Il diritto di non partire

Se non si sa come accogliere i migranti e i rifugiati non bisognerebbe chiedersi cosa sia necessario fare perché essi non partano?
12 Ottobre 2023

Mentre nel briefing sinodale di ieri si parlava (molto) di migranti, io sistemavo alcune foto per ua lezione da tenere nei prossimi giorni a scuola. In uno di questi scatti, del 1905, Lewis Hine immortala una famiglia italiana in ricerca di un bagaglio smarrito dopo la traversata transoceanica, appena arrivati ad Ellis Island, New York. Negli occhi della madre il timore verso un futuro incerto; in quello del ragazzo la fierezza di chi questo futuro ce l’ha davanti e sa che ora starà a lui costruirlo.

Di recente è stato il decennale (3 ottobre 2013) della tragedia al largo dell’isola di Lampedusa, nella quale perdono la vita 368 migranti per il naufragio della loro imbarcazione: l’evento più disastroso nell’elenco delle migliaia di vittime che in questi ultimi anni il Mediterraneo ha inghiottito troncando i loro viaggi di speranza. Nelle sequenze del docufilm TheLetteFilmr.org (2022), Bilal Seck racconta ad Arouna Kandé il dramma vissuto durante il naufragio nella sua traversata dal Senegal verso le coste europee, ed affida ad Allah i suoi giovani amici che ha visto affogare, stremati, uno ad uno, sotto i suoi occhi.

“Liberi di scegliere se migrare o restare”. Questo, non a caso, è stato il tema scelto da Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2023, preceduta da una settimana di grandi fermenti svolti a Marsiglia, dal 17 al 24 settembre, ricapitolati dal titolo “Mosaico di speranza – Med 23” – terza tappa degli “Incontri Mediterranei”, dopo quelle organizzate a Bari (2020) e a Firenze (2022).

Un programma fittissimo che ha coinvolto la città francese in un vero e proprio “festival” di iniziative: conferenze, concerti, banchetti solidali, celebrazioni, assemblee, esposizioni, visite culturali. 70 giovani di ogni origine e religione per rappresentare il Mediterraneo in tutta la sua diversità. 70 vescovi provenienti dalle cinque sponde del Mediterraneo.

Al termine della settimana la visita di Papa Francesco, che continua il suo percorso e le sue indicazioni, raccolte dal processo di comunione delle diocesi che si affacciano su questo mare e che propongono anche in questo terzo Incontro i temi di riflessione su migranti, accesso all’acqua, grandi povertà, pluralità religiosa, dialogo interculturale e interreligioso, integrazione attraverso l’attività economica, preservazione degli equilibri ecologici. Il vescovo di Roma si presenta a Marsiglia continuando un percorso da lui aperto a Lampedusa (2013) e continuato a Tirana, Sarajevo, Lesbo, Il Cairo, Gerusalemme, Cipro, Rabat, Napoli, Malta, perché questo mare possa essere un messaggio di speranza per tutti.

A Marsiglia l’incontro anche con il Presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron. Su tutto, la citazione di Paolo VI che chiedeva con la Popolorum Progressio di seguire tre “doveri” – solidarietà, giustizia sociale, carità universale (n.44) – e l’affermazione del vescovo di roma, secondo la quale “i migranti vanno accolti, protetti o accompagnati, promossi e integrati. La storia ci interpella ad un sussulto di coscienza per prevenire il naufragio di cività… l’integrazione è faticosa ma lungimirante… abbiamo bisogno di fraternità come del pane”.

Nel messaggio per la 109ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, Papa Francesco parla del diritto a non dover emigrare, un diritto che non ha ancora trovato una codificazione. Questa possibilità, dal punto di vista dei Governi europei, risulta un’auspicio che risponda agli sforzi nell’impedire e nel respingere i flussi immigratori che si ritiene non possano ottenere una adeguata accoglienza. Ma Francesco ce la presenta dal punto di vista di chi emigra: il diritto a non uscire dalle proprie terre dovrebbe essere garantito permettendo a chi lo chiede di vivere in pace e con dignità nella propria nazione. Se questo non avviene, le migrazioni diventano inevitabili:

“Persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria sono tra le cause più visibili delle migrazioni forzate contemporanee. I migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione. Al fine di eliminare queste cause e porre così termine alle migrazioni forzate è necessario l’impegno comune di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità. Un impegno che comincia col chiederci che cosa possiamo fare, ma anche cosa dobbiamo smettere di fare. Dobbiamo prodigarci per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune”.

Se sono i Paesi di origine i primi a dover garantire tutto questo, è anche vero che questi devono essere messi nelle condizioni di farlo e ciò non avviene quando essi sono depredati delle proprie risorse naturali e umane e a causa di ingerenze esterne tese a favorire gli interessi di pochi. Il cammino è ancora lungo, ma gli appelli del Magistero del Vescovo di Roma e delle Chiese di tutto il Mediterraneo sono chiari e forti e richiamano a scelte concrete e decise.

Oggi più che mai.

 

2 risposte a “Il diritto di non partire”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ed ecco che si parla di aspetti diversi dell’e migrazione: quando da calamità naturali oggi nel novero, se da guerre come quelle in atto, sorte improvvise, o per fame di pane e giustizia. In questi e magari altri casi certamente si cerca di far posto, di dividere la propria tavola, magari anche istituendo una accoglienza reale non in serragli di trattenimento ma di offrire ciò che nel territorio è possibile: a un lavoro ,una residenza visto quanti sono i paesi abbandonati da tempo per es. ceduti a stranieri in cerca di luoghi ameni. Emigrante non chiamerei chi lascia il proprio Paese perché cerca una occupazione più remunerativa, e neppure per quella imprenditoria che preferisce trasferirsi e trarre maggior guadagno con un minor costo di forza lavoro. Si tratta di sentire anche amore solidale per il proprio Paese quando in difficoltà come oggi, vi è carenza di personale per la Sanità pubblica! O gente senza lavoro!che elemosina i pasti quotidiani!

  2. Roberto Beretta ha detto:

    Tutto giusto, perché non diventi un alibi come l’ “aiutiamoli a casa loro” che poi diventa solo un comodo modo per tener lontani i problemi. Il diritto a non emigrare comporta un lungo e complesso processo di sviluppo, basta riflettere sul fatto che… non ce l’hanno nemmeno tanti dei nostri figli, costretti a cercare all’estero un po’ di sana meritocrazia. Nel frattempo vorrei difendere il diritto di emigrare, già compreso nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, senza bisogno di essere profughi ma anche solo per mettere a frutto i propri talenti, nel rispetto della propria dignità e nel segno di una effettiva uguaglianza universale

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