo ministri e deputati che paragonano la popolazione di Gaza (o di qualsiasi altro luogo della Terra) ad animali e subumani o ne propongono la deportazione forzata.
È proprio perché ho letto, visto e ascoltato che non sono stato zitto e non starò zitto tutte le volte che sento dividere l’umanità in “razze” superiori e in popoli subumani, in persone che meritano di vivere e in vite che non meritano di essere protette, in comunità che hanno diritto al loro spazio vitale e in comunità che devono essere rinchiuse, controllate continuamente, sorvegliate e represse.
È proprio perché onoro profondamente le vittime degli stermini nazisti e le persone sopravvissute che dico continuamente “mai più”: mai più per nessuna persona, per nessuna ragione, per nessun popolo.
E se anche “mai più” non dovesse essere vero, e se anche tutto ciò che è stato si ripetesse nuovamente, io mi auguro che noi avremo la forza di Etty Hillesum.
Mi auguro che sapremo vedere il gelsomino e lo spicchio di cielo azzurro al di là delle macerie e del filo spinato, ben sapendo che le macerie e il filo spinato per ora restano, ma con la profonda convinzione che anche a noi un giorno, dopo l’orrore, toccherà il compito del vero “tikkun olam”, della rigenerazione del mondo e dell’umanità.

4 risposte a “Tikkun olam, rigenerare il mondo, anche oggi”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ci sono echi che perseverano farsi presenti attraverso i mezzi di comunicazione, la stampa es., che suppongono di giudicare il sentire e le idee di certo prossimo derivante da una propria valutazione, opinione, che può anche diventare offesa. Della senatrice Segre sono note le tristi vicende trascorse di cui si fa ricorrente memoria. Chi più di Lei può non provare profondità di dolore e sofferenza per tutte quelle vittime innocenti di bambini coinvolti nelle guerre di oggi!? Lei ha provato questo dramma da bambina e quanto sia stato profondo il dramma vissuto di quei tristi giorni, solo lei può conoscerlo. Opinioni da qualsiasi persona autorevole provengano e muoverle accusa di un supposto distinguo tra vittime del proprio popolo e quelle palestinesi, è da un ingiusto giudizio, offensivo in quanto da qualsiasi alto scranno ha incoraggiato a opporsi ad ogni idea che non sia di rispetto della persona umana tanto più in difesa della vita dei bambini di qualsiasi popolo

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Quanto precede al comune cittadino, pare sia dovere a consapevolezza dell’enorme tragedia subita da Israele ieri e con il sovrappiù accaduto oggi, così simile da esserne come annientati in quelli rimasti vivi di ieri e di oggi. Se non c’è questa percezione di male subito da un essere umano, questo provare dolore straziante condiviso, non si può sperare in una risalita dell’animo ne pretenderla.Non e con l’apporto di aiuti per giustificata offesa che si può rimediare a questi trascorsi, e non è che neppure sipuo accusare questa reazione come “vendetta”. ma un dolore sconfinato che cerca chi ne è stato artefice, perseguire coloro che nell’oggi hanno ripetuto quanto fatto prima. Il popolo inerme, innocente che ne è stato vittima può riconoscersi in quello anche palestinese di oggi, civili inermi con in animo altrettanta disperazione e ricerca di condividere la stessa terra in una pace che sa anche perdonare

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    La Shoah, per come a distanza di tempo viene ricordata dai superstiti ai posteri affinché i posteri meditino quanto si è realizzato di male in stato di odio, e il dolore sempre cocente che permane neppure sopito, fatto storico isolato, impossibile a ripetersi,!,Cosi non è stato, inimmaginabile, si è ripetuto in Israele/Palestina. Come una provocazione infernale nel cuore di una Terra definita Santa per la storia sacra che accumuna più Fedi nell’unico Dio. E’ forse perché questa Fede non c’è più? che la agognata Pace come araba fenice sembra possibile ma poi non si realizza? domandarsi perché in nome di quel Dio non si tragga saggezza anche dalla Sua Parola a perseguire questo fine?Così La protesta dei contadini ne è esempio altro, per importanza, “il pane quotidiano “ perché seme unico indispensabile al povero, necessario alla vita e la salute di ogni uomo, da preservare originale così il rispetto del lavoro per chi lo coltiva. Così andando Si vive di paura

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Dovremmo essere capaci di guardare oggi coloro che sono stati capaci di progettare e attuare quell’infernale assalto di inermi civili il 7/10; per quanto si tenti di considerare ciò che ne è stata la causa, e’ stato così abominevole da offendere qualsiasi essere umano che cammina sulla terra. E non è possibile la capacità se non di voltare la faccia quando si presentano sorridenti, nel ruolo di patrioti per una causa che si pretende giustifichi il fatto. Il “mai più’” chi avrà il coraggio di pronunciarlo se non si considerano i mezzi con i quali si ricorre a dirimere problemi sempre e ancora con le armi? I tentativi sono molteplici ma serve riappacificare gli animi per avere percezione che certi limiti non debbano mai essere superati perché quelli che già sono stati non sono da essere umani. Speriamo se ne abbia coscienza non solo in rispetto delle leggi civili, ma proprio a voler diventare veri uomini

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