Parrocchia 2050: a qualcuno interessa?

I Sinodi possono essere l’occasione per pensare e costruire la comunità del futuro, ma ne siamo poco consapevoli perché, in fondo, non abbiamo più né coraggio né idee (e nemmeno, forse, fede).
1 Febbraio 2022

In tutto questo gran parlare (ma non ovunque) di Sinodo, e non sempre conseguente fare, come ormai è sotto gli occhi di tutti quanti vogliano semplicemente osservare, c’è una frase assai nota di Alcide De Gasperi (che la derivava dal teologo americano James Freeman Clarke) che mi torna: «Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione». Parafrasiamola nel nostro contesto ecclesiale: «un amministratore guarda al prossimo anno, un vescovo profetico guarda alla prossima generazione». Perché è indubbio che nei piccoli cabotaggi argomentativi che costellano le rotte verso il sinodo, non c’è un respiro temporale ampio. Un Sinodo – penso, ad esempio a quello italiano – non si ripeterà nel giro di pochi anni: ne siamo consapevoli? Allora è questo il momento per pensare con coraggio a quello che sarà la nostra Chiesa, la nostra parrocchia, la nostra comunità tra 30 anni. Quanti, come, dove saremo nel 2050? Invece lo sguardo di troppi timonieri (con poche apprezzatissime eccezioni, a partire dal Papa) ha una limitatezza sconfortante. Sarà forse perché molti pastori non hanno contezza della vita concreta dell’umanità di oggi (facciamoci male: diamo un occhio ai video realizzati per l’Anno della famiglia Amoris laetitia, video che così bene dipingono il Mulino Bianco cattolico); sarà per motivi anagrafici (un vescovo di 70 anni ha desiderio, sprone, interesse ad aprire un cantiere se dopo 5 anni sarà a riposo? Ma qui si aprirebbe un altro tema: per forza bisogna ordinare vescovi in un’età in cui nel mondo solitamente si va in pensione?). Sarà che il terrore regna sovrano, perché chissà quale pericolo corrono le anime se si vanno a toccare questioni di sostanza e non i belletti e le ciprie; sarà che forse la classe dirigente ecclesiale è come quella civile, ossia non così preparata; sarà forse un fatto di scarsa fede nello Spirito, che ci piace citare ma meno ascoltare nella realtà vissuta, quasi convinti che la storia non sia più abitata dal suo soffio… fatto sta che non si riesce a immaginare una comunità tra trent’anni, una parrocchia nel 2050, una chiesa che varchi la metà del secolo.

Solo in Italia, se le cose non cambiano, avremo un forte decremento demografico: una paese sempre più vecchio. Se già oggi non riusciamo a parlare ai giovani (nonostante un Sinodo su cui forse tacere è carità), come parleremo a loro fra due o tre decenni, quando anche la ‘generazione di mezzo’ sarà esigua? Perché non riusciamo a dare spazio nella nostra Chiesa ai giovani come sono, e non come vogliamo che siano? Complementare a questo: che cura, che accompagnamento pastorale saranno riservati agli anziani sempre più numerosi, in una società che si frantuma in individualismi e solitudini crescenti? E cosa potremo dire a livello antropologico, in anni di postumanesimo rampante e di avanzamento della medicina, che porrà questioni urgentissime?
Inoltre, come ha ricordato Maria Elisabetta Gandolfi su Re-blog, sono solo 600 i sacerdoti minori di 30 anni: quanti saranno nel 2050? E quanti, semplicemente, saranno i sacerdoti? Il coordinamento laicale, le divisioni dei ruoli e dei compiti nelle comunità sarà una necessità: perché non pensare, provare, correggere anche, prima che la realtà arrivi (e ci colga alla sprovvista)?

Ancora: già prima del covid, i matrimoni civili erano numericamente più consistenti di quelli religiosi (secondo l’Istat erano il 52,6%nel 2019), seguendo una tendenza sempre più marcata di eclisse del matrimonio religioso. Sempre nel 2019, nel totale dei matrimoni, il 20% erano seconde nozze per almeno un coniuge. Le convivenze aumentano (più di un milione, quadruplicate in vent’anni): che tipo di pastorale familiare vogliamo pensare e attuare, che tipo di effettiva accoglienza e ascolto la comunità cristiana può e vuole realizzare verso quanti non scelgono il matrimonio cristiano? E verso coloro che lo scelgono e lo vivono, figli del XXI secolo? O desideriamo compiacerci con gazzose zuccherate e barattoli di miele familiare, quadretti edificanti che parlano alla minoranza della minoranza della minoranza?

