È uscito ormai da qualche giorno L’imbrunire, l’ultimo brano di Giovanni Lindo Ferretti, negli anni una voce importante della musica e della cultura italiana. La vicenda esistenziale del cantante, passata dai movimenti punk e filo-sovietici negli anni ottanta, lo ha condotto oggi alla scoperta o ri-scoperta delle sue radici legate alla tradizione e alla religiosità popolare dell’appennino tosco-emiliano ed è corrisposta all’adesione ad una visione politica di tipo conservatore e sovranista che gli ha permesso, tra il resto, di vincere pochi anni fa il premio Atreju. Il suo ultimo singolo inizia così:
sogno ponti levatoi e mura a protezione
piccole patrie sempre sul chi vive
risate cristalline in gelide mattine
poi mi sveglio
il Pontefice disegna ponti in terra
il cielo: frontiera dell’economia
E si conclude con una doppia citazione biblica e della nota canzone partigiana:
sette 70volte7 l’Occidente si fotte in diretta al tg
sette 70volte7 il vento dalle steppe eppur bisogna andar
Per chi ha ancora negli occhi le immagini di politici italiani con il rosario in mano o che sventolano la Bibbia in diretta televisiva, il parallelismo è semplice. Dati alla mano ci siamo per lungo tempo detti che l’elettorato cattolico vota la galassia sovranista in maniera equipollente al resto del paese eppure questo non è sufficiente per concludere il discorso. La questione è più complessa e solleva almeno un elemento di riflessione: nell’immaginario collettivo la fede cattolica è percepita come movimento tradizionalista, conservatore, legato alla volontà di ricostruire un mondo ormai tramontato. Lasciando da parte quelle che sono le motivazioni individuali e intime di adesione al cattolicesimo, è possibile tracciare una direttrice comune tra questo caso di ritorno alla fede dell’infanzia e altri, che hanno investito personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo nel nostro Paese ma non solo: l’adesione a uno specifico orientamento politico è combaciato con l’assenso alla religione cattolica.
La questione può essere esaminata con la chiave di lettura della relazione tra fede e politica, a cui ognuno di noi viene inevitabilmente sottoposto. Si tratta indubbiamente una scelta di coerenza ma non solo: siamo chiamati ad essere lievito nel mondo e nella nostra quotidianità. L’adesione a una corrente politica, il sentirsi ideologicamente rispecchiati da un movimento politico è allora antecedente o conseguente alla fede religiosa? Ragioniamo a partire da una definizione classica di politica, sia a motivo della sua incidenza nella costruzione delle società occidentali, sia per l’ampiezza della definizione stessa. Aristotele ha definito l’uomo come zoon politikon, come animale sociale e politico, che non può quindi rinnegare queste due dimensioni. La politica è allora quella dimensione dell’umano che riguarda le decisioni della collettività, del bene comune ed è intrinseca all’essere umano stesso. La fede è invece dono di Dio e risposta dell’uomo, che chiama in causa anche la vita concreta. Queste due dimensioni non possono essere separate nel credente, vivono di uno stretto legame, ma come relazionarle positivamente?
Proseguendo per gradi e affermando un’ovvietà, è chiaro che l’adesione a un partito politico non può corrispondere all’assenso a una fede religiosa. Questo significherebbe necessariamente la sottomissione della fede al movimento politico, la pochezza della prima rispetto al secondo e il suo essere solo umana e non tendere al divino. È altresì vero che l’adesione a una fede religiosa implica l’assenso o il dissenso verso specifiche istanze sociali e politiche. La fede chiede di essere coerente anche con la politica ed entra così in maniera positiva nell’agorà. È chiamata a influenzarla, a relazionarsi con essa, ad essere generativa nel mondo e in questo modo tendere verso il Regno.
Il passaggio compiuto da Ferretti, come molti altri prima e dopo di lui, sta nell’identificare la propria idea di religione con un modello di società e viceversa, andando così a porre le due dimensioni sullo stesso piano. La fede religiosa per essere tale e non ideologia è chiamata a slegarsi da qualunque appartenenza politica, deve riuscire a porre domande sul mondo e sulla società, a metterle in discussione e scuoterle, non può esaurirsi in una risposta di tipo politico.
L’essere in tensione con la vita concreta è necessario alla fede, questa relazione non può essere esaurita e non deve guardare a un passato immaginario. Non dobbiamo dimenticarci che teologicamente, la storia è intesa come disvelamento di Dio e chiede di relazionarsi con il proprio mondo, vedendo in esso i segni dei tempi. L’uomo e la donna sono così chiamati ad avere fede e fare il bene, andare oltre significa rischiare di confondere fede e ideologia.
La Chiesa, intesa sia come istituzione che come comunità, ha in questo senso ha un compito molto importante: è chiamata ad essere coerente con la sua tradizione ma al tempo stesso a essere in questo mondo anche se non di questo mondo.
Ricordiamo in conclusione le parole del Padre Nostro, «venga il tuo Regno», non il nostro, parole che chiedono umiltà e fiducia.
ovunque oggi nel mondo , si puo’ dire che si assiste a un ritorno inaspettato alle “radici” legate alla terra di origine e alla cultura dei padri, a una ricerca dell’ identita’ che vede anche un rifiorire della religione tradizionale . In Turchia per esempio , il piu’ laico dei paesi musulmani, c’ e’ un ritorno all’ Islam religioso come ritorno alle proprie tradizioni,, In Russia , dopo l’ ateismo e l’ Internazionale c’ e’ un ritorno al sovranismo e alla Santa Ortodossia.
Ma anche in Francia, i giovani musulmani di terza generazione che abitano nelle banlieu di Parigi si aggrappano alla “ fede “ e ai costumi dei loro padri, compreso il velo, invece di “ integrarsi “ ,
E questo significa che le forze che muovono la Storia sono piu’ profonde dei piani fatti a tavolino e dei progetti economici-sociali dei filantropi ,Il fiume della Storia e’ difficile da incanalare in una direzione voluta ben precisa.
Analisi molto approfondita ma forse eccessivamente schematica in alcuni passaggi. Il guaio, oggi, è che la “determinata visione politica” di Ferretti rischia di essere l’unica disponibile sul mercato per un cattolico. Archiviato troppo frettolosamente il centrismo della Democrazia Cristiana, che nel suo moderatismo riusciva a smussare e contemperare molte delle diverse sensibilità dei cattolici italiani, restano da una parte la nobile tradizione del cattolicesimo democratico, schiacciata però dalla crisi della sinistra e priva di punti di riferimento veramente popolari, e dall’altra i movimenti sovranisti che, concordo, sono una riverniciatura di temi legati a un passato più immaginario che reale. Ma quando, alle crisi del presente, compresa quella della Chiesa postconciliare, e agli interrogativi drammatici del futuro, non si riesce a elaborare risposte credibili e comprensibili non stupisce il rimpianto del tempo che fu.