Gli artigiani

Gli artigiani
15 Maggio 2018

L’ultimo gruppo di politici cattolici che mi sembra importante mettere sotto la lente lo definirei quello degli “artigiani”. Essi riconoscono il cambiamento in atto, ma non si lasciano sconvolgere più di tanto da esso, né nel bene, né nel male, perché credono che in qualsiasi condizione della realtà sia sempre possibile lavorare in essa per l’umano, secondo il vangelo.

Chi appartiene a questo stile non si chiede subito quale sia il senso ideale della sua azione politica, tentandone eventualmente una risposta diretta, razionale, strutturata. Prima di questo egli cerca di imparare a muoversi in questo universo liquido, in cui la politica vive. Se vuoi girare il mondo in bici, impara come si usa e come funziona la bici, prima di decidere dove andare! E lui lo impara attraverso un apprendimento esperienziale, non attraverso una scuola per “politici cattolici”, e nemmeno attraverso il rispetto di principi fermi e presi come assoluti. Quindi non un filosofo della politica, un ideologo del cattolicesimo, un politico teologico, ma un “artigiano” che “impara” la politica facendola, e che “fa” la politica vivendola.

In secondo luogo poi, il suo operare politico si muove dai problemi reali delle persone, percepiti nel contesto in cui lui vive, per permettere che gli strumenti e le possibilità del vivere umano si allarghino sempre più verso tutti, come il vangelo chiede. Crede cioè potentemente che Cristo oggi si trovi nelle persone in carne ed ossa, e lì vada servito. Quindi è il contatto reale con le persone reali della vita, che fa sì che gli strumenti, che l’esperienza politica via via gli insegna, diano corpo ad una direzione del suo agire a favore della collettività. Continua cioè ad essere e sentirsi un uomo tra gli altri, tenendo come unico riferimento la regola d’oro evangelica: fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te.

Il bisogno centrale attorno a cui tutto il suo operare politico sta in piedi è quello di vivere, nel senso più largo della parola. Non tanto di tenere il punto etico, di apparire “cattolico” o sopravvivere politicamente. Per farlo ha imparato a vivere con un baricentro “medio” e dinamico. Il suo centro è il piano emozionale, dove resta un tono di fondo essenzialmente ottimista, che probabilmente è l’origine della vera differenza con gli altri stili visti in precedenza. La razionalità svolge un servizio organizzativo della realtà e verità percepita nel suo “cuore”. La dimensione corporea è il luogo prioritario in cui avviene il coinvolgimento vitale con la realtà e le persone reali. Le sensazioni, le percezioni, infatti, sono la base della possibilità di stare nel qui e ora.

Soprattutto però resta fondamentale, per un “artigiano” la dimensione relazionale, quella che si vive nella vita quotidiana di tutti i giorni. E’ uno che va a farsi la spesa da solo, si prenota le visite al cup, fa la fila alla posta come tutti. E non lo fa per spirito di povertà o di “sfoggio” ugualitaristico. Lo fa perché è lì che lui sente e percepisce i problemi reali delle persone, quelli a cui, da decenni, la politica italiana non sa più rispondere e, spesso, nemmeno mette più in agenda. Poi non si nasconde che la percezione collettiva è sicuramente influenzata dai messaggi “mass mediatici”. Ma la sua “sensibilità” umana gli consente di cogliere fino a che punto tale influenza sia da seguire o no. Sul piano spirituale sembra poco aperto alla dimensione esplicita della trascendenza, dei valori. E’ un uomo a “testa bassa nella vita”: occupato a rispondere positivamente al qui e ora. Ma dentro lui “sente”, più che saperlo razionalmente, che un senso “alto” alla dimensione politica c’è, inteso come orizzonte globale di senso delle singole azioni politiche prodotte nel del qui e ora.

E’ attirato sicuramente dalle formazioni politiche “di rottura”, di cambiamento, ma non ne sposa mai una a priori. Sa stare ovunque, e lì spendersi assieme a chi davvero vuole il bene di chi vive in Italia, per ricostruire un “fondo umano” in cui ci si possa di nuovo riconoscere come società. Un fondo che lui sa non poter più essere targato “cristiano” come prima, ma che, non per questo, debba essere per forza “anticristiano”. Per questo sa anche “uscire” dai ranghi quando percepisce che il suo gruppo politico non sta lavorando per l’umano, in questo paese.

Mentre scrivo queste riflessioni Di Maio e Salvini stanno ancora provando a costruire un governo. Ecco, un artigiano non è tanto interessato a vedere come andrà a finire. Non gli riesce di leggere la politica in termini di vinti e vincitori. Perciò è disposto a collaborare con chiunque voglia davvero il bene delle persone presenti in Italia. Fino a che la realtà delle cose gli mostrerà come poter operare concretamente. E’ un tipo, perciò, che se siede in parlamento, non lo fa con la testa piena di valori astratti, col portafoglio da riempire ancora di più, con il sorriso irriverente di chi si permette di “staccarsi” dal mondo umano della gente comune, né col malcelato orgoglio di chi sa di essersi sistemato per la vita, attraverso tutti i privilegi a lui riservati. Lo fa davvero per servire l’umano, in nome di Cristo.

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