La Via Lucis della letteratura

Sostiamo su alcune stazioni della via Lucis facendoci aiutare da qualche pagina di letteratura
5 Aprile 2024

INTRODUZIONE

Non è forse osservazione così oziosa ricordare come la Bibbia sia un libro, anzi una antologia di libri, anzi: un florilegio di storie. Dalla cosmologia della Genesi alla visione di San Giovanni, passando per l’epopea, il feuilleton, la poesia amorosa, la lamentazione, la buona novella, il compendio epistolare. Centro e vertice di questo romanzo eterogeneo, è la storia più bella che mai sia stata raccontata: quella dei Vangeli; ed apice e vertigine dei Vangeli, è la Resurrezione: quel momento particolare della storia dell’universo in cui mito, letteratura e cronaca convergono, quando la realtà seduce la fiaba e la fiaba diventa la più concreta delle realtà.
Nessuno dei brani che accompagnano questa Via Lucis è strettamente “religioso”: la loro “religiosità” piuttosto emerge in maniera discreta, trasversale, allusiva. La speranza che sottendono è che possano suggerire come ogni cosa pensata con cuore, tratto, arte ed intelligenza, in ultima analisi, canti la gloria del Dio Risorto.

LA RISURREZIONE DI GESU’

Mt 28,5-7

L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”».

Non che me ne rendessi conto chiaramente: se così fosse stato avrei avuto paura, e invece non ne provavo affatto.
Stavo lì e aspettavo. Dalla rosea nebbia che mi attorniano spuntava il primo tocco e io, inerte come un ciocco, sprofondato nella materia che sembrava imprigionarmi, non potevo né tirarmi indietro né muovermi, mentre la cosa palpava la mia prigione con dita cieche e insieme vedenti, e quella cosa era la mano che mi creava. Fino allora privo di vista, adesso vedevo: sotto le dita che mi tastava la faccia emergevano dal nulla le mie labbra e le mie guance e, via via che quel tocco infinitesimale si estendeva, mi ritrovavo un volto e un torso animato di respiro, chiamati in vita da quel simmetrico atto creativo: simmetrico, sì, poiché io, creato, ero a mia volta creatore e facevo apparire una faccia ancora mai vista, estranea e insieme conosciuta. Mi sforzavo di guardarla negli occhi, ma le proporzioni alterate e l’impossibilità di dirigere lo sguardo in una qualsiasi direzione me lo impedivano, di modo che in un assorto religioso silenzio io e lei ci scoprivamo e insieme divenivamo. Ero già il me stesso vivente, ma potenziato al di là di ogni limite.
[Stanisław Lem, Solaris]

Commento
Questa vita non ci basta. Ne vogliamo di più. È un imperativo base dell’anima e del corpo. Lo sentiamo che non può finire tutto qui. Nel romanzo di fantascienza “Solaris” di Stanisław Lem, il protagonista Kris (il nome, per certi versi, è già un indizio) raggiunge un pianeta dove si manifestano fenomeni inspiegabili, come l’apparizione di una copia di sua moglie Harey, morta suicida anni prima. Lui stesso, in un’esperienza onirica indotta dalla misteriosa attività del pianeta Solaris, percepisce una dolorosa resurrezione del suo corpo, ma il sogno si trasforma ben presto in un incubo. E il risveglio non migliora le cose. Il corto circuito è chiaro: l’uomo non può dare la vita a se stesso. Ogni delirante tentativo in questo senso è destinato a un epilogo tragico, sia dal punto di vista fisico che psicologico. La salvezza deve venire da qualche altra parte. La risposta di Dio alla domanda di eternità che alberga nel cuore di ogni uomo è la resurrezione di Gesù. In questo evento, deposto nel cuore della storia, risiede la nostra speranza: «Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi – scrive San Paolo nella Lettera ai Romani -, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,11).

Salmo 118,24
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Preghiera
Signore Gesù Risorto, liberaci dalle tante paure che immobilizzano la vita. Aumenta in noi la fede nella tua resurrezione e la speranza nella nostra, perché la luce del Regno dei cieli possa pervadere il nostro tempo e le nostre opere, in attesa di incontrarti faccia a faccia.

