Ricetta di vita: umanità e speranza

Da un'esperienza di chiusura e morte può nascere un forte desiderio di vita e di umanità, come dimostra il gesto semplice di prendersi cura di alcune oche e anitre
3 Settembre 2020

Scriveva Italo Svevo ne La coscienza di Zeno: «La vita non è brutta, né bella, ma è originale».
Francamente abbinare un aggettivo tanto intrigante e promettente a quel periodo delle nostre esistenze che va dallo scorso mese di Febbraio fino all’inizio di questa estate, le cosiddette fasi 1 e 2 della pandemia Covid 19, può sembrare fuori luogo, persino indelicato.
Il virus ha travolto come un turbine violento ed improvviso le nostre vite, ha spazzato via le tracotanti certezze che muovevano i nostri passi frenetici, ha congelato quel mondo un po’ frivolo e frastornante da cui attingevamo spesso emozioni come da un pozzo senza fondo, pronto ad approvvigionarci di fatue passioni per tamponare la quotidiana fatica del vivere.
Nel buio di quel periodo, io, ragazzo ventenne, mi sono spesso interrogato sul significato di quanto stava accadendo e, pur faticando a trovare risposte soddisfacenti, non mi sono mai arreso all’idea che un senso non ci fosse.
Chiuso in casa, bombardato da immagini televisive di malati, reparti di terapie intensive, personale sanitario sfinito dalla fatica, morti e bare, ho cercato di reagire alla sopraffazione dell’angoscia dedicando gran parte del mio tempo libero alla lettura.
È stato così che in un nuvoloso pomeriggio di Marzo mi sono imbattuto nelle dichiarazioni rilasciate da Monsignor Alfred Xuereb (segretario dell’attuale Pontefice e secondo segretario privato di Papa Benedetto XVI) durante un convegno organizzato dalla Libreria Editrice Vaticana nell’anno 2013.
Il Prelato illustrava il grande amore del Papa emerito per gli animali; in particolare mi ha colpito la sua narrazione di un episodio verificatosi al termine di un’udienza generale del Pontefice. Alcuni fedeli, provenienti da diverse parrocchie, avevano portato con sé statue di santi, affinché il Papa le benedicesse. Di fronte alla statua di un Santo rappresentato in compagnia di un cane, Benedetto XVI aveva commentato affermando che i Santi diventano più umani quando hanno accanto a sé un animale.
Si affacciava così, improvvisamente, alla mia mente non una risposta esaustiva al mio insistente “perché di tanta sofferenza”, ma uno stimolo alla riflessione: Il coronavirus forse ci imponeva un cambiamento di rotta in direzione di un accrescimento della nostra umanità e di una riponderazione delle priorità della nostra vita.
Meditando sull’affermazione di Benedetto XVI e alla luce della mia convinzione che la morte si riscatta solo con la vita, ho deciso che era giunto il momento di realizzare un desiderio apparentemente bizzarro, che coltivavo da tempo: covare uova d’oca e di anatra e allevarle come animali da compagnia, senza nessuna pretesa di trarne vantaggi economici, con il solo intento di garantire loro benessere. Così ho acquistato online una piccola incubatrice e alcune uova fertili e ho iniziato la lunga procedura di cure e attesa. L’uovo è da sempre il simbolo dell’eterno ritorno della vita, e quelle uova costituivano il mio concreto contributo alla speranza, della quale avevamo tutti tanto bisogno.
Dopo trenta giorni, in una soleggiata mattina di Aprile sono nate due tenerissime oche e, a distanza di poche ore, due anatre umidicce e apparentemente molto stanche. L’iniziale contatto visivo esclusivo con me ha creato un rapporto speciale: io sono la loro madre, il loro punto di riferimento, l’oggetto della loro devozione.
La convivenza con i miei animali ogni giorno mi insegna qualcosa, come ad esempio la capacità di amare e di amarsi, di mantenere la calma e di ascoltare. A qualcuno può sembrare banale, in realtà tutto ciò racchiude in sé l’arte del saper vivere.
Ripensando alla frase iniziale di Svevo, sostituirei l’aggettivo “originale” con “forgiabile”, intendo dire che bisogna sapersi tenere un po’ in disparte dalla frenesia opprimente del vivere, per osservare la vita da lontano e cogliere tutte le possibilità di crescita e di gioia che essa ci offre.

2 risposte a “Ricetta di vita: umanità e speranza”

  1. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Aggancio qui un pensiero.
    Sugli effetti del Covid.
    A ne sembra di vedere in giri:
    – coppie di ragazzini che si cercano, si tengono x mano, si vogliono bene.. tanti teneri!! Molto più di prima!
    – coppie di media età che fanno jogging, molti più di prima…
    – quando mai abbiamo cercati lo sguardo diretto begli occhi? Invece ora, con ste mascherine..
    – a volto coperti si mette in evidenza molto di più il corpo..

    In sintesi: esplosione di umanità.
    Domanda: come si pone la mia CC ?
    Fuori concorso?

  2. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Un esperimento per capire la vita da principio,io sono stata colpita dalla tenerezza dimostrata da una lontra con il suo appena nato,(in Un servTV), struggente così come di quel cavallo fuggitivi da incendio in California,che torna indietro a portare a salvezza il figlio e la madre, e anche di una rondine che è morta aprendo le ali sui suoi piccoli!?Viene da piangere la vista di tanto amore che Dio il creatore ha infuso pure sugli animali,quando oggi si legge di una madre che uccide cinque suoi piccoli e tenta il suicidio di se stessa, quel l’amore esistente in natura, perché è come si è trasformato in una tale distruzione di se?Bisogna rispondere a questo perché non interroga soltanto la coscienza ma un modo di vivere.Si cerca di scusare questo cedimento mortale a un brains-storming,possibile ma cosa dire se coscientemente uccidiamo il nascituro? Siamo uomini?to be or not to be,thai is the question.Forse facciamo piangere anche Dio Creatore

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