Ogni anno il 27 gennaio viene celebrata la “Giornata della Memoria”, istituita dall’ONU il 1° novembre 2005, con la risoluzione 60/7, per commemorare tutte le vittime dell’Olocausto. Come educatori e formatori, noi docenti siamo particolarmente attenti a sensibilizzare gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado al significato di questo evento. Contestualizziamo l’odierna ricorrenza.
Da anni rifletto su come questa Giornata possa essere una occasione per spaziare dall’orrore consumato nei campi di sterminio nazisti a quelli perpetuati nella storia in tanti altri genocidi, da quello dei nativi americani a quello del popolo armeno, fino al massacro in Rwanda, Burundi e Sud Sudan, passando per Cina, Russia, Cambogia, e dalle dittature dei paesi latino americani. Quest’anno, però, sarà impossibile celebrare la Giornata senza fare i conti con il dramma che si sta protraendo in Israele e a Gaza dagli eventi dello scorso 7 ottobre.
Il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha presentato un ricorso presso la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, avviando un procedimento contro Israele in merito alle presunte violazioni dei suoi obblighi ai sensi della Convenzione sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio (la “Convenzione sul genocidio”) in relazione ai palestinesi nella Striscia di Gaza. Israele respinge le accuse che gli sono state mosse contro, ed ora bisognerà attendere il pronunciamento della Corte, verosimilmente non celere.
Ci sono davvero i presupposti per ritenere che quel che si sta consumando a Gaza si configuri come un “genocidio”?
Joshua Frank, analizza sul campo il risultato combinato di tre azioni messe in atto dall’esercito israeliano: l’avvelenamento delle falde acquifere mediante il versamento delle acque reflue marine nei tunnel di Hamas, l’abbattimento sistematico degli ulivi, una delle principali fonti di sussistenza dei Palestinesi (22% dei campi rasi al suolo), l’utilizzo di bombe al fosforo bianco, tossiche e vietate dai trattati internazionali, sganciate da due mesi sui territori. Lo scopo dichiarato è proprio quello di rendere Gaza un deserto (già il 70% delle abitazioni distrutte) e di conseguenza arrivare ad una inevitabile prossima “nakba”, un esodo forzato delle popolazioni palestinesi.
Quello che inorridisce ciascun cittadino dotato di senso civico e attenzione ai diritti umani fondamentali è che non solo Hamas neghi il diritto di esistenza allo Stato di Israele, ma che Israele neghi la stessa possibilità della costituzione di uno Stato palestinese, proposta come unica soluzione alla ultracinquantennale crisi dall’ONU.
Secondo lo storico Antonio Gibelli le motivazioni che fondano le accuse di genocidio a Israele da parte del Sudafrica sono rintracciabili nelle modalità dell’azione israeliana, con le sue uccisioni dirette, i morti, le malattie e le sofferenze provocate, la continuità dell’azione, la complementarietà tra omicidi di civili e pulizia etnica (spostamento coatto ed espulsione di popolazione): “Anche a non considerare le dichiarazioni esplicite di ministri israeliani sulla disumanità dei palestinesi e le intenzioni manifestate dai coloni di Cisgiordania, ma tenendo conto dell’intenzione dichiarata da parte del governo israeliano di prolungare ad libitum l’azione in corso, far rientrare tutto questo nella categoria storica del genocidio appare del tutto legittimo e appropriato. Israele mostra chiaramente l’intenzione di sbarazzarsi definitivamente dei Palestinesi, in un modo o nell’altro”.
Riccardo Cristiano auspica una nuova narrativa che esca da quella di chi oggi si schiera dall’una o dall’altra parte dividendo il mondo in antisemiti – o antigiudei e islamofobi. Occorre un cambio di passo per la soluzione reale dei problemi, posto che lo si voglia fare. In tutta questa drammatica escalation, oltre agli appelli ripetuti del Vescovo di Roma, la voce dell’ONU sembra quella più chiara e decisa, anche se totalmente inascoltata e sabotata non solo da Hamas ma anche da Israele, oramai unico Stato al mondo ad aver disatteso oltre settanta risoluzioni delle Nazioni Unite dal 1951 ad oggi.
Cosa dobbiamo dire? Forse che i comandi divini di sterminio delle popolazioni nemiche per l’occupazione della Terra Promessa rivolti a Giosuè prima, a Saul e a Davide durante il loro regno poi, debbano essere colti non solo come il segno di racconti i cui contorni non sono (fortunatamente?) registrabili secondo coordinate scientificamente storiche ma, e qui la domanda diventa grido, giustificazione e fondazione biblica per uno Stato che ha la Bibbia (Antico Testamento) ma non una sua Carta Costituente?
Torniamo in classe, per condividere con i nostri studenti una Giornata che risponda non solo al grido di Auschwitz ma anche a quello di Gaza.
Più di una volta ho proposto nelle mie classi la testimonianza di Sami Modiano, sopravissuto al campo della morte di Auschwitz-Birkenau, attraverso la visione del servizio “L’amore dopo la tempesta”, realizzato da Roberto Olla e andato in onda su Speciale Tg1 per la prima volta il 26 gennaio 2014. Da quel che ho saputo, Sami predilige incontrare i ragazzi più piccoli, quelli del primo ciclo di istruzione, per condividere il suo messaggio e il suo appello.
Questo particolare mi ricorda i passi evangelici in cui Gesù stesso invita chi lo ascolta a farsi attento alla voce e all’esempio dei bambini, perché “a chi è come loro appartiene il regno di Dio” (Mc 10, 13-16). Mi sembra un principio ermeneutico prezioso ed interessante. Se volessimo elevare a “norma di comportamento” l’invito evangelico, questo, forse, cambierebbe qualcosa. Un esempio interessante lo troviamo nell’iniziativa del World’s Children Prize, il “Nobel dei bambini”.
