La scelta e il rischio

La domanda di Gesù è la domanda esistenziale più profonda che ci si possa porre.
25 Agosto 2024

Siamo alla scena conclusiva di questo lungo cap. 6 di Gv. Usciti dalla Sinagoga di Cafarnao in primo piano troviamo il dialogo tra Gesù e i suoi discepoli, che fino ad ora, lungo tutto il discorso di Gesù, sono rimasti abbastanza spettatori. Ma con loro Gesù sembra tirare le file: mentre con le folle e i capi si è limitato a predicare e rispondere, qui chiede una scelta. Un passaggio, perciò, molto importante per noi, oggi.

Tra i discepoli serpeggia una reazione a ciò che Gesù ha detto: “Questo discorso (alla lettera, il significato, il senso, la logica) è duro, chi può ascoltarlo? (v. 60)” A dire che alle loro orecchie quanto detto da Gesù risulta “contorto e arido” (etimo di duro v. 60). Cioè non si sposa facilmente con gli schemi mentali che loro hanno e per questo non riesce a nutrirli, come se masticassero sabbia. Dopo aver partecipato ad un segno fisico eclatante e attraente (la moltiplicazione dei pani e dei pesci), ora, il significato profondo di quel segno chiederebbe loro di cambiare i loro schemi mentali per restare fedeli a quel moto iniziale di attrazione verso Gesù.

Cosa sta fuori dai loro schemi? Fino a che punto il discorso di Gesù era stato accettabile? L’intervento di Gesù, che coglie il mormorio dei discepoli, ci offre una luce: “E se vedeste il figlio dell’uomo salire là dove era prima? Lo spirito produce vita (letteralmente fa nascere, crescere e portare a compimento v. 63), la carne non accumula, non aumenta (etimo di essere utile v. 63) nulla”.

È come se Gesù dicesse: voi accettate facilmente che io possa risolvere i vostri bisogni umani (moltiplicazione dei pani), restando sul piano della “carne”, ma quando vi offro la possibilità di andare oltre e poter realizzare i vostri desideri profondi che la carne stessa esige, uscendo dalla logica dello scambio economico e accettando quella dello “spirito”, che porta a compimento totale la “carne”, voi mettete dei freni, perché non sareste più voi a controllare la vostra vita, ma Dio. Se poi questa pienezza di vita che vi regalo arriva fino alla vita eterna, attraverso l’accesso alla mia carne, vi bloccate proprio, perché, secondo voi, la pienezza della carne non può avere eternità. Perciò vi sarebbe impossibile accettare che la mia carne (e quindi anche la vostra, che mangiate la mia) possa “salire” la da dove vengo.

In questione perciò c’è non la contrapposizione tra carne e spirito che in Gv è assente, ma la possibilità di accettare di essere elevati da Dio alla pienezza totale della vita della carne, attraverso la vitalità che lo spirito consente. Come al solito, il cristianesimo offre e chiede una vita radicalmente piena, dove nulla viene lasciato fuori, dove lo spirito che abita la carne la rende capace di andare oltre i propri limiti umani. Ma questo sembra spaventare e bloccare i discepoli. “Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui” (v. 66).

La domanda di Gesù ai dodici allora (“non volete andarvene anche voi? v. 67) non è solo una scelta pro o contro Cristo, come profeta o maestro, ma è la domanda esistenziale più profonda che ci si possa porre: “A quale livello di pienezza di vita vogliamo arrivare?” Siamo disposti a diventare di più di quel che siamo? O ci basta tenere un equilibrio, magari buono con i criteri etici ordinari, che garantisca la stabilità di ciò che siamo? Ma quando, anche come Chiesa, questa stabilità viene messa spesso in discussione, come in questi tempi, prendiamo l’occasione per cambiare e uscire dalla “confort zone” o facciamo di tutto per proteggerla?

La vita piena spaventa. Perché offre tutto, ma chiede tutto! Perché ipotizza davvero che un amore assoluto e totale esista e sia dato per noi, per ciascuno di noi. Quando, però, si è sperimentato che l’amore che abbiamo ricevuto è stato sufficiente appena perché potessimo, in qualche modo, crescere è davvero difficile credere che una vita piena, fatta di amore assoluto, esista.

Si comprende allora come la formulazione della domanda di Gesù ai dodici sia al negativo: “non volete andarvene anche voi?” Quasi che Gesù si renda conto della difficoltà di accettare il suo regalo di vita piena così strabordante i nostri miseri limiti umani e si aspetti che anche loro se ne possano andare.

