Informazione religiosa o cerchi magici?

Da un convegno dell'Ucsi emerge che la vera sfida non è quella di essere bravi a parlare di noi, ma di essere bravi a parlare di tutti e di tutto
14 Ottobre 2012

Strano titolo, “Gli spingitori di cavalieri”, per un convegno sull’informazione religiosa. Il convegno si è svolto sabato scorso, 20 ottobre, a S. Galgano, ed è stato organizzato dall’Ucsi (Unione cattolica della stampa italiana) della Toscana insieme a quella del Lazio. Il titolo è preso da un’esilarante caricatura dei giornalisti fatta da Corrado Guzzanti che – parrucca bionda, tono drammatico e sguardo suadente – si chiede cosa spinga i cavalieri a fare i cavalieri e ne deduce che ci sono degli spingitori, sui quali è pronto a mandare in onda un’inchiesta.

La dietrologia è sicuramente uno dei mali dell’informazione, ma anche della ricostruzione storiografica. Permette di cogliere qua e là elementi slegati tra loro, di estrarli dal contesto e di ricomporli in fabulae indubbiamente affascinanti, ma che non hanno rapporto con la realtà. Purtroppo, però, vengono spacciate come approfondimenti, come “la verità che nessuno vi vuole dire”, la vicenda che “si vuole a tutti i costi tenere segreta”. Internet, e in particolare Facebook, è piena di questo tipo di comunicazioni, che si legittimano non per l’aderenza ai fatti, ma per la promessa di svelare cospirazioni di soggetti non ben identificati che vogliono tenere nascosta la verità. E molti, tra i lettori o ascoltatori, ci cascano.

Che non sia solo un problema delle notizie di attualità, lo dimostra la storia stessa di S. Galgano, cavaliere del XII secolo ritiratosi a vita eremitica nella zona di Montesiepi, in Toscana. Secondo la tradizione, Galgano piantò anche una spada nella roccia, ancora visibile. Il cavaliere eremita non poteva immaginare che pseudo-storici e divulgatori vari avrebbero costruito, attorno al suo gesto e alla sua vita, storie di misteri e di esoterismo, mescolando cavalieri, spade, tradizioni e traduzioni, santi graal, cerchi magici, culti pagani, in un pastrocchio che unisce il tranquillo borgo toscano con la tavola rotonda di re Artù. Il tutto con la complicità di giornalisti che hanno rilanciato queste narrazioni trattandole come notizie.

Il convegno è stato tanto denso di contributi, che è difficile sintetizzarli. Qui mi interessa soffermarmi su alcuni spunti di riflessione e su alcune domande che credo non dovrebbero essere lasciate cadere. Ovviamente, la critica all’informazione religiosa dei media laici (qui nel senso di non appartenenti alla Chiesa) è stata forte: sono stati denunciati i criteri di notiziabilità adottati nelle redazioni, che portano a seguire solo i vertici e non il popolo di Dio; il sensazionalismo, che porta a dare un’immagine deformata di tutto ciò che è religioso; i pregiudizi, che spingono a dare spazio solo alle notizie che mettono in cattiva luce la Chiesa; la tendenza a considerarla solo come soggetto “politico”…

Il risultato è un’informazione quantomeno incompleta, ma spesso decisamente deformante o fuorviante.

Dal dibattito, però, sono emersi anche i punti deboli dell’informazione che nasce all’interno della Chiesa e che viene proposta dai media cattolici: un’informazione che non sa parlare al mondo, tanto che viene seguita quasi solo dai cattolici stessi e non riesce a svolgere quel ruolo di “ponte” con il mondo laico che permetterebbe di aprire con esso un dialogo costruttivo, oltre che di costruire un’immagine della Chiesa più articolata e rispondente al vero. Insomma, se da un lato ci sono i media laici che – forse perché troppo condizionati dal mercato – non fanno quell’informazione religiosa che i cattolici vorrebbero, dall’altra ci sono i media cattolici, che non fanno quell’informazione religiosa che i laici vorrebbero (e cioè obiettiva, completa, pluralista). Gli uni – i media laici – perché troppo condizionati dal mercato, gli altri – i media cattolici – perché troppo estranei al mercato, come qualcuno al convegno ha fatto notare. Stare sul mercato, infatti, non è di per sé un fatto negativo, quando significa impegno ad adottare linguaggio e narrazioni adatte al grande pubblico, non necessariamente composto di praticanti, cioè di persone “interne” alla Chiesa.

In alcuni ambiti, poi, l’informazione fatta dai cattolici non è considerata attendibile: ad esempio nel caso della divulgazione scientifica, ormai guardata con diffidenza, perché avvertita come condizionata da schemi ideologici poco compatibili con la scientificità dei saperi. Eppure, in un’epoca così fortemente segnata dal progresso scientifico e sotto un papato che ha messo il rapporto tra fede e ragione al centro del proprio insegnamento, un contributo dell’informazione cattolica che abbia le caratteristiche della credibilità sarebbe indispensabile anche in questo ambito.

I giornalisti ed esperti laici che hanno partecipato al dibattito hanno fatto notare un’asimmetria: per quanto in modo discontinuo e carente, i media laici dedicano spazio all’informazione religiosa, mentre i media cattolici sembrano non porsi il problema di dare spazio a ciò che si muove nel mondo laico e di fare, su di esso, un’informazione completa e obiettiva. E forse è proprio questo il limite che impedisce all’informazione fatta dai cattolici di essere presa come punto di riferimento da tutti i cittadini che vogliono essere correttamente informati. C’è stato chi ha fatto notare che una stessa notizia è maggiormente seguita se data da un media laico che se data su un media cattolico, per il semplice motivo che quest’ultimo è considerato di parte. La vera sfida, guardando anche al futuro, non è quella di essere bravi a parlare di noi, ma di essere bravi a parlare di tutti e di tutto. Insomma, è quella di fare semplicemente una buona informazione, che quando è buona lo è per tutti.

In fondo, che cosa sapremmo della nostra Chiesa, se non ci fossero i media laici che – con i loro limiti e le loro partigianerie – pubblicano notizie e chiedono chiarimenti, senza farsi troppo condizionare da un mondo cattolico che vorrebbe controllarli, esattamente come vorrebbero controllarli i politici, i banchieri, le aziende e chiunque abbia un minimo di potere?

 

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