Oggi, fuori di ogni metafora, sogneremmo un mondo in cui gli adulti si mettano alla scuola e all’ascolto dei bambini: che poi sono le prime e più numerose vittime di ogni conflitto prodotto dai loro genitori. Cosa pensavano i bambini di Auschwitz? Sami, ragazzo a Birkenau nel 1945, ce lo testimonia. Cosa pensano i bambini di Gerusalemme? E quelli di Gaza? E quelli dell’Ucraina, del Sud Sudan, del Myanmar, dello Yemen, della Siria?…
L’elenco potrebbe continuare, ma se dessimo voce e ascolto a loro, piuttosto che agli adulti che non vogliono ascoltare nulla e nessuno, potremmo guardare negli occhi i nostri giovani e dire loro che abbiamo imparato qualcosa dalla lezione dell’Olocausto.
La prima lettura di ieri parlava di Dio che punisce con la peste Israele x aver fatto un censimento degli uomini.
perche??
Il fine era di censire gli uomini abili da mandare a MORIRE in guerra.
Quale peste oggi dovrebbe mandare a Israele x far morire una intera popolazione???
Per questo oggi anche spetterebbe dare voce al comune cittadino prima di ipotizzare la necessità di una forza armata europea dimenticando i vantaggi finora esperimentati quando nelle vertenze che possono sorgere tra Paesi e stato scelto un democratico Pacifico dialogo. Proseguire come in atto stiamo assistendo, a guerra sempre più allargata e senza ipotesi di una fine, e avviarsi in una china distruttiva già sperimentata e che non farebbe onore ai trapassati. Le popolazioni, i popoli di ogni lingua desiderano vivere, e vivere in pace., ed e esclusivamente su questo fondamento che dovrebbero essere messi in atto intelligenti sforzi mirati a un “vero, realistico, BeneComune, come in ogni Paese e in ogni lingua cittadini manifestano in dignitosi e rispettosi modi il desiderio comune di un ritorno a casa di congiunti a costruire un mondo più giusto., Quanta gioia genera un team festeggia una Vittoria sportiva! Questo e’ possibile se in un mondo che si vuole in pace
Tanti anni fa partecipai ad un incontro in una casa religiosa dalle parti di Como.
MARTINI e LARAS.
TEMA: Dlo ha ceduto ad Israele il possesso della Terra promessa?
Sia Martini che Laras parola alla mano lo esclusero.
E parlarono se ben ricordo di sola gestione temporanea.
Ricordo che nel titolo della giornata figurava la parola PIETRE.
La memoria non puo’ essere selettiva e monopolizzata solo da un popolo e non ci sono vittime di classe A e di classe B. 25.000vittime palestinesi oggi sono da ricordare e la richiesta da parte degli ebrei di vietare leanifestaziobe propalestina perche’ oggi e’ il “loro” giorno ,dimostra solo la cecita’ di chi non capisce ” non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” .
Gli ebrei vorrebbero essere trattati come loro trattano i palestinesi ? Se la risposta e’ no allora bisogna che si rendano conto che la Giornata della Memoria non e’ un privilegio concesso solo a loro .
Giorno della memoria… e come possiamo dimenticare se si continua a perpetuare?
27 gennaio, giornata della memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto; sarà così anche per quanto si è ripetuto il 7 ottobre 2023? Il medesimo sentimento indirizzato al popolo ebreo, ma con motivazioni diverse. Allibiti dopo anni di supposta Pace, assistiamo a un emergere di sopita ribellione a una sudditanza mal tollerata da parte della popolazione palestinese coabitante il medesimo territorio. Due popoli che si inchinano al medesimo Dio. Come è possibile pensare che sia anche il Dio dei cristiani? Eppure è così, e non può essere che Egli si faccia diverso a secondare il volere dei popoli, assumendo tratti dissimili a seconda di storie e tradizioni diverse. E’ il medesimo creatore, Padre che ama l’uomo di ogni lingua e popolo, stato egli appartenga e viva. E’ un Dio che ha sacrificato il Figlio per insegnare che solo nella Pace l’uomo può aspirare alla vita a essere suo bene e eterna. orbi di tale saggezza, come non vedere autodistruzione.?
“Sei sempre quello della pietra e della fionda uomo del mio tempo”
Grazie. Un’anali lucida, puntuale e con il cuore che prega e vuole pace. Non più guerre, ma condivisione della Terra , per chi crede, creata da Dio. Non più fratricidi ma rispetto per la dignità di ogni essere umano, per chi crede, creato a somiglianza di Dio.
La questione dei due Stati sarebbe una tragedia annunciata e non corrisponde alla stigmatizzazione dell’errore del primo Stato in una Terra la cui vocazione è universale proprio in ragione della Parola di Dio, questa volta di prima Voce, così come scritta in Deuiteronomio 3, 23-28 e nella Quale Adonai, in maniera molto determinata ed assertiva, si rivolge a Moshe chiarendo gli orizzonti di una Terra della Promessa … quale???
Ci vorrà YeShua per rilanciare questa vocazione universale oltre ogni confine sino a tutti i confini della Terrra … partendo proprio dalla Galilea delle Genti … là mi vedranno … disse alla donna da Risorto …
A tutti noi un ritorno alla Parola di Dio nello Spirito di un Amore di Padre per la Sua Umanità custodita nella Madre e nel Figlio ed affidata alla Comunione dei Santi e di Comunità responsabili.
… a Noi!