Ma questo introduce l’altra questione essenziale del brano: la scelta resta libera e nelle mani dell’uomo. Non è Gesù a scegliere chi resta e chi no e nemmeno il Padre (abbiamo già visto qui che l’attrazione del Padre, attraverso Gesù è per tutti). Sono le singole persone, che davanti alla sua proposta decidono, anche tra coloro che già sembravano avere deciso: “tra di voi ci sono alcuni che non credono” (v. 64).

In questa logica diventa chiara la risposta di Pietro: “Verso chi potremmo andare via? (letterale del 68). Come a dire: mi guardo attorno, cioè prendo seriamente in considerazione la possibilità di dire di no a Cristo, ma nessun’altro mi propone una vita piena fino all’eternità. Due cose, forse, permettono a Pietro questa risposta. Intanto l’impetuosità e la brama di vita di Pietro, quel “caratteraccio”, che anche in altre occasioni si vede, che lo spinge ad un desiderio così forte di una vita bella, piena, giusta a cui non vuole rinunciare. Ma poi anche il fatto, l’esperienza (quel abbiamo creduto e conosciuto del v. 69) di aver toccato con mano la “santità” di Gesù. Parola questa che indica insieme il senso del potere di Dio superiore all’uomo ed un infinito suo amore che si prende cura dell’uomo.

Allora, forse, invece di lamentarci del mondo che sembra diventato impermeabile a Cristo, degli altri cattolici che ci sembra tradiscano Cristo, sarebbe già un buon risultato se avessimo il coraggio di dire a Gesù che non abbiamo il coraggio di vivere di più, di vivere fino in fondo e chiedergli di “scomodarci” dalle nostre “confort zone” nelle quali, anche come Chiesa, ormai traspare poco tutta questa pienezza di vita che Gesù è.

 

16 risposte a “La scelta e il rischio”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Ma siamo in “comfort zone?” Last news “Ridicolo dire che attaccare in Russia porta l’escalation” Come invece non vedere che è realtà, si contraddice alle aspettative di confidare in una inversione di obiettivi quale dare, dopo anni di conflitto armato, voce a un dialogo coraggioso quello diplomatico. Vanno discusse le stesse ragioni che hanno dato origine a una operazione diventata guerra che sta coinvolgendo la stessa vita di altre Nazioni, impoverendo in risorse che meglio andrebbero spese a sanare povertà esistenti. in tutto questo serve dare ragione a quella Pace che il Maestro e Signore del mondo Cristo è venuto a far conoscere, a donare, e con il suo Vangelo indicarne la via. Il mondo oggi si trova al limite, ha necessità di ritrovare speranza, come superare difficoltà quali sanare povertà, affrontare cataclismi climatici non da poco, si tratta di avere pane per il domani!!. Non solo Cristo sull’altare ma da vivere la sua Pace per il ns. bene comune.

  2. Pietro Buttiglione ha detto:

    È uscito un ponderoso trattato sull’aldilà:
    Pierangelo Sequeri, Davide Bonazzoli, Franco Manzi, E la vita del mondo che verrà
    Mi sono letto la recensione. Non vi ho trovato esami di accesso dottrinali.
    Non si afferma che diventeremo ‘divini’.
    Noto una tensione sofferta a mediare tra il depositum la modernitá e corpo/anima.
    Spero che il buon Dio sia ben piû gioioso e felice dell’incontro!!
    PS. Aggiungo che si parla espressamente di VIVERE giá da adesso lo stato del dopo.
    Io ci credo.Fermamente.

  3. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Il dubbio? che la pienezza della carne affidata allo spirito possa essere portata così in alto? E’ ammissibile perché da uomini quando decidiamo non conosciamo il dopo, il dove porta, il risultato della scelta ci e nascosto. Abituati a toccare con mano a dirigere le ns.azioni, dello spirito non possiamo se non affidandoci in Totò, così significa rischiare l’incerto se non c’è pienezza di fiducia. Magari questo pensare indica avere coscienza dei limiti della propria umanità, ed e forse qui che sta la bellezza del dono di Dio, che esalta qualsiasi pochezza/limite, ama la sua creatura tanto che la eleva fino a Lui anche per la sola Fede. D’altro canto perché non può essere dal momento che noi siamo e diventiamo attraverso la ns. carne che diventa strumento per ogni buona azione oltre che cattiva, dipende da una libera scelta…..!?

