«Popolo mio, coloro che ti guidano ti sviano e distruggono il sentiero per cui devi passare!» (!s 3,12), perciò «il Signore inizia il giudizio con gli anziani e i capi del suo popolo» (Is 3,14).
In ciò confortato, sia detto con umorismo (forse un po’ “black”), mi è sembrato giusto cominciare l’analisi delle questioni che ruotano intorno alle due vicende di guerra che interessano maggiormente la nostra opinione pubblica (Gaza e Ucraina) dal vescovo di Roma, discutendo il suo giudizio del piano di pace di Trump («sembra realista») e suggerendo con affetto filiale di ripensare radicalmente quelle che stanno diventando le interviste del martedì a Castel Gandolfo (vedi qui). Quest’ultime, infatti, per il ruolo istituzionale del loro autore non possono essere ridotte ad una «chiacchierata» – come fa Matzuzzi su Il Foglio (quando lui stesso le aveva usate qui per argomentare un presunto «capovolgimento totale della linea» di Francesco) – tant’è che la loro evoluzione delle ultime ore – e il modo in cui sono state riportate – richiede un articolo a parte che uscirà presto.
Nel frattempo, se è vero che bisogna “attenzionare” innanzitutto le guide del popolo di Dio, è altrettanto vero che, in seguito, «il Signore si presenta per giudicare il suo stesso popolo» (Is 3,13).
In altri termini, anche se la guida al Potere (qui ecclesiale) imboccasse la retta via – che è spesso quella più complessa da pensare e da seguire – un problema non secondario sarebbe costituito da coloro che dovrebbero ad essa ispirarsi, in modo leale seppur critico. A tal proposito, avevo individuato come esempio significativo la narrazione settembrina su Avvenire delle relazioni pericolose tra Russia e fronte orientale della Nato. Da un lato, evidenziandone (qui) gli aspetti critici e non condivisibili per il loro alimentare paure e fake-news che contribuiscono ad una escalation (quantomeno del riarmo) che tutti dicono di non volere ma che, come nella tragedia di Gaza, pochi poi si impegnano ad evitare. Dall’altro lato, cogliendo (qui) gli sforzi sinodali per “far suonare anche l’altra campana” e restituire una visione più complessa e quindi più completa dei fatti – finalizzata ad una de-escalation capace di evitare il rischio che in ogni stagione ecclesiale (“guelfa” o “ghibellina”) venga proposto come cattolico quello che è semplicemente di parte, scontentando sempre l’altra di parte e fomentando divisioni e risentimenti che si armano già nelle parole scambiate.
È allora interessante, o almeno utile, verificare se c’è stata – e quale è stata – l’evoluzione del nostro amato Avvenire nelle settimane successive, soprattutto in merito alla serie di avvistamenti di droni “svolazzanti” sugli aeroporti europei e di caccia “scavallanti” le linee di confine degli stretti corridoi internazionali del mar Baltico [1].
Da un lato, Fabio Carminati continua (qui) a parlare di «segnali concentrici» verso «un’ultima chiamata all’Europa, fatta in stile mafioso, da parte del piccolo zar del Cremlino» grazie ai suoi «hacker di corte», e di «episodi contenuti (…) ma concatenati tra loro» che lasciano «poco spazio a deviazioni», quasi a rappresentare «una lettera anonima ai destinatari occidentali». Dato anche il linguaggio tutt’altro che amorevole, non basta premettere che «forse è eccessivo pensare» tutto ciò – o avvertire che si tratta di «speculazioni» che poi giustificherebbero i «personaggi (anche italiani) “equivoci” (…) a spingere per la risposta vigorosa» – perché, contrariamente a quanto pensa il nostro giornalista, «si fa peccato» a concludere che «movente, arma e circostanza ci sono», contribuendo così a questo «gioco al rialzo, che passa dal riarmo» e – Dio non voglia! – finirà con i popoli europei trascinati in una guerra che nella loro maggioranza non desiderano. Che senso ha, altrimenti, concludere l’articolo con la frase ad effetto secondo la quale «la difesa dai cosacchi e dai loro cavalli assetati (…) è tutta sulle spalle degli europei, divisi e litigiosi»? «”United we stand, divided we fall” (che tradotto significa: uniti resistiamo, divisi cadiamo) disse Winston Churchill agli americani nel 1941. Ma erano altri tempi» – conclude Carminati, invitando ad un’unità che ricorda tanto il “serrare le file” immediatamente precedente all’inizio della battaglia.
