La messa non è finita, anzi, ritorna naturalmente con molta prudenza e con tutte le norme del distanziamento fisico che saranno rispettate con senso di responsabilità e fraternità da tutta la comunità. Da lunedì 18 maggio e domenica si celebrerà la festa dell’Ascensione di Gesù in cielo. Un momento centrale nell’anno liturgico. Anche se la celebrazione eucaristica non ha mai cessato di essere celebrata, l’assemblea è stata esclusa. Il popolo di Dio, e i laici ritornano, anche se non se ne erano mai andati via, seguendo a distanza e cercando di approfondire la fede in una dimensione spirituale più intensa, in momenti di silenzio, ascolto, meditazione e preghiera che potranno essere oggi il dono da portare alla comunità.
“Sarebbe un errore pensare al ritorno alla celebrazione dell’eucaristia della domenica senza che vi sia un cambiamento nel nostro essere cristiani” risuonano queste parole per capire come e se la pandemia ci ha cambiato veramente. Tornando a messa io penserò ad un ragazzo, oggi beato, il suo nome è Pier Giorgio Frassati. Esattamente trent’anni fa, il 20 maggio 1990, in una piazza San Pietro gremita di giovani pellegrini, il giovane torinese fu beatificato da Giovanni Paolo II. Il santo giovane per eccellenza. Figlio della Torino bene, del senatore Alfredo, senatore, diplomatico e direttore e proprietario de “La Stampa”, che aveva, nella sua vita breve ma intensissima esistenza, 24 anni, vissuto in pienezza le beatitudini del cristiano. Aveva vissuto e non vivacchiato, pregato e comunicato, operato nel campo sociale, culturale e politico. Il primato della carità, nella preghiera e nella partecipazione liturgica alla cena eucaristica senza distinzioni, senza contrapposizioni. Egli metteva al centro l’eucaristia quotidiana e si accostava alla Parola di Dio direttamente, senza intermediari, facendone la vera principale fonte della propria spiritualità.
Pier Giorgio Frassati l’amore per l’eucaristia è fondamentale. E le sue notti adoranti davanti all’Ostia si consumano nell’amore per Gesù, nella chiesa torinese di Santa Maria di Piazza, dove operano i padri Sacramentini, figli spirituali di san Pier Giuliano Eymard, il «santo dell’Eucaristia», sacerdote francese dell’Ottocento, che fondò la sua congregazione per «l’onore e la gloria di Dio e di Gesù Cristo nostro Signore presente perpetuamente nel SS. Sacramento dell’Eucaristia per amore degli uomini», come ricorda Carla Casalegno in nel libro “Fra terra e cielo – Pier Giorgio Frassati”.
L’andare verso l’Assoluto di Pier Giorgio era tutto meno che bigotto, condito da una pietà esclusiva. Amava la vita, gli amici, la goliardia, la compagnia degli amici, soprattutto la montagna. Nei pochi anni della sua vita terrena, Pier Giorgio Frassati è stato giovane della “Gioventù Cattolica”, ramo maschile dell’Azione Cattolica dell’epoca, sempre generoso nel suo servizio e appassionato agli ultimi. Attivo nel circolo “Cesare Balbo” della Fuci, nella San Vincenzo, nel Partito Popolare, fieramente e coraggiosamente antifascista. Pier Giorgio era anche terziario domenicano e nell’ordine aveva preso il nome di fra Girolamo, per stima e imitazione di fra Girolamo Savonarola. Una vita, la sua, che è stata esortazione a “lasciarsi coinvolgere”, a ripudiare l’indifferenza e l’isolamento, esempio forte per questi nostri tempi che vedono soprattutto le giovani generazioni minacciate dall’insicurezza, dall’opacità del disinteresse per il bene comune e dall’apatia. Pier Giorgio aveva questa capacità straordinaria di darsi completamente, in ogni ambito di vita, a cominciare dalla vita spirituale.
Solo per completezza di informazione, Frassati era anche terziario domenicano (oggi si dice laico domenicano). Nell’Ordine aveva preso il nome di fra Girolamo, per stima e imitazione di fra Girolamo Savonarola.