  4. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    Può essere che per certuni stare nella propria carne sia preferibile perché: o uno
    sta così bene che non sente desiderio altro, o non crede a quella possibilità.Gesù provoca la loro fede:”” E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dove era prima?. E’ lo Spirito che da la vita, la carne non giova a nulla. Le parole che vi ho detto sono spirito e vita”Questo è anche per noi oggi, se permane incredulità il suo essere Risorto dai morti, non abbiamo attenuanti. Fare esperienza di nutrirci di Lui e cosa molto dura anche all’uomo di oggi, richiede la difficile scelta di camminare sulle sue orme, e l’io” pone dei limiti, la rinuncia al ns. volere che la stessa ragione pretende sia diritto a libertà di scelta. Pietro rileva “”da chi andremmo Signore, poiché tu solo hai parole di vita eterna”,!. Non è facile credere a questo da comuni mortali se non desiderandolo come lui, e lo ha fatto illuminato certamente dallo Spirito ricevuto in dono dall’alto.

  5. Pietro Buttiglione ha detto:

    Per convincervi…Ho immaginato una rappresentazione.
    Test di ingresso alla porta del Paradiso.
    Dio Padre… Forse S.Pietro, delegato d’ufficio.
    Su COSA verterà?
    Forse il Catechismo di Pio IX?
    Magari il CCC? Semplicemente pazzesco.
    Allora sarå il senso del ns CREDERE, il SYMBOLUM..

    Credi tu in…
    CREDO

    CREDI TU IN…
    Eccetera…

    Mi perdonerete, forse, ma non mi sembra una scena umana e divina
    Ma manco Cristiana.
    Che significhj che non é Certo il CREDERE IL CENTRO della ns Fede??
    Dovremmo quindi cambiare Catechesi?
    E archiviare DEFINITIVAMENTE l’extra Eccj….??

    eccetera.

    • ALBERTO GHIRO ha detto:

      Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. San Michele Arcangelo, difendici nella lotta; sii nostro aiuto contro la cattiveria e le insidie del demonio. Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, supplichevoli ti preghiamo: tu, che sei il Principe della milizia celeste, con la forza divina rinchiudi nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che girano il mondo per portare le anime alla dannazione. Amen.

  6. Pietro BUttiglione ha detto:

    @Alberto
    Che tutto in qs mondo sia limitato e relarivo… DOBBIAMO farcene una ragione..la stessa Etica é relativa all’hic&nunc, lo stesso Universo essendo LIMITATO… é relativo.
    Non ci piove.
    Dove non ti seguo é su quel
    ” Una delle cose per cui amo la fede cattolica è che afferma concetti e realtà assolute
    Che contrapponi a RELATIVE.
    Dove sta l’inghippo?
    Nel credere che passare dal limitato all’assoluto significhi espandere all’oo spazio e tempo.
    Cosî Dio diventa il NON- (s,t).
    Invece Dio é altro. ALTRO. Quale altro?
    No answer. Full stop.
    Dio é SENZA TEMPO E SENZA SPAZIO.
    Sbatti i concetti, tipo tempo eterno ed assoluto, nel dimenticatoio e ricomincia daccapo.

  7. ALBERTO GHIRO ha detto:

    Grazie Anna e scusa Pietro ma hai solleticato il mio peccato di superbia. Una delle cose per cui amo la fede cattolica è che afferma concetti e realtà assolute e va contro il dilagare del relativismo a cui mi pare che anche l’esaltazione della coscienza individuale si ispiri come tu ci riporti

  8. Pietro Buttiglione ha detto:

    Mi spiace..( ma nn avevo scritto pensierINI..,).
    Quello che io cercavo di condividere era che il CREDERE, al centro del tuo msg e di tanta ( tutta?) Teologia.
    se potesse essere semplicemente una idea/concetto/pensiero …. ebbene ritengo che sia ora di renderlo marginale e puntare sulla vita REALE, azioni, ecc
    Ciao

  9. Anna vincenti ha detto:

    Molto bello: ‘chi crede accoglie chi non crede, come suo simile…..’ la fede è un dono e va messo a frutto.
    Chi crede non è migliore degli altri ma ha più responsabilità. Chi crede deve ringraziare per questo dono e pregare per le persone che ancora non
    l’anno scoperto (Dio nostro padre dona a tutti in egual modo)