Pensiamo poi ai campi della cultura, dell’economia, della politica: quali presenze, testimonianze possiamo e vogliamo vivere, in un contesto sempre più confuso, globale, disuguale, disumano? Certo, ci mancano pensieri e pensatori fondativi alla Mounier, ad esempio (Esprit è del 1932) o alla Maritain (Umanesimo integrale è del 1936), capaci (loro) di leggere i segni dei tempi e avanzare profezie di cristianesimo impegnato nel mondo del loro tempo, il Novecento. E noi? Diamo occasione al pensiero di costruire, diamo legittimità alla freschezza di idee? Viviamo nel coraggio o solletichiamo chi ci conferma, chi ci compiace o chi ci inquieta giusto il minimo per farci sentire sulla cresta dell’onda?

Da qui a tre anni ci giochiamo molto di quello che sarà la nostra Chiesa dei prossimi decenni: sentiamo tutto il peso e tutto l’ardore di un compito affascinante e grande, o tiriamo a campare, in attesa di far passare la nottata? Abbiamo il coraggio di pensare ai cristiani del 2050, alla prossima generazione?
Pochi giorni fa è stato nominato il gruppo di coordinamento del cammino sinodale italiano. La speranza è che queste e altre questioni tolgano un poco il sonno ai suoi 13 membri.

 

11 risposte a “Parrocchia 2050: a qualcuno interessa?”

  1. carlo truzzi ha detto:

    Di queste analisi lucide ne ho già sentite tante, compresa l’inadeguatezza del clero. Ma ben poco ho sentito di proposte positive.
    Per me si potrebbe cominciare dall’eliminazione di molte cose: uffici, commissioni, riunioni, documenti su tutto, interventi su tutto, molti istituti teologici rachitici, preti con semplici funzioni amministrative o di ricerca scientifica o di gestione di opere “cristiane”, patrimonio immobiliare sovradimensionato,…

  2. Francesca Vittoria Vicentini ha detto:

    Progettare la Chiesa di domani? Non credo sia possibile a grandi incontri ma da un oggi interno al nostro alveo famigliare, comunitario. Anche tra persone dello stesso nucleo famigliare il rapporto uomo Dio non è più come orazione in comune, ma però esiste per quanto in umanita ognuno ha recepito l’importanza di desiderare essere un figlio di Dio. L’intimo della persona solo Lui lo può leggere e come la persona sceglie di vivere è una libertà. Per chi trasmette ed è portatore del messaggio Chiesa o singolo fedele, importante e dare esempio di viverlo anche se essendo uomini si fanno anche errori, ma ciò che convince della Fede e ” l’amore il prossimo tuo” messo in pratica. La semplice persona di fede, pensa che solo l’oggi conti. Chi recita o fa recitare più la preghiera El “Ti adoro mio Dio, ti amo sopra ogni cosa, ti ringrazio di avermi creato fatto cristiano? …….e il Padre nostro, anche fuori dalla Chiesa?…..

  3. Gina Abbate ha detto:

    Credo che si potrà camminare se riscopriremo l’essenziale della fede,a livello personale e di piccole comunità, collegate però alla chiesa,alle chiese in senso ecumenico.Scoprirci fratelli e sorelle,al di là di confini e steccati può darci respiro,far gustare la preghiera in piccole realtà, aperta però al respiro ampio dei problemi del mondo a cui essere legati da qualche legame concreto.Locale e globale più uniti,sentirci non autosufficienti.La Liturgia della Parola nella mia piccola comunità ecclesiale la gestiamo noi laici,animandola un po’ a turno secondo l’originalità di ciascuno.Credo possa essere stle di chiesa del futuro,aperta a tutti e ai problemi della storia del nostro tempo.

  4. Agnese Cel ha detto:

    Complimenti per questa analisi lucida e sincera. Quello che mi sconcerta della chiesa/parrocchia è proprio questo paradosso tra la capacità di analisi , lettura , interpretazione e l’incapacità di ” generare” . È come se l’utero della chiesa così ben funzionante si fermasse li e non riuscisse a partorire niente. Perché? Credo manchino ” le ostetriche” . Mancano cioè i Pastori buoni e belli che guardano avanti, che vivono in prima persona ciò che predicano, mancano adulti laici che sognano oltre la nebbia che li circonda e illuminano con determinazione la vita propria e degli altri passando da una quotidianità non da mulino bianco ma costellata anche di difficoltà e delusioni, dove la luce della fede trasforma il cuore gonfio di tristezza.
    Più di come saranno le parrocchie tra 20 o 50 anni mi chiederei :” Come la fede inciderà sulle vita delle persone che ancora si definiscono cristiane?

