Il tempo dell’attesa

L' attesa dipende fondamentalmente da dove si trova il tesoro di chi sta aspettando.
7 Agosto 2022

Oggi partiamo dalla prima lettura, dove al popolo di Israele vengono dette parole di incoraggiamento proprio a proposito di quel grande momento che è stato il giorno della liberazione dall’Egitto, quando Dio aveva dato una risposta, gli avversari erano stati puniti e i giusti salvati dalle acque, e si apriva il mare e la colonna di fuoco splendeva nella notte per far loro strada. Tutti segni di predilezione, tenerezza e protezione da parte di Dio nei confronti del suo popolo, che aveva saputo attendere con fede quel momento con sacrifici tenuti nascosti, officiati in mezzo a un popolo straniero e oppressore, ma tenuti in vita nella tradizione della legge dei padri per non perdere la speranza. Il Vangelo subito ci appare in linea con questa visione, fin dalle prime parole che sono di incoraggiamento al “piccolo gregge”, a cui il Padre è piaciuto dare il Regno. Chi è dunque quel “piccolo gregge” di cui Gesù parla? Ce ne sentiamo parte anche noi? Ci sentiamo beneficiati da gesti di predilezione?

Un vangelo con massime proverbiali, farsi brevi che non invecchiano: stare pronti con i fianchi cinti e le lampade accese e soprattutto aspettare il padrone di casa… Colpisce forse questa parola “padrone”, quasi un po’ lontana dal Dio Padre di cui abbiamo sentito nella prima Lettura e di cui tanto spesso nei vangeli avvertiamo la tenerezza infinita verso ogni creatura. Eppure il Signore qui entra in una grande metafora, che è desunta proprio dalla cultura del suo tempo e del mondo antico in genere. Come non ricordare ad esempio i grandi poemi omerici, soprattutto l’Odissea, in cui Ulisse, travestito da mendicante vecchio e malconcio dopo lunghi anni di peregrinazione da esule, ritorna nella sua reggia dove spadroneggiano pretendenti al trono e servi infedeli che hanno perso il senso di chi sia il padrone vero, di quel re che però non è mai sparito nel cuore di chi ancora gli era fedele e sperava nel ritorno. E così anche le parole usate in questo contesto evangelico sono fortemente connotate in tale paradigma arcaico: padrone, servi, amministratore, punizione degli infedeli, percosse… Ma sono solo immagini che Gesù usa per parlare ed essere compreso dagli uomini del suo tempo.

Il centro di questo vangelo potrebbe piuttosto essere visto in questa sorta di attesa amorosa nei confronti del padrone che deve tornare, attesa che dipende fondamentalmente da dove si trova il tesoro di chi sta aspettando. Perché, come ci ricorda il Signore, dove collochiamo il nostro tesoro si trova anche il nostro cuore. E dov’è adesso il nostro cuore? Sa attendere, o è preso dalla smania dell’incontro con ciò che ama?

L’unica attenzione che occorre avere, sembra suggerirci Gesù, è proprio quel modo di attendere premuroso: commuove l’immagine di quei servi, che ancora a ora tarda nella notte non si fanno prendere dal sonno e si tengono pronti a servire il signore che torna dalle nozze: c’è una casa aperta e piena di lucerne accese nel buio, tenute vive da quei servi che non dormono. La sorpresa è grande, però, quando si scopre che all’arrivo del padrone, non saranno loro a servirlo, ma lo farà il padrone stesso.

E qui come non pensare al gesto di Gesù, la sera del giovedì santo, ricurvo sui piedi dei suoi discepoli mentre lava loro i piedi e pronuncia quelle parole indimenticabili: “e dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi”. Questo esempio, infatti, torna anche nel vangelo odierno, dove l’amministratore fidato e prudente viene messo a capo di tutta la casa e deve prendersi cura di tutti coloro che vi abitano, mentre il Signore tarda a venire: il Signore quindi ci affida questo compito di accudirci reciprocamente “finché egli venga”. Sappiamo essere custodi del nostro fratello, sorella, comunità, contesto di vita, ambiente in cui viviamo?

Ma poi quel possibile perdere la testa, quel perdere la fede che ha sorretto fortemente tutta la vita e le opere di Abramo come descrive bene la Seconda lettura, in uno stato che viene additato come assenza di quell’attesa fiduciosa che farebbe riposare il cuore nella pace. Quello che viene a mancare è dunque il senso di chi sia il padrone, che diventa un castigatore che piomba sulla vita dei servi, ma proprio perché essi non comprendono la bellezza di custodire un tempo di assenza piena di amore, quel “tornerà” che apre i polmoni nella notte.

Così quelle percosse, che seppure nella metafora potrebbero stonare, sembrano solo gesti riflessi di un’incapacità di rimanere nella pace di chi non si abbandona ai tempi del padrone, che sembra sussurrarci come a dei bambini: vi fate male se non riuscite ad aspettarmi con serenità, fidandovi di me! Perché a qualunque ora Egli ritorni, comunque sarà il bene di quella casa che siamo chiamati a custodire per Lui. Perciò attenzione alla cura delle ore che passano, mentre spesso l’attesa si fa lunga e pesante, perché chi ritorna è “Figlio dell’uomo”, come canta il versetto al Vangelo, quello che all’inizio ci diceva “non temere, piccolo gregge”!

2 risposte a “Il tempo dell’attesa”

  1. Francesca Vittoria vicentini ha detto:

    E perché non pensare che la guerra in atto sia uno spregiudicato comportamento nei confronti di un Dio che ha spalancato il mare a quel popolo che gli è rimasto fedele malgrado il sacrificio di sopportare un tempo di schiavitu? Come avere ancora il coraggio di sacrificare “vite umane” per quei motivi di possesso terriero, quando basta un tornado ad atterrare ettari di boschi, potenza di una natura che ha subito oltraggio da cupidigia dell’uomo, come anche la guerra fratricida in corso dimostra? Quanto poca la Fede si dimostra in Lui proprio là dove sorgono Chiese. Non è dunque ipocrita gridare Signore, Signore, incensare i suoi altari quando si immolano vittime umane ?. Come ancora esitare a non alzare la voce a inneggiare Pace il benecomune? Il Dio di quel popolo e il medesimo oggi. A noi la saggezza di riconoscerlo, da vivi sperando nel suo perdono!?……

  2. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Se qualcuno on ricerca, con discernimento acceso e a-priori spento, si imbattesse in qs passi della Parola..
    Vediamo cosa incontrerebbe…
    1) un Dio che gli traccia la strada.
    .

    Lui dice a te cosa fare…
    Lui ti partecipa il Suo progetto…
    Lui chiede a TE di realizzarlo…
    Semplicemente magnifico!
    Dominio di Trascendenza…
    Come essere portato in una barca che TU governi, che TU piloti, affidata totalmente a TE…
    ACCIDERBOLINA, ma allora IO sono veramente importante! IO sono qualcuno per LUI!!
    Esaltante avventura.
    MA
    Ma
    Ma poi ti dice..
    ti sussurra.
    Guarda che TU non ne vedrai il compimento!
    Mosè
    Abramo

    Io stesso

    Allora???
    Come dicono a BG; ALUURA??
    E Dio cosa ci risponde:
    Guarda che forse ti sei gonfiato, forse vuoi arrogare a te il ‘luso’, il primato..@..
    Il progetto è MIO!!
    Il misero sulla piccola barca chiede:
    E a me cosa resta??
    Resta qualcosa che solo lui può scoprire..
    se segue il ruscello FEDE fino alla fonte. Fiducia…. Dio.

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