  10. pietro buttiglione ha detto:

    sto leggendo “Il mondo in se” di Danielsson. E già dalòle prime pagine in cosa mi imbatto?
    Nella ‘COSCIENZA’. sta dilagando. Leggo Vallortigara, mmmolto interessante. Animali, cicuiti neurali e con cosa si chiude?
    La COSCIENZA. Faggin? idem. Damasio?idem.Penrose? idem.. Andreoli? ( unico dei ns…) idem.ecc. Ecc.
    Cosa dice il Danielsson? in estrema sintesi che dal transitorio, dal relativo nessuna prospettiva di eternità o paradiso che dirsivoglia. Invece…
    Con Cristo è POSSIBILE.
    Buona notte e sogni tranquilli, con Lui.

  11. Pietro Buttiglione ha detto:

    Gil ha sempre la prerogativa di aprirmi a sentieri/percorsi/pellegrinaggi out of standard.
    UN PRECISOCHIAROIMPELLENTE invito a considerare come tutte le vie della carne ma anche della mente ( dico a te, Alberto..😅) servono a un kaiser.
    Sarô impietoso, solo x rendere la cosa + chiara.
    VOLER credere. Io mi terrei VOLERE e butterei nel cestino “credere”.
    Cosa cambia se mi cambio UN PENSIERO??
    NULLA.
    GIL scrive di “carne e spirito” uniti. Io cambierei in “carne e mente/idee”.
    Ecco LA tesi:
    Occorre un ∆/salto ONTOLOGICO
    Altrimenti restano pensieri …
    Ecco xchê, caro Gil, andare oltre non sta x andare in Paradiso ma OLTRE SE STESSI.
    Vi/mi faccio una domanda.
    Io/tu la pensiamo come capita, magari diverso. OK.
    Ma la mia, la vostra vita, CAMBIA ( cfr il giovine ricco…🙃) se davvero avessimo il volere/coraggio di aderire/compenetrarci alla SUA vita, facendo di noi tutto x gli altri?

    • gilberto borghi ha detto:

      “La mia, la vostra vita, CAMBIA ( cfr il giovine ricco…🙃) se davvero avessimo il volere/coraggio di aderire/compenetrarci alla SUA vita, facendo di noi tutto x gli altri?”
      Tu ritieni che non cambi?

      • Pietro Buttiglione ha detto:

        Spesso sono ellittico x essere breve.
        La strada che il buon Pastore ci ha indicato non è artefatta, arzigolata, ideologica, frutto di pensieri/parole/concetti.
        É pienezza di Vita, la nostra vita che, se aderiamo a Lui con tutto noi stessi…
        CAMBIA, eccome che cambia…
        Luce? Senso? Serenità QUALUNQUE cosa ci accada..
        do you know what means:
        VIA VERITÀ e VITA.
        VITA NUOVA
        ad occhi e cuore APERTI all’Altro…
        senza fine.

    • ALBERTO GHIRO ha detto:

      Mi spiace Pietro che tu riduca ciò che penso veramente e che cerco di esprimere a dei “pensierini” come si scrivevano alle elementari.
      In realtà io non esprimo pensieri seguendo un estro personale ma cerco di rimanere aderente alla parola evitando toni declamatori e utopistici e rimanendo nel mondo del possibile. La mia fonte è in questo caso Adriana Zarri che parla della Trinità come soggetto e oggetto se vuoi verificare. Ti rivelò anche che talvolta, come in questo caso, parto da un pensiero che mi viene durante la settimana e che poi trova corrispondenza con le letture domenicali. In questo caso il pensiero l’ho riportato nell’incipit cioè la differenza tra credente e non credente, semplicemente trovo necessario condividere questa esperienza.

  12. ALBERTO GHIRO ha detto:

    La differenza tra chi crede e chi non crede è che chi non crede ha come oggetto del credere se stesso, se essere credente o non credente mentre chi crede ha come oggetto del credere il padre, il figlio e l’essere figli di Dio. Chi non crede ha come riferimento del credere non il suo oggetto ma il soggetto.
    Chi crede accoglie chi non crede come suo simile perché crede che egli sia figlio di Dio altrimenti non crede nel padre e nel figlio.
    Chi non crede, chiedendosi “questa parola è troppo dura, chi potrà ascoltare?” ha a cuore il soggetto del credere mentre chi si chiede “da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” ha a cuore l’oggetto del credere. In chi crede sembra prevalga la volontà di credere che la volontà di essere.

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