  5. Dario Busolini ha detto:

    Ho purtroppo l’impressione che questo Sinodo – pur giusto, doveroso e necessario – sia partito nel momento sbagliato, con la Chiesa istituzione schiacciata dal peso degli scandali e le chiese locali , diocesi e soprattutto parrocchie, ridotte al lumicino dal Covid (ormai ogni volta che vado a messa e vedo quei quattro gatti che siamo distanziati su banchi che paiono diventati enormi mi viene una tristezza…) e in grande difficoltà nel garantire anche solo l’ordinaria amministrazione. In queste condizioni progettare il futuro è difficile pure solo a dirsi, figuriamoci a farsi. Ed è un paradosso, perché almeno a livello civile l’idea che esista un’emergenza climatica da risolvere anch’essa per il 2050 un po’ sta penetrando (non sono sicuro che riusciremo ma almeno qualche tentativo verrà fatto) mentre l’emergenza ecclesiale o si nega o viene rimandata a chi verrà dopo, se ci sarà.

  6. Gian Piero Del Bono ha detto:

    Se volessimo immaginare la Chiesa del 2050 dovremmo immaginare il mondo del 2050. Non e’ facile. Come saranno le case, le citta’ ,gli spostamenti . Ci saranno ancora case ? Automobili? Chiese ? Ci saranno ancora nuclei di persone che vivono insieme dette ” famiglie” O l’ intelligenza artificiale ,come nel bel film Matrix, avra’ distrutto la peculiarita’ dell’ essere umano così come e’ vissuto fino ad ora ?

    • Lorenzo Nannetti ha detto:

      Ottimo punto. Esistono tecniche di analisi del futuro che aiuterebbero a fare riflessioni sensate e strutturate, e non solo “tirare a caso”. Si applicano in tanti campi, si possono adattare a questo. Da qui poi nascerebbero le riflessioni anche per Parrocchie e Chiesa. Per farlo però servirebbe una fase iniziale di riflessione non solo del clero che non è prevista (o almeno non è diffusa)

  7. Giovanni Bianchi ha detto:

    Alleluia, grande riflessione
    E se questo sistema economico basato sul debito è sullaccumulo di capitali virtuali cadesse prima di tutto questo?

    • Lorenzo Nannetti ha detto:

      Ne nascerà un altro, come è semrpe successo (vedi cicli di Kondratiev, per es), con caratteristiche diverse, alcune migliori altre peggiori, creato non da noi ma da generazioni che ora sono bambine o che ancora non ci sono. Credo la riflessione sia proprio: che contributo vogliamo dare al futuro e soprattutto a chi lo costruirà e come farlo?

  8. Christine Del torre ha detto:

    Grazie per questa giustissima riflessione. Ho l’impressione, seguendo regolarmente la situazione in Francia, che la Chiesa italiana viva sempre la convinzione che le « derive » degli altri paesi europei non la possano toccare, che il tipo di evoluzione della società e del rapporto con la religione sia tanto diverso. Così ad esempio il coinvolgimento dei laici nella vita delle parrocchie italiane rimane un’opzione alla quale si ricorre solo quando non ci sono alternative, mentre in Francia, i ruoli sono ormai consolidati. Del sinodo, purtroppo, nella mia parrocchia nemmeno l’ombra di una discussione. Temo che ci sia una paura di ascoltare, terrore di ammettere tutti insieme che una trasformazione è necessaria: forse i nostri sacerdoti non sono stati formati a vedere il futuro come speranza? Ogni volta che si apre una discussione si sente parlare di quante poche famiglie vivono la messa…

  9. BUTTIGLIONE PIETRO ha detto:

    Con,+,sento lo spirito/l’ansia di qs msg.
    Purtroppo devo sottolineare il come sarà fuori di noi più che il come saremo noi..
    E punterei su come è già oggi e sulla ns insignificanza vs qs oggi.
    Ma dove mi viene da piangere è se lo sguardo si abbassa sulla ns realtà di vertice.. Basta report di ieri sera? Basta l’esempio dato da TUTTI?! Che pena vedere piagnucolare il monsignore invece di assumersi le loro responsabilità!
    Scaricarle su altri… Magari anche su Francesco xchè esiste una foto fatta insieme.. Alla pena si aggiunge una rejezione, uno schifo.

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