I DISCEPOLI TROVANO IL SEPOLCRO VUOTO

Gv 20,4-8

Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

“Allora supponevo che la sua promessa sposa fosse que e le sue nozze prossime, come potevo io concepire l’eventualità che egli, volontariamente, lasciasse questi luoghi, in un modo che fosse così inesplicabile, capriccioso e crudele? Ma ora che so quel che voi mi avete detto, non v’è forse una piccola fessura attraverso la quale il giorno filtra? Supponendo che egli sia scomparso di sua volontà, non sarebbe, tale scomparsa, più spiegabile e meno crudele?”
[Charles Dickens, Il Mistero di Edwin Drood ]

Commento
Il mistero della camera chiusa è uno dei grandi temi della letteratura investigativa: come può accadere che un uomo vivo venga ucciso in una stanza chiusa all’interno? Con Cristo è il contrario: come può accadere che un uomo morto venga resuscitato in un sepolcro murato? Giovanni pare essere un detective più capace del buon Pietro, nel risolvere questo dilemma.

L’Edwin Drood è l’unico giallo scritto da Dickens: del protagonista del titolo non vediamo l’ombra, è una presenza che aleggia nella trama. Eppure è il motore di ogni azione. Ci si interroga sul perché Edwin Drood sia scomparso, e se sia morto, o se riapparirà. Il romanzo di Dickens, l’ultimo, è incompiuto, così non sapremo mai che ne è stato di Edwin Drood: ed anche la nostra storia è incompiuta: solo alla fine del tempo, quando ci presenteremo a Lui, sapremo, finalmente, vedendolo non più confusamente, ma faccia a faccia, che ne è stato di Gesù di Nazareth, che era nel sepolcro, e ne è evaso, sorprendendo l’umanità.

Salmo 16,9-10

Di questo gioisce il mio cuore,

esulta la mia anima;

anche il mio corpo riposa al sicuro,

perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,

né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.

Preghiera

Signore Gesù risorto, aiutaci a comprendere la tua presenza, aiutaci a non disperare quando temiamo la tua assenza, aiutaci a cercarti e, infine, a trovarti.

 

GESU’ RISORTO SI MANIFESTA ALLA MADDALENA

Gv 20,11-18

Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro! Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto.

Lei si fece forza, represse lo spasmo in gola che all’inizio del versetto le aveva troncato la voce, e riprese la lettura dell’undicesimo capitolo del Vangelo di Giovanni. […] Raskol´nikov si volse verso di lei e la guardò turbato: proprio come si aspettava! Tremava già tutta in preda a una febbre reale, autentica. Si stava avvicinando alla parola sul grandissimo e inaudito miracolo, e un senso di grande esultanza l’aveva presa. La sua voce divenne squillante come metallo; esultanza e gioia vi risuonavano e la rafforzavano. Le righe si confondevano davanti a lei, perché le si erano offuscati gli occhi, ma sapeva a memoria quel che leggeva. All’ultimo versetto: «costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sí…», abbassando la voce, Sonja trasmise con ardore e passione il dubbio, il rimprovero e la riprovazione dei Giudei increduli e ciechi, che ora, fra un minuto, sarebbero caduti come fulminati, avrebbero singhiozzato e creduto… «E lui, lui, accecato e incredulo come loro, anche lui ora avrebbe sentito, anche lui avrebbe creduto, sí, sí! ora, subito», sognava, e tremava per la gioiosa aspettativa. […] Non lesse oltre e non poteva leggere, chiuse il libro e si alzò svelta dalla sedia.
– È tutto sulla resurrezione di Lazzaro, – sussurrò a scatti e severamente, e si fermò immobile, voltata dall’altra parte, non osando, quasi vergognandosi di sollevare gli occhi su di lui. Quel tremito febbrile continuava ancora. Il mozzicone di candela stava ormai per spegnersi nella bugia sbilenca e illuminava debolmente, in quella misera stanza, l’assassino e la peccatrice, stranamente riuniti nella lettura del libro eterno.
[Da Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo]

Commento
Una lunga tradizione – sebbene dibattuta – identifica Maria di Magdala con la “peccatrice” protagonista di un toccante gesto di amore e pentimento. E Gesù fa di lei la prima testimone della Risurrezione. La predilezione per i “pubblicani e le prostitute” che “passeranno davanti” a tante persone perbene nel Regno dei Cieli si manifesta in modo luminoso in Delitto e castigo di Dostoevskij, in cui il mistero del bene e del male sono sondati profondamente. Da un lato, Raskol’nikov, giovane che si è nutrito di miti superomistici e si ritiene superiore agli altri, tanto da arrogarsi il diritto di decidere chi abbia diritto di vivere; dall’altro, Sonja, umile prostituta, costretta a vendersi dalla sua famiglia, ma rimasta totalmente pura di cuore, anzi, “santa”. In una delle scene più intense del romanzo, “l’assassino e la peccatrice”, come scrive l’autore stesso, si confrontano con il racconto della risurrezione di Lazzaro nel Vangelo di Giovanni, prefigurazione di quella di Cristo. Un invito, per tutti, a riconoscerci parte di quell’umanità ferita che ha sempre bisogno di redenzione, e che nel Signore Risorto trova lo Sposo e il Salvatore.