Sempre sulla stessa linea si è mosso anche Nello Scavo – lo dico a malincuore (pensando alle sue coraggiose inchieste) – che parla (qui) di «minacce sul fianco Est dell’Europa», mescolando (qui) «violazione dello spazio aereo» baltico e polacco, «esercitazioni militari congiunte, denominate “Zapad”» e «700 mila uomini ammassati sulle linee del Donbass», fino a chiamarle (qui) «sfide lanciate a Unione Europea e Nato» con «lo scopo di spaventare gli europei» ma così «innescando maggiore tensione regionale». Anche Luca Geronico ha continuato (qui) a parlare di «nuove provocazioni nei cieli» dell’Est Europa e di «segnali evidenti di una pressione militare crescente», riferendosi agli avvistamenti di droni sia sopra la base militare danese di Karup (di provenienza e destinazione misteriosa) sia, forse (sono incerti gli stessi norvegesi), nei pressi della base militare di Orland. Giovanni Maria Del Re, infine, in una sorta di apice di questa frenesia bellica, ha (qui) descritto addirittura il Consiglio europeo informale, tenutosi ai primi di ottobre in Danimarca, come «non proprio un vertice di “guerra”, ma poco ci manca (…) sullo sfondo delle ultime scorribande in Europea di droni e jet, almeno in parte attribuite alla Russia». Insomma, da questo lato, nulla di nuovo dal fronte occidentale – anzi orientale – di Avvenire…
Dall’altro lato – perché fortunatamente c’è un altro lato – abbiamo una Redazione che si è limitata (qui) a descrivere il problema informatico avuto da «un fornitore di servizi per i sistemi di check-in e imbarco» (che ha causato disagi e ritardi certi soprattutto negli aeroporti di Bruxelles, Berlino e Londra) come «episodio» da vedere con sobrietà e altrettanta complessità, in quanto «potrebbe inserirsi nella strisciante guerra ibrida che si sta giocando attorno al conflitto in Ucraina, ma anche alle possibili manipolazioni mediatiche per “eccitare” il clima di sospetto e antagonismo che ormai domina in Europa»: ciò che però ad oggi sappiamo è che è stato arrestato (e poi rilasciato dietro cauzione) un cittadino inglese accusato di un “banale” reato di estorsione…
Sulla stessa linea della Redazione sembra essersi mosso un ottimo Luca Miele – che ricordo autore di un bellissimo libro su Bruce Springsteen – a cui è stato affidato di scrivere (qui) della vicenda dei droni che hanno sorvolato lo spazio sovrastante gli aeroporti di Oslo e Copenaghen. Fulminante e significativo il suo incipit: «di certo c’è che si è trattato di droni. Di incerto, c’è tutto il resto»: autori, provenienza, addirittura destinazione (« – I droni sono spariti – ha fatto sapere “a caldo” il vice ispettore di polizia, Jakob Hansen»); il che, suggerisce Miele, avrebbe dovuto consigliare quella prudenza che ha mantenuto anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte, a dispetto dei «toni» usati dalla von der Leyen («l’Europa risponderà a questa minaccia con forza e determinazione»). Inserirei però in questo lato di Avvenire anche gli ultimi articoli di Marta Ottaviani, perché, nonostante le solite notizie (qui) volte ad alimentare la paura che «la Piazza Rossa stia dando vita a una riserva di militari da impiegare (…) nella peggiore delle ipotesi in altri obiettivi, fra cui (…) il territorio della Nato», sembra essere stata colta da una sorta di visione come san Paolo sulla via di Damasco. Dapprima ha dato la significativa notizia dell’arresto a Varsavia di Volodymyr Z., un cittadino ucraino (il secondo dopo quello arrestato ad agosto in Italia) che sarebbe coinvolto nel sabotaggio del Nord Stream – il cui autore ancora oggi si dice che sia stato la Russia (a proposito di false flag!). In seguito (ma leggibile solo su cartaceo), pur continuando a parlare di «guerra, convenzionale e ibrida» russa e di «costante minaccia» dei cieli europei, ha scritto degli ultimi droni avvistati sopra la base militare belga di Elsenborn e su quella tedesca di Monaco riconoscendo finalmente che «non c’è al momento, alcuna certezza sulla “paternità”, la provenienza e le rotte seguite dai velivoli senza pilota [nonché] le finalità delle incursioni di droni che si materializzano all’improvviso e, con la stessa velocità, “spariscono” dai radar».
In conclusione, che dire? Alla luce dell’obiettivo che si è posto Leone XIV di «uscire dalle polarizzazioni» mi sembra chiaro quale dei due lati di Avvenire possa aiutare il vescovo di Roma nel raggiungimento del proprio obiettivo e, quindi, quale “fronte” debba essere rafforzato e quale un po’ smussato. La stessa cosa, credo, penserebbe Angela Merkel, dal momento che di recente, in una video intervista al portale ungherese Partizán, ha sostenuto che nel giungo del 2021 il tentativo di creare «un nuovo meccanismo per parlare direttamente con Putin come Ue (…) alcuni non lo hanno sostenuto, in particolare i Baltici, ma anche la Polonia», mentre «la diplomazia è sempre necessaria». Anche con la Russia. Anche con Putin.
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[1] Su droni e caccia sempre interessanti le considerazioni di analisidifesa.it (qui e qui).
