In questi giorni si torna a riaprire, pur con cautela e con un certo timore, sperando che le politiche sanitarie adottate dal mondo politico possano aver fatto il loro effetto. E si comincia a pensare all’estate… e al dopo-estate. Nascono pensieri, speranze, previsioni che riguardano anche le parrocchie, le cui profonde fragilità e i cui anacronismi la pandemia ha scoperchiato, anche per coloro che non volevano vedere.
Nei mesi scorsi abbiamo provato a riflettere sulle crisi delle parrocchie, abbozzando anche qualche sentiero costruttivo dopo un momento di ascolto: tema dibattuto e attuale, su cui si sono soffermate diverse firme di Vino Nuovo.
Alla comunità cristiana in uscita dalla pandemia si sono rivolti pure diversi e qualificati interventi, spesso ricchi di stimoli, tenendo sempre sullo sfondo la questione del Sinodo italiano, che finalmente è all’orizzonte.
Ma nelle nostre parrocchie, qualcosa è cambiato, nel profondo? Oppure ci si è limitati a trasferire qualche contenuto in rete, lasciando però intatto quel vaso di cristallo fragile e crepato da cui, da troppo tempo, esce acqua?
In questi giorni diversi amici – sacerdoti o laici impegnati in parrocchia – mi hanno detto la preoccupazione, il timore, se non l’angoscia che sono generati dal pensiero che tutte le attività parrocchiali possano ripartire come erano fino al febbraio 2020, a ritmi e in un dispendio di risorse che non erano più tollerabili, a fronte di risultati pastorali minimi. Dunque, davvero corriamo il rischio di portare semplicemente indietro l’orologio? Davvero ci stiamo avviando verso una ‘macchina del tempo ecclesiale’ che salti i mesi trascorsi?
Ci ammoniva papa Francesco nella scorsa Pentecoste: «peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla». È questo il pericolo che corriamo: sprecare la crisi, senza aver appreso nulla, senza intraprendere strade nuove, senza entrare veramente nel XXI secolo.
Sarebbe bello se nelle prossime settimane, prima dell’estate, in vista di settembre, ogni parrocchia ponesse a tema il discernimento successivo alla pandemia: su cosa ci ha spinto a riflettere il tratto di deserto che abbiamo attraversato? Cosa abbiamo capito, cosa abbiamo imparato? Cosa ci ha detto della realtà abitata dalla comunità?
E ancora, dovremmo chiederci quali paure abbiamo che ci impediscono di abbandonare pesi che ormai intralciano il cammino, quali minacce avvertiamo… così come dovremmo avere il coraggio di porci di fronte ai sentieri nuovi che lo Spirito ci sta mostrando, sentieri che spesso chiedono molto per la loro novità.
Dovremmo anche osare domandarci, nel rispetto del dolore di molti, di cosa possiamo ringraziare, quali doni il Signore ci ha dato.
Da qui, nelle singolari esperienze e nelle vite di ogni parrocchia, forse dovremmo avere la fortezza di condividere con tutti ciò che il nostro discernimento avrà rivelato, per poi provare a pensare e intraprendere, con estrema concretezza, almeno un passo: uno solo, ma che sia visibile e che indichi la strada. Magari per qualche comunità sarà un passo nell’ambito liturgico, scegliendo un modo diverso di celebrare; per qualche altra sarà un passo nella pastorale giovanile, o nell’iniziazione cristiana, o nella pastorale familiare. Magari per un’altra sarà un passo in ambito culturale, o una scelta economica o organizzativa, oppure una scelta relativa alla strutture. Magari per un’altra comunità il passo da compiere sarà nella via della carità e della solidarietà, o della comunicazione, o del dialogo con i ‘cercatori’. E perché non pensare di mettere nella rete della Chiesa italiana quanto via via le parrocchie tenteranno, anche per arricchire il percorso e il dialogo verso il Sinodo italiano?
Un passo, come cristiani nella storia, non è rimandabile: sarà il frutto del nostro deserto, saranno quell’acqua, quella ‘manna’ e quelle ‘quaglie’ che lo Spirito ci ha fatto trovare, fuori dalle nostre tende, mentre lo smarrimento, la sete e la fame hanno elevato la loro voce.
Ma dobbiamo avere il coraggio di uscire dalle tende.
In // con Draghi: riforme.
Quali? Alcuni temi sono chiari:
1) Vat II quindi +laici e-clerici.
2) digitalizzazione spinta. Se solo ci rendessimo conto di come sta cambiando la nostra vita, specie nei giovani… dovremmo capire quali enormi occasioni…
Da ex-mgr solevo dire ai giovani che in un mondo che cambia tu hai grandi possibilità, ma non seduto ad una finestra!
Cambiare, cambiare e ancora cambiare.
Altrimenti si ripeterà Gutenberg.
3) capovolgere la piramide. Cioè partire dal locale, favorendo iniziative, offrendo strutture a Persone di buona volontà per favore col solo controllo dello Spirito.
4) last but not: la PAROLA. Al centro. In tutte le minestre. A colazione, a pranzo, a cena. Favorendo i bravi chef, anche non-credenti.
Nella nostra U.P si sta facendo, si è creato ,già da giugno 2020 ,un gruppo di 12 persone per cercare insieme il nuovo cammino da intraprendere. Dopo il discernimento di questo gruppo, sono nate delle domande che ora, nei vari gruppi parrocchiali si sta cercando di rispondere .