Salmo 44,2-3.11-12

Effonde il mio cuore liete parole,

io canto al re il mio poema.

La mia lingua è stilo di scriba veloce.

Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo,

sulle tue labbra è diffusa la grazia,

ti ha benedetto Dio per sempre.

Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio,

dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;

al re piacerà la tua bellezza.

Egli è il tuo Signore: pròstrati a lui.

Preghiera

Signore Gesù, Via, Verità e Vita, insegnami un amore risorto. Tu chiami ciascuno di noi a vivere la festa delle tue nozze eterne, qui nel tempo grazie all’Eucaristia, e nell’eternità in una visione di totale comunione. Donami fin d’ora di gioire di te, sapendo che, nella tua infinita misericordia, tu gioisci di me: “come gioisce lo sposo per la sposa, così per te gioirà il tuo Dio” (Is 62,5). Fa’ che la mia vita sia luce come tu sei luce, e sia amore come lo sei tu. Amen.

 

GESU’ APPARE AI DISCEPOLI

Lc 24, 44-49

Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di queste cose voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». 

«Tu sei il vero padrone della Morte, perché il vero padrone non cerca di sfuggirle. Accetta di dover morire e comprende che vi sono cose assai peggiori nel mondo dei vivi che morire».
«Devo tornare indietro, vero?»
«Dipende da te».
«Posso scegliere?»
«Ah, certo». Silente gli sorrise. «Sei a King’s Cross, no? Credo che se decidessi di non tornare, potresti… diciamo…prendere un treno».
«Ma lei vuole che io torni indietro?»
«Ritengo» rispose Silente, «che se tu scegliessi di tornare, ci sarebbe la possibilità che lui venga battuto per sempre. Non posso garantirlo. Ma so questo, Harry: che se dovessi tornare qui avresti meno da temere di lui». Harry guardò di nuovo la cosa scorticata che tremava e tossiva sotto la sedia lontana.
«Non provare pietà per i morti, Harry. Prova pietà per i vivi e soprattutto per coloro che vivono senza amore»
[Da J.K. Rowling, Harry Potter e i Doni della Morte]

Commento
“Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino”, recita il salmo 119 (Sal 119, 105). Spesso ci troviamo nella stessa situazione dei discepoli e di Harry: siamo confusi, spaesati, tristi e anche un po’ arrabbiati con il mondo in generale e con le persone che lo popolano. Ecco, questa parola ci mostra proprio questo: Dio non ci perde mai di vista, ci cerca costantemente e ci parla, si fa riconoscere da noi e ci indica il cammino. Ci “indica”, non ci “spinge”. Indica perché ci mostra la strada da seguire, ma non ci obbliga a riconoscerlo, ad amarlo o a seguirlo. Questa è la Sua Volontà: che ci volgiamo verso di lui (convertire significa proprio questo), cambiamo direzione e lo seguiamo. E spesso, basta una parola per cambiare rotta e vivere la propria vita in modo pieno e abbondante (Gv 10,10).

Salmo 25 (24), 4
Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri.

Preghiera
Signore Gesù Risorto raggiungimi, illumina la mia mente. Come a Cana, trasforma e purifica i miei pensieri. Rendi il mio corpo forte e instancabile nel fare il bene. Allontanami da tutto ciò che è male e, se è necessario, rivelami tutto ciò che non comprendo. Donami una fede salda che resista alla disperazione e mi sospinga ad affidarmi sempre a te “come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” (Sal 131, 2b), affinché anch’io sulla tua Parola getti le reti (Lc 5,5).