E dopo la bella Speranza e gioia condivisa che veramente la guerra in Palestina ieri sia finita, con la consegna degli ostaggi israeliani e il rilascio di migliaia di prigionieri palestinesi. oggi già ci sono esternazioni perché solo quattro corpi di 28 morti sono stati consegnati. La restituzione degli altri e’ vivamente attesa a dare a ognuno onorata sepoltura, e “ il forum delle famiglie degli ostaggi pretende “una risposta severa” da governo e mediatori; un accordo deve essere rispettato da entrambe le parti” se Hamas non rispetta la sua, nemmeno Israele dovrebbe farlo”” La Stampa). E se non si trovassero più i mancanti? cosa magari possibile dopo tanto disastroso tempo, forse che questa decretata Pace, sarebbe insicura? Perché pur essendo degna di merito l’operazione Pace intrapresa dal Presidente Trump, poggia su un accordo con più’ Partners, e il perdente e soggetto alle altrui decisioni. Una Pace giusta e duratura, sarà possibile?
E oggi stiamo assistendo a Sharm el-Sheikh al vertice della Pace!!, Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, e’artefice della fine di una guerra che sembrava difficile sperare. Parlando ai leader li convocati dopo la firma dell’accordo per la Pace, siglato anche dai mediatori Presidenti di Egitto, Turchia e Qatar, alla cerimonia ufficiale così ha detto :”Oggi, abbiamo dimostrato come la pace sia possibile, con nazioni responsabili che mettono da parte le loro differenze, cercano un terreno comune e perseguono un mondo migliore per tutti noi. Oggi per la prima volta nella vita, abbiamo un’opportunità irripetibile di lasciarci alle spalle vecchie faide e odi acerrimi e di dichiarare che il nostro futuro non sarà governato dalle lotte delle generazioni passate”. che abbiamo realizzato insieme in questi ultimi giorni cambierà la storia e sarà’ ricordato per sempre”. Il fatto ha del miracoloso, questo un bene anche voluto dall’Alto”.una cosa nuova!
Pertanto, guardando all’oggi, mi sembra che l’unica Voce che si eleva fra tant’è grida la più equilibrata sia quella diPapa LeoneXIV, e sarebbe questa un richiamo a un ritorno veloce ll diplomazia del Dialogo a fugare quei timori che sembrano essersi impossessati degli stessi Governanti Europei, i quali si sentono deboli a fronteggiare la forza che il potere di armi assicura. E’ un indietreggiare un segno di mancanza di fiducia nei confronti di una diversa prova di intesa, che non ha ragione essere imposta grazie al potere del più forte, ma dalla ragionevolezza del “popolo” che ritiene la vita di ogni persona essere salvaguardata, il desiderio che ogni individuo anche se debole ha diritto a vivere in pace. Avere a cuore il bene comune e l’unica via sicura, per la quale merita gettare l’arma e imbracciare l’arma e imbracciare l’aratro. E’ saggezza salomonica, ma oggi se non questa, dove porta quella missilistica?
E come non condividere che la “diplomazia sia sempre necessaria” a dirimere una controversia, mai sentita affrontata a fondo delle sue radici quale risulta a un semplice cittadino europeo, sorta tra Russia e Ucraina Che si comprendono nella stessa lingua.? Suona scandalo arrivare a superare i limiti come l’allargamento del conflitto ha assunto coinvolgimento “europeo”?oggi!!. Suscita perciò il medesimo rifiuto a livello popolare l’idea di precipitare in una guerra globale senza domandarsi se non si sia trascurata la “prima via” quella che in fin dei conti è stata intrapresa intelligentemente e scientemente dopo il trauma di due precedenti guerre il cui ricordo di dolore e distruttiva inciviltà ancora le mille croci parlano a ammonimento per i posteri. Si, Frau Merkel , Cancelliera il cui operato ha reso stabile e onorato tale impegno al l’Unione stessa dei Paesi europei.
Da tutta qs complessità estraggo solo che:
1) il fronte occidentale è diviso impotente in una parola sconfitto
2) xchè Putin non dovrebbe approfittarne?
3) EUR : GAZA = PUTIN : NET. In ambedue i casi i vincitori fino a dove si possono spingere??
4) dipende solo da cosa EUR&HAMAS sono disposti a concedere.
Beh, no Pietro. Il post vuole indagare soprattutto quanti problemi sollevi (rispetto alle soluzioni offerte) questo linguaggio (giornalistico) bellico che dà per scontate alcune letture che sono quantomeno discutibili. L’occidente è sconfitto perché diviso e impotente se c’è una guerra contro di esso. Ma siccome è proprio questo che è in discussione, oltre al come si “affronta” l’eventuale dilemma, ecco che divisione diventa discussione, impotente diventa diplomazia. Tralascio 3 e 4 perché al massimo Gaza è Ucraina, ma di certo non Europa…