L’ultimo, grande, sacrificio ambientale

Una riflessione sul modo rapace di intendere il nostro abitare l'ambiente, a partire da un esempio montano.
22 Maggio 2023

La tragica alluvione dell’Emilia Romagna ci ha ricordato, drammaticamente, che viviamo un tempo di cambiamento climatico in cui non possiamo più, da persone (e da cristiani), pensare alla terra solo in termini di sfruttamento, di cementificazione, di profitto. Ma le miopie e le visioni di corto respiro sono ancora troppo diffuse: un esempio è quanto sta accadendo in Val d’Aosta.

La vittima sacrificale questa volta è una valle laterale della splendida Val d’Ayas, conosciuta dai più con il nome di “Vallone delle Cime Bianche”.
Verrà immolata a favore di un Dio molto potente, che solo in Italia può vantare quasi 6000 km di piste e 1.800 impianti di risalita.
Questa divinità, come avrete capito, si chiama Sci.
Il sacrificio prevede la realizzazione, in un’area di grande prestigio naturalistico (fa parte di Rete Natura 2000), di una funivia capace di collegare il comprensorio del Cervino a quello del Monte Rosa, per dare così vita al più grande distretto sciistico d’Europa nonché terzo al mondo. Si parla infatti di 580 km di piste distribuiti in ben cinque vallate.
Non poche testate giornalistiche hanno accolto la notizia con entusiasmo. Qualcuno è perfino arrivato ad affermare che, “questo collegamento permetterebbe a chiunque di ammirare comodamente seduti sugli impianti di risalita un panorama unico, con vista su 38 delle 82 vette alpine sopra i 4000 metri”.

Si giustifica l’intervento promettendo quindi una montagna più “democratica”, aperta a tutti, anche ai più pigri.
Una democrazia a ben guardare un po’ truccata, perché include solo chi ha la possibilità di acquistare i sempre più onerosi skipass.
Un modo di ragionare incapace di provare empatia per chi, quel vallone, oggi ama salirlo a piedi, avvolto da panorami e silenzi che sfumeranno per sempre con la realizzazione dell’impianto. A queste persone l’infrastruttura verrà “democraticamente” imposta.
Considerato che, come abbiamo visto, il Dio dello Sci in Italia può già fare sfoggio di migliaia di chilometri di piste; considerato il carattere energivoro di questa attività economica; considerato anche che i cambiamenti climatici suggeriscono un ripensamento dell’offerta turistica montana, perché non convertire il progetto, facendo del Vallone Cime Bianche un territorio-avanguardia del turismo dolce, imperniato proprio su quelle peculiarità che oggi lo rendono unico? Perché non fare leva sulla poesia e sul fascino degli elementi in esso già esistenti?

Così facendo la Valle d’Aosta, che di piste da sci non può certo dirsi sprovvista, potrebbe ulteriormente attrarre quelle frange di appassionati (in costante aumento) consapevoli che a volte un po’ di fatica può rendere l’esperienza più ricca, appagante e rispettosa del contesto.
Sarebbe un messaggio bellissimo.

2 risposte a “L’ultimo, grande, sacrificio ambientale”

  1. FrancescaVittoria vicentini ha detto:

    La “Montagna” quasi un parco di divertimento; cosi è diventata per quanto presa d’assalto da un eccesso di folla turistica.Es. es. un lago di Braies, diventato calamità di turismo selvaggio, famoso per il filmato girato a puntate in quella vallata che lascia tracce di se inquinanti, perfino nelle cime più alte La Montagna, è diventata “mercato” fiorente, luogo di sport e svaghi che nulla hanno a che vedere con l’amore per i monti e le valli. Lo sci e uno tra diversi altri, genti da più parti del mondo, un turismo chiassoso, turbolento,, di massa. Le Dolomiti meravigliose, con i suoi boscosi sentieri, percorsi da amanti della natura, ma che il cemento ha trasformato da paesi rurali in cittadine in alta quota, la semplicità spartana in ospitalità alberghiera per un turista esigente comfort piuttosto che godere la meraviglia che la natura offre in bellezza, le mille voci del suo silenzio, un linguaggio che parla alla mente e raggiunge il cuore

  2. Giuseppe Risi ha detto:

    I lettori, come me, che non conoscono la situazione descritta nell’articolo non possono valutare se le critiche dell’articolista al progetto di valorizzazione turistica del “Vallone” siano giustificate o meno. Se ne ricava solo un pregiudizio ideologico genericamente contrario alle attività umane (specie se con effetti economici – vade retro Satana!), anche se “democraticamente” valutate e decise, mentre si preferirebbe lasciare (democraticamente?) le bellezze del posto ai soli pochi alpinisti esperti e capaci di fatica, a cui “poveretti” viene precluso lo sfruttamento “ad uso beatitudine” quasi privato ed esclusivo del luogo.
    Mi si consenta almeno di esprimere qualche perplessità.

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