 

GESU’ RISORTO APPARE AGLI APOSTOLI PRESSO IL MARE DI TIBERIADE


Gv 21,4-14

Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. Gli risposero: “No”. Allora egli disse loro: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: “È il Signore!”. Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: “Portate un po’ del pesce che avete preso ora”. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: “Venite a mangiare”. E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Fra i ragazzi e la linea del cielo una macchia bianca si stagliava sul verde, di un candore così accecante che anche ad avere occhi di falco era difficile sopportarlo. Si avvicinarono e videro che si trattava di un agnello.
— Venite a fare colazione — disse l’agnello con voce dolce e suadente.
Solo allora si accorsero che sull’erba c’era un fuoco con del pesce lasciato ad arrostire.
Sedettero e mangiarono il pesce. Per la prima volta dopo tanti giorni avevano fame. Fu un pranzetto delizioso, forse il più buono che avessero gustato.
— Per favore, agnello — chiese Lucy — è questa la strada per il regno di Aslan?
— Non per voi — rispose l’agnello. — Troverete la strada per il regno di Aslan nel vostro mondo.
— Cosa? — esclamò Edmund. — Anche nel nostro mondo c’è una strada che porta ad Aslan?
— In ogni mondo esiste una via che conduce al mio regno — disse l’agnello. Mentre pronunciava queste parole, da bianco color della neve il suo manto si fece marrone, quasi rosso. L’agnello divenne più grande, sempre più grande, e a un tratto comparve Aslan in persona, gigantesco sulle loro teste, mentre dalla criniera piovevano raggi di luce.
[C.S. Lewis, Il viaggio del veliero]

Commento

L’incontro con il Signore avviene lungo le sponde di un lago, ed Egli invita i discepoli alla propria mensa: il Risorto condivide il frutto del lavoro degli uomini semplici, divenendo la Via per la Vita. Il viaggio del veliero è un romanzo del ciclo delle “Cronache di Narnia” di C.S. Lewis; in esso Eustachio, Lucy ed Edmund, ai confini del mondo, incontrano l’Agnello, e sulla riva consumano con lui del pesce arrostito. La rivelazione finale è che in ogni luogo esiste una Via che conduce alla Vita Eterna, ed essa richiede un incontro personale, semplice e commovente, ovunque possiamo trovarci, poiché il Signore è ‘il Principio e la Fine’ (Apocalisse, 22, 13)

Salmo 4,7-8 

Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene?».

Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.

Hai messo più gioia nel mio cuore

di quando abbondano vino e frumento.

Preghiera

Signore Gesù, manifestami la regalità della tua Resurrezione. Mi inviti a una mensa e a una gioia eterna, restami sempre vicino nei momenti della vita, affinché il mio cuore non vacilli.

GESU’ RISORTO ASCENDE AL CIELO

Mt 28,16-20

Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

Disse Gandalf: “[…] Ebbene, cari amici, qui sulle rive del Mare finisce la nostra compagnia nella Terra di Mezzo. Andate in pace! Non dirò: “Non piangete”, perché non tutte le lacrime sono un male».
Allora Frodo baciò Merry e Pipino e per ultimo Sam, e salì a bordo; le vele furono issate, il vento soffiò, e lentamente la nave scivolò via lungo il grigio estuario; e la luce della fiala di Galadriel che Frodo teneva alta scintillò e svanì.
[J.R.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, Il Ritorno del Re]

Commento

Spesso ci sentiamo vuoti, soli, privi di una guida. Il momento della separazione è struggente, lacera l’anima. Eppure, ci avvisa Gandalf, spirito angelico incarnatosi nell’universo del Signore degli Anelli, capolavoro di J.R.R. Tolkien, nel momento in cui sta per ritornare nelle Terre Immortali, anche il dolore e il pianto talvolta sono un bene e irrigano e fecondano il nostro animo, come pioggia su terra riarsa.
Così, il finale semplice e grandioso del Vangelo di Matteo ci ricorda che la separazione del Signore, dal Risorto, è solo apparente; Egli è sempre con noi: in ogni tempo e in ogni luogo, sino alla fine del mondo.

Salmo 47(46), 6-8

Ascende Dio tra le acclamazioni,

il Signore al suono di tromba.

Cantate inni a Dio, cantate inni,

cantate inni al nostro re, cantate inni;

perché Dio è re di tutta la terra,

cantate inni con arte.

Preghiera

Signore Gesù, insegnami a vivere nella luce della Resurrezione. Quando sono solo, stanco, afflitto, possa io riconoscerti vicino, gioire della tua presenza, del tuo amore, della Vita.

GESU’ RISORTO DONA LO SPIRITO SANTO

At 2,2-4

Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo. Apparvero loro lingue come di fuoco, ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo.

– Lasciamo le novantanove pecorelle, – rispose il cardinale: – sono in sicuro sul monte: io voglio ora stare con quella ch’era smarrita. Quell’anime son forse ora ben più contente, che di vedere questo povero vescovo. Forse Dio, che ha operato in voi il prodigio della misericordia, diffonde in esse una gioia di cui non sentono ancora la cagione. Quel popolo è forse unito a noi senza saperlo: forse lo Spirito mette ne’ loro cuori un ardore indistinto di carità, una preghiera ch’esaudisce per voi, un rendimento di grazie di cui voi siete l’oggetto non ancor conosciuto -. Così dicendo, stese le braccia al collo dell’innominato; il quale, dopo aver tentato di sottrarsi, e resistito un momento, cedette, come vinto da quell’impeto di carità, abbracciò anche lui il cardinale, e abbandonò sull’omero di lui il suo volto tremante e mutato.
[Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi]

Commento

La conversione dell’Innominato e quel suo «volto tremante e mutato» abbandonato sulla spalla del cardinal Federigo Borromeo rappresentano una scena che non può non commuovere. Alessandro Manzoni, che alla Pentecoste ha dedicato forse il più riuscito dei suoi Inni sacri, in queste righe porge al lettore una chiave di interpretazione dei Promessi sposi facendo un esplicito riferimento allo Spirito Santo.
Quello Spirito, che è sceso sugli apostoli riuniti nel cenacolo, continua oggi la sua opera mettendo nei «cuori un ardore indistinto di carità». Non è quindi l’uomo – sia pure un sant’uomo come il cardinal Federigo – a convertire e a suscitare nell’anima quell’inquietudine che si sazia solo in Dio, ma è lo Spirito Santo.
Nell’inno citato, scritto con uno stile poetico che certamente noi oggi facciamo un po’ fatica ad apprezzare, possiamo cogliere dei chiari riferimenti a Lucia e Renzo.

Lucia:

«Spargi la casta porpora
Alle donzelle in viso;
Manda alle ascose vergini
Le pure gioie ascose;
Consacra delle spose
Il verecondo amor».

E Renzo:

«Tempra de’ baldi giovani
Il confidente ingegno;
Reggi il viril proposito
Ad infallibil segno».

L’ultima strofa suona come un testamento: è la consapevolezza che lo Spirito agisce nei cuori, spesso nascostamente, come un fuoco sotto la brace, per tutta una vita, fino alla fine:

«Adorna le canizie
Di liete voglie sante;
Brilla nel guardo errante
Di chi sperando muor».

Salmo 104,30-33

Mandi il tuo Spirito, sono creati,

e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;

gioisca il Signore delle sue opere.

Egli guarda la terra ed essa trema,

tocca i monti ed essi fumano.

Voglio cantare al Signore finché ho vita,

cantare inni al mio Dio finché esisto.

Preghiera

Signore Gesù Risorto, effondi su di noi il tuo Santo Spirito Paraclito, affinché, animati da coraggio, fervore e carità, possiamo annunciare il tuo Vangelo di vita ad ogni creatura che incontriamo sul nostro cammino.

Conclusione

Vieni, Santo Spirito,

manda a noi dal cielo

un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,

vieni; datore dei doni,

vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,

ospite dolce dell’anima,

dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,

nella calura, riparo,

nel pianto, conforto.

O luce beatissima,

invadi nell’intimo

il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,

nulla è nell’uomo,

nulla senza colpa.

Lava ciò che è sordido,

bagna ciò che è arido,

sana ciò che sanguina.

Piega ciò che è rigido,

scalda ciò che è gelido,

raddrizza ciò ch’è sviato.

Dona ai tuoi fedeli

che solo in te confidano

i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,

dona morte santa,

dona gioia eterna. Amen.

Una risposta a “La Via Lucis della letteratura”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Questa narrativa di Resurrezione vera perche’ da storie effettivamente vissute, incarnano episodi di vita che sono di uomini e donne di ogni tempo. La poesia esalta la bellezza interiore che è nel cuore dell’uomo anche quando non ne è cosciente, come in Dostoevskji, una cecità che impedisce perfino di vedere l’amore della persona che gli sta accanto, forse incredulo a meritarsi tanto sentimento verso di lui che è stato capace di uccidere per le proprie convinzioni di giustizia colpito è superato dalla luce di una fede che era forte, l’umiltà capace di una forza da confondere fino a far esplodere la redenzione del cuore. Si, Cristo e il vivente, non importa scientificamente spiegato, l’uomo risorto vivo da un corpo morto, e credere che la vita si fa corpo nuovo quando vissuta per e con amore., Basta non subire impauriti il rovinio che ci sovrasta, ma avere occhi e vedere le storie luminose di vita anche ancora oggi eroicamente in quello spirito di amore viene vissuta

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